Affamata d'amore

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MarcoPeluso
view post Posted on 23/8/2015, 03:36




Affamata d'amore, romanzo pubblicato dalla Damster edizioni in formato digitale, disponibile sui maggiori store online.
Una storia che prende vita tra i vicoli di una Napoli priva di eroi. La storia di un uomo e una donna. Un uomo e una donna induriti dalla vita. Ormai incapaci di fidarsi del mondo. Perennemente nascosti dietro spesse mura di metallo per essere al sicuro da un mondo che li ha feriti. Rinchiusi nei propri mondi dove nessuno ha davvero accesso. Dove nessuno può davvero vederli. Dove nessuno può toccarli.
Eppure, incontrandosi le roccaforti delle loro difese verranno scosse da un violento terremoto. Da un qualcosa di ormai dimenticato. Qualcosa capace di far battere i loro cuori risvegliando desideri da tempo assopiti.
Un incontro che farà risvegliare le loro più profonde paure. Quelle paure da cui son sempre fuggiti. Ferite mai sanate. Ferite capaci di immobilizzarli, impedendo loro di vivere per davvero.
Ecco, la voglia di fuggire. Di lasciar perdere. Di perdersi! Eppure, qualcosa in loro li porterà a lottare contro se stessi.
Una lotta contro le proprie paure. Contro la paura di soffrire ancora. La paura di illudersi ancora una volta.
Lottare contro la paura di amare. Lottare, per sperare ancora. Per credere che la speranza non sia solo un'illusione. Per credere che l'amore non sia solo un dolore.

La raggiunsi. Le arrivai alle spalle, poggiando delicatamente le mani sui fianchi.
Cominciai a baciarle con dolcezza il collo. La sigaretta mi cadde dalle dita. Ma non me ne fotteva un cazzo! In quel momento era lei la mia sola droga. La nicotina che si muoveva nelle mie vene, forse fottendo la mia circolazione.
Ma lei rimase immobile. Come pietrificata. Lasciandosi baciare, e accarezzando a stento le mie mani.
Poi si voltò verso di me. I suoi occhi erano lucidi, come se volesse piangere. Ma da essi non uscì una sola lacrima.
Poi ecco un colpo. Dritto in faccia! Un montante sotto al mento. Il knockout inferto da Iron Mike.
<< Marco, ti devo dire una cosa >> sussurrò, con un filo di voce.
E a quelle parole, le mie gambe diventarono molli. Il cuore cominciò a battere forte. Il sudore colò dalla mia fronte come una fontana.
Eccolo, il terremoto!
I tendini si stavano spezzando. Le ossa si sgretolavano. Il mio cervello implodeva all’interno del cranio.
Sudorazione fredda, battito accelerato, fitte al petto, pressione alta, senso di stordimento, nausea a vertigini.
Morte cardiaca. Morte respiratoria. Morte celebrale.
Di nuovo al tappeto!
Di nuovo. Di nuovo. Di nuovo.
Sì, sì, sì. Stava per dirlo! Lo sentivo. Lo sapevo.
Il sogno era già finito, e io ero il coglione di sempre. Il povero e patetico cazzone di sempre.
Ero il moccioso che aveva ricevuto il regalo di natale non voluto, mentre tutti nella sua stracazzo di classe sbeffeggiavano il suo dolore mostrando i loro bellissimi regali. Ero il bambino povero che non poteva andare in vacanza, e che non aveva un cazzo da scrivere nel tema “racconta la tua vacanza”, mentre tutti i suoi compagni di classe avevano mille viaggi da raccontare. Ero il moccioso con il padre disoccupato, e che si sentiva sempre in imbarazzo dovendo fare un tema in cui narrare il lavoro del proprio padre, mentre tutti i suoi amichetti avevano cose interessantissime da scrivere.
Sì, ero quello messo in castigo in un angolo. Ero lo stronzo che alle feste del liceo faceva da tappezzeria. Era quello che non trovava un tocco di fica mentre tutti scopavano ovunque. Ero quello che durante le partite di calcio veniva messo in panchina. Quello senza un amico con cui uscire di Sabato sera. Quello costretto a fare un merdoso lavoro sottopagato, umiliato da un capo stronzo e ignorante.
Ero solo un ridicolo stronzo. E lei stava per darmi l’ennesimo colpo di grazia. Forse quello che mi avrebbe mandato per sempre al tappeto.
No, no, no. Dovevo fare qualcosa! E feci la sola cosa di cui fossi capace. La cosa di sempre!
Di colpo aprii il frigo, prendendo un birra e stappandola.
Diedi un forte sorso, quasi dimezzandola, e sotto lo sguardo triste di Elisa, avanzai verso di lei. Sorpassandola. Raggiungendo il tavolo. Prendendo una sigaretta, per poi ficcarmela in bocca e accenderla.
Mi girai lentamente. Guardandola. Continuando a bere e fumando.
Ma non ebbi il coraggio di incrociare oltre il suo sguardo.
Chinai la testa. Bevendo e fumando. Pensando solo alla stessa cosa. Un pensiero ridondante nella mia testa, simile a un pistone metallico che si muoveva freneticamente.
C’è un altro, c’è un altro, c’è un altro.
Ecco la sola verità! E tu, povero stronzo, avevi pensato che tutto fosse vero. Che lei fosse vera. Che quel vostro patetico sogno fosse vero.
No, lei ti ha usato! Sei stato solo un buon vibratore. Solo un contenitore di emozioni. Solo qualcosa utile per sfuggire alla noia, proprio come una ridicola rivista di gossip.
E ora lei tornerà da lui. Sì, ti dirà qualche cazzata. Fingerà di essere dispiaciuta. Magari ti chiederà anche perdono o ti dirà cazzate del tipo “Proprio tu non lo meritavi. Tu sei un uomo speciale! Non è colpa mia, ma tua. Io sono confusa! Non sto bene con me stessa, come potrei mai far star bene te. Perdonami1!”, e poi tra qualche ora andrà a farsi sfondare la fica da un altro. Fottendosene di quel suo dolore. Di ogni senso di colpa. Di ogni frase pseudo profonda vomitata solo per nettarsi il culo.
Cose già viste. Cose già vissute. E in fondo, povera testa di cazzo, dovresti essere felice che sia successo ora. Magari sarebbe potuto succedere dopo mesi o anni. Sì, lo sai bene, testa di cazzo. Magari lei ti avrebbe telefonato dicendoti “Dobbiamo parlare”, confessandoti di essersi fatta sbattere da un altro. Magari mentre tu stavi sgobbando a lavoro, oppure, come un vero coglione, mentre le stavi facendo qualche regalo.
Ma intanto, in quei pochi secondi, tutti quei pensieri che ronzavano nella mia mente non riuscirono minimamente a tranquillizzarmi. Anzi, decine di bombe atomiche esplodevano nella mia testa. Distruggendo il mio cervello. Devastando ogni parte di me.
Ma trovai comunque il coraggio, dopo un terzo sorso alla mia birra. Svuotando del tutto la bottiglia e poggiandola sul tavolo.
<< Okay, ho capito. Dì pure tutto in fretta! >> le dissi con tono duro e pieno di rabbia.
Lei mi guardò con aria triste e al tempo stesso perplessa. Si avvicinò a me. Mi prese la mano ma io tal tirai via di colpo.
<< Marco, non è quello che credi >> sospirò, afferrandomi di nuovo la mano << Non riguarda noi. Cioè, in un certo senso riguarda anche noi. Ma non come credi! >>

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Marzia Maze Muzi
view post Posted on 1/10/2015, 10:52




Ciao, ti posso chiedere da quanto tempo scrivi? Bellissime le copertine
 
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1 replies since 23/8/2015, 03:36   25 views
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