Talete 3

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Giovanni Pili
view post Posted on 12/12/2010, 21:29




Puntata sucessiva.

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Giunse l’alba. I primi raggi del mattino picchiavano sulle sue palpebre destandolo dalla meditazione, e il dolore alla gamba riprese.
– Maestro, abbiamo la corda, disse Anassimandro, maestro mi senti? Adesso te la tiriamo.
Aprì gli occhi. Il sole giocava con le pareti comandando alle ombre di ritirarsi lentamente, fece un sorriso, reso amaro solo dal dolore lancinante, l’ombra che per i più è sinonimo di negatività e mistero fu in Egitto una fedele assistente.
Qualche giorno dopo le rivelazioni di Aminotev, il giovane Talete tornò da solo ad ammirare le piramidi e la Sfinge, che da secoli teneva lontane le forze del male dalle spoglie mortali dei faraoni. Peccato che non fosse altrettanto efficace contro le forze dei tombaroli. Ma questa è un’altra storia. Riparandosi dall’arsura sotto l’ombra della piramide di Cheope, rifletté sul fatto che la sua lunghezza non poteva essere casuale; osservò il suo bastone da pellegrino e fece la medesima riflessione, e rifletti che ti rifletti, Talete concluse che potevano esserci delle relazioni tra il bastone, la piramide e le rispettive ombre.
Si allontanò di qualche passo dalla piramide e, orientato verso est, fissò a terra il bastone che proiettò la sua ombra nella sabbia, tenendo conto che bastone e piramide erano entrambi perpendicolari al sole, suppose che il rapporto tra l’ombra e l’oggetto fosse identico per entrambi. Il giorno seguente ne ebbe la certezza potendo misurare in questo modo due bastoni di diversa grandezza.
– Notevole, disse Aminotev quando Talete gli illustrò la scoperta, ma se volevi sapere la grandezza delle piramidi, potevi chiedercelo.
– Come facevate a…
– Conosciamo la grandezza dei massi e quindi sommandoli dalla base alla cima otteniamo l’altezza, disse Aminotev, battendogli il bastone sulla testa.
– Ahi, maestro!
Il giovane era fuori di sé. Piuttosto che sommare centinaia di volte una stessa cifra, gli Egizi avrebbero potuto avere a disposizione un metodo più rapido: «la chiamerò così: Geometria». Ma gli egizi niente, oltre le somme e le sottrazioni non volevano addentrarsi. Fu allora che, deluso, Talete decise di partire per Babilonia, a studiare dai Caldei l’astrologia, ed essere iniziato ai misteri del carro di Orus.
Aminotev commosso lo bastonò per l’ultima volta in testa mentre si imbarcava da Menfi alla volta del mediterraneo, risalì tutto il Nilo. Per qualche giorno ebbe modo così di ammirare quel fiume, che era anche un dio. Lungo le sue sponde migliaia di contadini traevano il nutrimento, le sue inondazioni sapientemente sfruttate consentivano di rigenerare la terra, permettendo ad un nuovo ciclo vitale di cominciare. I sacerdoti e gli astrologi egizi erano riusciti a calcolare i giorni esatti in cui il Nilo sarebbe straripato, il calcolo delle date era un segreto di stato, occorreva infatti far credere al popolo che fosse il Faraone a provocare gli straripamenti, quindi gioco forza, la classe sacerdotale in Egitto era molto più potente di quanto non fosse a Mileto.
Dove sono gli dei in tutto questo? Si chiedeva Talete. La risposta era tutta nel perché delle cose. Così a furia di meditare tutte quelle ore a grattarsi lungo il Nilo, il giovane ionico intuì che doveva esistere una sintesi tra il come, che permetteva di controllare i popoli, ed il perché, accessibile solo agli dei. Questa sintesi doveva essere l’origine (l’arché in greco) di tutte le cose.
Il Nilo, un fiume. Ed in quanto tale divinità di un intero popolo. Sintesi vivente tra la conoscenza dei suoi ritmi, studiati dai sacerdoti per conservare e perpetrare il potere; e il mistero del motivo per cui tali ritmi accadono.
«L’acqua… per Zeus! l’arché di tutte le cose è l’acqua!»

Edited by Giovanni Pili - 12/12/2010, 23:07
 
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