Talete 4

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Giovanni Pili
view post Posted on 12/12/2010, 21:40




Puntata sucessiva.

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Anassimandro lanciò la corda, ma cadde lontano dal suo maestro, così Talete dovette raccogliere tutte le forze, e fece per strisciare verso di essa, ma il dolore era troppo forte. Intanto attorno al fosso si era radunata una folla di gente proveniente dal mercato e dal porto.
– Tu gentile puttana, disse Talete a una delle meretrici tra la folla, manda giù tuo figlio con la corda, che è piccolo e leggero. Così che possa aiutarmi a legarla alla vita.
Il piccolo, dalle fattezze di un putto, si calò giù con la corda.
– Vieni qui figlio di puttana, disse, porgimi la corda.
Tutti assieme tirarono, la corda si tese, trascinando il maestro, che però tra bestemmie e altri versi sconnessi fece cenno loro di fermarsi.
– Così rischio di perdere la gamba, disse madido di sudore, vieni qui piccolo figlio di puttana. Torna su e fatti dare da qualcuno un pezzo di tavola e dei bendaggi, che occorre fasciar bene, e con forza, il mio arto dolente.
Accarezzò teneramente i suoi biondi riccioli prima di rimandarlo di sopra.
Intanto di sopra si fece largo tra la folla il Senatore Fedone.
– Oh Saggio Talete, disse affacciandosi, che tu fai lì nel fosso?
– Mi sparo una sega! cosa credi che ci sto per diletto? Spiegami, Nobile Fedone… chi è il pirla che si diverte a scavare fossi lungo la strada principale?
– Lo troveremo amico mio. Stai sereno, ti vado a chiamare il mio schiavo, ha studiato medicina presso i Caldei, sai?
Il vecchio Talete si lasciò andare distendendosi sulla parete del fosso, più per il fatto di essere stordito dal dolore, che per le rassicurazioni dell’amico. Chiuse gli occhi e si lasciò andare, tornò a pensare per immagini e le immagini tornarono a cullarlo. Lo schiavo Caldeo di Fedone riaccese vecchie connessioni; avventure giovanili lungo la linea di confine tra realtà e fantasia.
Giunto con la sua barca di vimini e canne in uno dei canali che compongono il delta del Nilo, il viaggio del giovane Talete proseguì a dorso di cammello lungo il deserto del Sinai.
Dopo diversi giorni finalmente alle falde di un monte si trovò in un’oasi con un bel laghetto dove far abbeverare la sua bestia, riempire le bisacce e farsi un bel bagno immerso nell’origine del tutto. In un anfratto sulla parete del monte scorse, mentre nuotava, una luce. Poi realizzò che si trattasse di un cespuglio in fiamme. Incuriosito nuotò fino all’altra sponda del laghetto e si arrampicò sulla parete rocciosa fino a trovarsi di fronte a quella strana pianta fiammeggiante. Le sue foglie erano composte, divise in sette punte e, cosa che dovette incuriosirlo parecchio, i fumi che diffondeva erano molto piacevoli. Le sensazioni che provò inalandoli conciliavano con quelle descritte da chi si recava all’Oracolo di Delfi.
Sentì le gambe molli e si sdraiò. Un cerchio immaginario premeva attorno alla sua testa che gli sembrava gonfiarsi, diventare sempre più grande. Per ragioni che non seppe spiegare al momento, non ne fu affatto spaventato, e si divertiva a guardarsi le mani, che in preda ai fumi di quella pianta, sembravano anch’esse diventare sempre più grandi.
Poi sentì una voce, il cui suono non aveva niente di umano, sembrava uscire dalla gola di un essere metallico: – Mosè su queste tavole ti detterò la mia legge.
Come ridestandosi da una sbronza Talete si alzò di scatto. Poi vomitò.
– Chi sei? Io non sono Mosè.
Adesso vai Mosè, il popolo di Israele mi ha tradito con un bue.
«Potente questa pianta!»
Abramo non lo fare… zzz… non lasciare la tua… zzz…
– Si può sapere chi sei?
Mosè su queste tavole ti detterò… prrr…
– Per Zeus… non sono Mosè, il mio nome è Talete, «se è un dio dev’essere quello dei rincoglioniti».
Mosè su queste tavole…
– MA VAFFANCULO!
Così dicendo Talete si affrettò ad andarsene. Salì in groppa al cammello e proseguì per la sua strada.

Edited by Giovanni Pili - 12/12/2010, 23:13
 
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