amcozza |
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| Discendevamo nel torrido del giorno estivo la mulattiera ciottolosa che al fiume inviolato portava intorno chiazze di granturco già alto frusciavano a brezze lievi tra verdi rovi brillavano drupe di more; abbarbicato sulla pietra in alto, il maniero turrito ove il padre di mia madre nel secolo fuggito era stato custode. Ancor, a metà sentiero i resti di un mulino diroccato da opunzie prosperose adornato con allato un borro torrentizio che musico borbottava; prima della striscia di riva pietrosa, snelli e flessuosi, giunchi e vimini confusi a spunti di canne fronzute. Oh meriggio al sole che picchiava fresche dolci acque incontaminate odor di ginestre a valle discesi apparir e sparir di rospi paffuti! Eravamo appena fanciulli allora: cuori giovani, senza affanno, in fioritura, con saccocce e menti vuote e ancor senza nodi il filo della vita! Come è strano e possibile che tanto tempo a mia insaputa pur sia passato! I ricordi, i ricordi in piena che gai si srotolano controtempo e riadducono a eventi andati che sottovento echi soavi e dolci riportano a un cuore che ride! Che n'è stato dello smilzo ragazzo sognante schivo e silenzioso che si immergeva tra bolle e spume svalutandone le insidie celate? Non di quelle ma di ben altre più mortali e inimmaginabili fu vittima tuffandosi nel vivere. Or congiunto a una speranza or disciolto da terribili pensieri con animo serrato e una volontà d'essere che frana attonito segue l'arco del sole nell'ansia di un venire ignoto che oltre imbruna e atterrisce chi sosta su sprofondi ricordi.
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