Una conversazione con..., Ilaria Goffredo

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Terry78
icon12  view post Posted on 6/5/2013, 15:59




1) Ciao Ilaria e benvenuta. Tu hai viaggiato tantissimo per tutta l’Europa, ma è di Malindi, in Kenya, che ti sei innamorata di questa terra e della sua gente, cioè quando nel 2005 hai lavorato come volontaria in una scuola professionale. Raccontaci un po’ di questa tua bella esperienza...
Senza dubbio è stata l’esperienza più bella della mia vita. Grazie all’associazione Onlus “Amici di Malindi e dintorni” ho avuto la possibilità di lavorare come volontaria nella città di Malindi in una scuola professionale per giovani kenyoti. Il mio compito era quello di insegnare l’italiano agli studenti, giacché l’area di Malindi è a prevalente turismo italiano e i ragazzi studiano per poter lavorare negli alberghi della zona. Se io ho insegnato l’italiano, loro però mi hanno insegnato ad apprezzare la vita come un dono, a vivere ogni istante per quello che è, a ringraziare Dio ogni giorno per veder sorgere il sole. Ciò che la gente del luogo ha nel cuore mi ha investita con la forza di un uragano, complice la povertà disarmante che mi ha colpito come uno schiaffo. Sono ritornata in patria con un terribile mal d’Africa - sì, esiste davvero - e con un modo completamente nuovo di vedere il mondo, di approcciarmi al prossimo. È stata un’esperienza che mi ha aperto gli occhi e mi ha migliorata.
2) Hai partecipato e vinto diversi premi letterari con racconti e diari di viaggio. Cosa ti ha spinta a metterti in gioco così tante volte? E, soprattutto, cosa ne pensi dei premi letterari? Credi che possano essere un valido aiuto per gli scrittori? In che cosa, ad esempio?
Mi è sempre piaciuto scrivere, ma ho considerato seriamente la cosa solo al ritorno dal viaggio in Kenya, quando ho sentito il bisogno di raccontare a tutti ciò che ho visto. Quale modo migliore di scrivere e farsi leggere? Proprio grazie al diario di viaggio dell’esperienza in Kenya ho vinto un premio letterario organizzato nella mia città. Quel riconoscimento mi ha stupita ma anche incoraggiata a continuare a scrivere. Sono convinta che per raggiungere dei traguardi bisogna necessariamente rischiare e mettersi in gioco. Il rischio della delusione è elevato ma secondo me ne vale la pena. Se si è davvero motivati, una delusione non può far altro che spingere a migliorarsi. I premi letterari sono un campo “da gioco”, e non perché non sono seri, quanto perché appunto ci si espone al giudizio di esperti, si spera, ci si confronta con altri autori, si leggono le loro opere... insomma, un terreno fertile per sfidare se stessi e la propria capacità di giudizio, nonché la propria umiltà. I premi letterari sono senz’altro utili per farsi conoscere nel settore, per farsi prendere seriamente in considerazione dalle case editrici, per arricchire il proprio curriculum letterario.
3) Curi una rubrica di recensioni letterarie sul blog Itodei. Secondo te, quanto è importante la lettura e soprattutto l’analisi di altri libri per la tua scrittura?
Sono una lettrice vorace sin dall’età di sette-otto anni, quindi indipendentemente dalla scrittura, avrei sempre letto e condiviso con gli altri le mie opinioni sui libri. Nel caso di uno scrittore, la lettura assume un valore ancora maggiore: non si può essere grandi scrittori senza essere grandi lettori. Semplicemente perché leggendo si ampliano i propri orizzonti, quelli “fisici” della mente e quelli della dialettica; si migliora il proprio stile di scrittura non copiando, ma comprendendo qual è il registro linguistico che si preferisce e che si vuole usare; si affina la conoscenza dei diversi generi narrativi, del ritmo della narrazione diverso a seconda del genere... insomma una vera e propria miniera d’oro. Se considero poi che leggere per me è un piacere, la cosa è doppiamente gradita.
4) Hai pubblicato diversi libri, ma oggi parleremo di “Tregua nell’ambra”, l’ultimo libro che hai scritto. Sei stata una pioniera, se così che possiamo definirti, perché hai reso il tuo libro liberamente scaricabile sull’omonimo blog, senza alcun vincolo economico da parte del lettore, ma solo in cambio di una semplice recensione. Come mai hai fatto questa scelta così “rivoluzionaria”? Quale è stato il tuo obiettivo principale? E, soprattutto, cosa ne pensi dell’editoria a pagamento?
I motivi che mi hanno portato a questa scelta sono molteplici e ci ho rimuginato sopra tante volte fino a quando non sono stata convinta che non me ne sarei pentita. E difatti sono contenta di aver fatto ciò che ho fatto. Credo che il desiderio di ogni scrittore sia quello di farsi conoscere da un grande numero di lettori. In Italia sembra che questo sia possibile solo attraverso la pubblicazione con un grande editore, che garantisce una vasta distribuzione. Ma il problema è che per farsi prendere in considerazione dai grandi editori si necessita dell’intermediazione di un’agenzia letteraria oppure bisogna semplicemente essere famosi o avere conoscenti nel settore. Il che è avvilente per la letteratura, nel senso profondo del termine. Ho deciso di così di provare una strada alternativa, appunto quella della distribuzione totalmente gratuita del romanzo. E devo dire che la cosa ha funzionato: non mi pento di aver perso i pochi guadagni che avrei ricavato dalla vendita e sono felice di aver raggiunto invece oltre seimila lettori e di ricevere ogni giorno le loro impressioni. Non avrei potuto chiedere di meglio. Per quanto riguarda l’editoria a pagamento credo che sia davvero uno degli aspetti più vergognosi dell’attuale editoria. Gli EAP non possono definirsi “editori” quanto invece semplici “tipografi” perché è ciò che fanno realmente, senza neppure leggere il testo e valutarlo. E la cosa peggiore è che centinaia di autori alle prime armi, convinti che quegli “editori” siano il solo mezzo per pubblicare il proprio libro, pagano fior di quattrini, quando in verità sono proprio gli editori a dover pagare lo scrittore per il proprio lavoro, non il contrario.
5) Come mai hai deciso di intitolarlo così?
Il titolo del romanzo è un riferimento al colore degli occhi del protagonista maschile Alec, che ha appunto gli occhi color ambra. Elisa, la protagonista femminile, trova in Alec una tregua momentanea alle sofferenze e alle vessazioni della vita di una donna sotto il regime fascista.
6) “Tregua nell’ambra” è un romanzo storico. Quindi, per scriverlo avrai sicuramente fatto delle ricerche. E quali? Su internet o in biblioteca sui libri? Hai scritto di getto o l’opera è stata pensata “a tavolino”, quindi ti sei servita di scalette e schede dei personaggi? Come mai hai deciso di ambientare il tuo romanzo in Italia e nel 1943? Quindi, com’è nata l’idea di scrivere questo romanzo?
Per scrivere “Tregua nell’ambra” ho fatto tantissime ricerche. È senz’altro maggiore il tempo che ho speso per documentarmi che quello impiegato per la stesura del romanzo. Ho fatto molte ricerche in biblioteca: ho consultato stampe originali dell’epoca fascista nel mio paese; ho ricercato negli archivi i nomi reali dei rappresentanti delle fazioni politiche e dei commissari prefettizi o podestà; ho studiato libri di storia specifici. Ma ho anche fatto ricerche sul web, dove molte biblioteche pubblicano documenti storici digitalizzati; ho rispolverato vecchi appunti di un corso di guida turistica che ho frequentato alle superiori; ho intervistato le persone anziane e ascoltato le loro testimonianze. Ma il solo fare ricerche non è bastato: è stato infatti molto impegnativo organizzare gli appunti, decidere in che modo e quando discioglierli nella narrazione in modo da mescolare al meglio realtà e finzione. Prima della stesura ho poi scritto in tre/quattro righe la trama principale, come faccio di solito. Ho realizzato schede brevissime dei personaggi e scritto in una scaletta i punti salienti o di svolta nella storia. Poi il resto, le scene singole, i pensieri, i sentimenti, i dialoghi dei personaggi si sviluppano da sé mentre scrivo senza neanche che me ne renda conto. La magia dell’ispirazione. La prima idea di scrivere “Tregua nell’ambra” è legata al desiderio di unire nella scrittura due mie passioni, quella per la storia del primo Novecento e quella per la mia terra, la Puglia. Da grande estimatrice di romanzi storici ho notato come la maggior parte delle storie sulla seconda guerra mondiale siano ambientate in grandi città quali Roma, Napoli, Milano, Parigi, San Pietroburgo... Tuttavia anche i piccoli centri hanno vissuto il dramma della guerra e subito le ingiustizie fasciste, dunque mi sono detta: perché non dare voce a tutti coloro che hanno sofferto in silenzio senza saltare alle luci della ribalta? Da qui la scelta di ambientare il romanzo a Martina Franca nel 1943. Tra l’altro qualche anno fa ho scoperto che proprio a pochi chilometri dalla mia città, ad Alberobello, un paesino in cui sono stata centinaia di volte, c’è stato un campo di lavoro fascista. Questa consapevolezza mi fa rabbrividire perché in un certo senso è la conferma reale, “fisica”, che nessuno è scampato alle spire fasciste. La cosa triste e che mi ha fatto pure un po’ infuriare è che nelle scuole della zona non se ne parla o se ne parla raramente, quando invece sarebbe utile organizzare persino visite guidate all’interno della Masseria Gigante, nota come “la casa rossa”. Lo stesso vale per il bombardamento del 2 dicembre 1943 sul porto di Bari a opera della Luftwaffe, che costituisce una delle scene più importanti del romanzo. Quello è stato il secondo peggior bombardamento della storia dopo Pearl Harbor, eppure mi pare che non lo conosca nessuno. Perché? Perché il fatto è stato più volte insabbiato da chi di dovere giacché nella stiva delle navi alleate fatte saltare in aria c’erano bombe all’iprite, gas altamente tossico e corrosivo, proibite dalla prima guerra mondiale. E la gente che è rimasta ustionata e sfregiata dalla nube di gas sprigionatasi, i marinai inghiottiti del mare in fiamme, i medici del policlinico che hanno lottato non li ricorda nessuno.
7) Hai voluto dare un secondo significato alle tue parole, quindi una morale al tuo libro, oppure è un semplice romanzo d’evasione? Quale pubblico vorresti raggiungere con la tua scrittura?
Il fine ultimo di “Tregua nell’ambra” è valorizzare e riportare alla mente la memoria storica di ciò che è stato, affinché la gente ricordi, inorridisca e impari per il futuro, soprattutto in un periodo come questo in cui alcune fazioni dichiarano sia necessario un governo imposto con la “forza”. Gli orrori del mondo non vengono da soli, sta a noi riconoscerne l’origine e bloccarli prima che si realizzino. Il modo migliore per farlo è conoscere ciò che si è già verificato. E poi la storia d’amore alla base di “Tregua nell’ambra” costituisce la variante “d’evasione”, nonostante anch’essa lanci un messaggio preciso: e cioè che l’amore può nascere nelle situazioni più disperate e che, anzi, può costituire la forza migliore cui aggrapparsi per superare le paure e le difficoltà. Mi piacerebbe che “Tregua nell’ambra” fosse letto dai giovani che, magari appassionandosi alla storia d’amore, trovino comunque informazioni storiche importanti e spunti di riflessione, ma anche da lettori più maturi che potrebbero apprezzare nelle pagine la ricostruzione storica e rammentare forse episodi simili raccontati dai propri genitori o nonni.
8) Infine, quale consiglio di scrittura senti di dare ai lettori? Spiega brevemente come scrivi le tue storie: c’è un momento della giornata in cui ti senti maggiormente ispirata? Deve esserci una particolare atmosfera attorno o scrivi benissimo ovunque?
Non c’è un momento preciso in cui mi sento maggiormente ispirata. L’ispirazione arriva quando decide lei: può essere un momento in cui sono libera e allora mi precipito a scrivere, oppure un momento in cui sono impegnata e allora prendo appunti sul telefonino, sull’e-reader, su post-it, su qualsiasi cosa pur di segnare i pensieri principali, i particolari, che non voglio dimenticare per poi andare a svilupparli con calma quando scrivo. Il che comunque deve avvenire il più presto possibile. Quando l’ispirazione parte è come un treno: alle volte mi stacco dalla tastiera e scopro di aver scritto anche trenta o quaranta pagine senza che me ne sia resa conto. Per scrivere in ogni caso ho bisogno di silenzio, di concentrazione. Il consiglio che do è semplice: non ostacolare le idee ma lasciarle fluire anche se non si riesce bene ad afferrarle, saranno loro a dispiegarsi da sole su carta. Quando poi la trama è particolarmente complicata sono utili schemi di sintesi da consultare prima di scrivere.
9) Progetti per il futuro. Qualche anticipazione...
Progetti per il futuro... il problema è che il tempo che ho a disposizione non basta mai. Ho già un paio di trame di nuovi romanzi storici in mente, uno ambientato durante la prima guerra mondiale tra Grecia, Italia e Inghilterra, l’altro ambientato in Italia e Libia durante il fascismo. Tuttavia ora sto finendo di scrivere il seguito di “Tregua nell’ambra” - sì, continua! - quindi direi proprio che devo rimboccarmi le maniche.
10) Vuoi aggiungere qualcos’altro, prima di concludere...
Semplicemente un invito a scaricare gratis “Tregua nell’ambra” dal seguente indirizzo nei formati che preferite. Non costa nulla e spero che sia una lettura piacevole con la quale contribuirete a dar voce al mondo sconfinato degli scrittori “sconosciuti”. Grazie per avermi ospitata. Ciao a tutti.
http://treguanellambra.blogspot.it/

Potete leggere l'intervista anche qui: http://terrysfantasy.blogspot.it/2013/05/u...a-goffedro.html

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