Le Spade di Fennor - Il Castello Segreto, Capitolo 3 - NOTIZIE DA LONTANO

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kk10
view post Posted on 21/4/2013, 20:05




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Capitolo 3
NOTIZIE DA LONTANO



Stavano camminando a passo svelto da ormai venti minuti.
Nicholas intuì che la loro direzione era l'abitato di Ravelbow. Tuttavia, ciò non bastava a soddisfare il mare di domande che aveva nella testa.
«Perchè tutto questo, Ghealf? Da cosa fuggiamo?»
Il vecchio non aveva proferito parola da quando aveva sbacchiato i battenti della porta di casa; continuò il suo silenzio anche in seguito a quella domanda.
Nicholas era intimorito dalla piega che avevano preso gli eventi nel giro di poche ore. Osservava Ghealf di fronte a lui, che camminava spedito, senza voltarsi mai, come se nessuno lo seguisse. La sua mano nodosa stringeva saldamente il fagotto in cui avevano riposto il medaglione. Si continuava a intravedere, tra la trama del tessuto, un tenue bagliore verdastro.
Nicholas si accorse che erano giunti al limitare del paese. Le mura di cinta di Ravelbow, con le merlature a coda di rondine e le torrette di avvistamento, si ergevano solide di fronte ai suoi occhi.
Il cancello era aperto: un volta superato, si trovarono sulla strada principale. Il giovane seguì il suo mentore tra le persone che si aggiravano per la via, tutte dirette verso la stessa direzione: la Piazza. Pensò che anche loro due avessero la medesima meta.
Fu in quel momento però che Ghealf arrestò la sua marcia, e si voltò verso di lui.
«Nicholas, ti invito a non fare parola con nessuno di ciò che è successo. Sottolineo, nessuno.»
«Ghealf, "che cosa" è successo?! E' questo il punto! Non capisco!»
Nicholas proferì quelle parole, desiderando di avere finalmente una risposta.
Vide il volto dell'anziano farsi cupo; poi alzò subito lo sguardo, e guardò il giovane dritto negli occhi.
«Nicholas, mi dispiace che ti sia stato rivelato nel giro di poche ore tutto quello che ti è stato celato per anni. Mi dispiace davvero, non sai quanto. Ma questa "cosa" che hai trovato in soffitta...» puntualizzò Ghealf, indicando il sacchetto nella sua mano: «Non hai idea di che cosa comporti. Temo che ci ritroveremo ben presto in un mare di guai. Ma non è questo nè il tempo nè il luogo dove parlarne. Occhi ed orecchi indiscreti potrebbero essere in agguato. Perciò, è di vitale importanza che tu adesso non dica una sola parola a nessuno riguardo tutto questo.»
Nicholas sentì un groppo alla gola.
Non ebbe il tempo di rispondere che subito l'anziano continuò: «Ho bisogno che tu mi faccia un altro favore, Nick. Ti ho portato subito qui in paese perchè c'è una persona che ho bisogno di incontrare. Se poi la sorte girerà dalla nostra parte... beh, posso sperare di convincerlo ad unirsi a noi. Con lui non avremo segreti da nascondere, ci sarebbe di grandissimo aiuto. Quindi, Nicholas, tu aspettami qui finchè non torno. Il fagotto lo terrò io: sarai più al sicuro se, per adesso, ne starai alla larga.»
Ghealf posò una mano sul braccio del ragazzo. «Cercherò di tornare il più velocemente possibile.»
Poi alzò i tacchi, imboccò uno stretto viottolo che si snodava tra due file di case, e sparì dietro un angolo.

Aveva più dubbi di prima, se questo fosse stato possibile. La mente di Nicholas non si era fermata neppure per un attimo nelle ore appena passate. "Se fosse stata fatta di ingranaggi", pensò tra sè e sè, "starebbe sicuramente fumando per il sovraccarico di lavoro."
Non era in grado di darsi alcuna spiegazione logica al momento. Non riusciva a trovare i giusti incastri alle notizie che gli erano state fornite, come pezzi di un puzzle troppo difficile da risolvere. Quello che sapeva alla fine era che uno stramaledetto ciondolo gli aveva probabilmente sconvolto l'esistenza.
I suoi pensieri vagavano tra mille domande e ben poche risposte riguardo sua madre, la pietra, l'eclissi, la fuga da casa... Quando d'un tratto, un bambino sbattè contro la sua gamba, e l'urto lo riportò nel mondo reale.
Seguì con lo sguardo il ragazzino che correva per la strada, tra la folla che continuava a crescere, in direzione della Piazza.
«La Cerimonia di Commemorazione del Triste Dì inizierà con un po' di ritardo. Invitiamo tutti i presenti, Anziani e Nuovi Arrivati, a prendere intanto posto in Piazza.»
La sonora voce del signor Gabor, uno degli anziani del Consiglio, rieccheggiò per la via. Era quello il luogo in cui tutta la gente in strada si stava recando. Il terremoto e l'eclissi dovevano essere le cause del ritardo della Cerimonia.
Cercando di nuovo con lo sguardo il bambino, lo ritrovò sull'altro lato della strada, dove si era creato un manipolo di persone. Nicholas notò che molti di questi erano Figli dei Nuovi Arrivati: i pochi bambini di Ravelbow, che erano nati nella Casa di Cura del paese da genitori che non erano a loro volta nati a Dothran.
I piccoli, assieme ai padri e alle madri, stavano guardando estasiati il piccolo signor Gabor, il libraio, che se ne stava in piedi su di una cassa, da dove aveva annunciato il suo comunicato.
Ma Nicholas capì che ai bambini non interessava molto dell'inusuale ritardo. Fece pochi passi, finchè non si trovò alle spalle del gruppetto.
«Signore, la prego, vogliamo sapere cosa è successo dopo!» disse l'acuta vocina di una bimba.
«Anch'io voglio sapere dove è andato lo stregone malvagio dopo la Festa del principe Jentred!» aggiunse un maschietto sui 10 anni.
«Bambini, suvvia, ve l'avrò raccontata centinaia di volte!» esordì Mias Gabor.
Il coro di risposta che seguì fu unanime: «Per favore!»
I genitori sorridevano in direzione dell'anziano, e i bambini fremevano di impazienza.
«E va bene, piccoli!» affermò l'anziano, suscitando gli schiamazzi di giubilio della giovanissima folla. «Ma sapete bene che è una storia molto triste.»
Il vecchietto si mise seduto sulla cassa di legno. Dalla sua canuta barba iniziarono ad uscire le parole di una storia che Nicholas aveva udito tante altre volte, ma che non si stancava mai di ascoltare.
«Sono trascorsi esattamente trenta anni da quella notte. Nella grande reggia dei Ravelcrow, l’Ultimo Re di Fennor morì e venne incoronato il nuovo sovrano suo successore. Tutti noi conosciamo la storia, e il solo pensiero rattrista i nostri cuori. Per questo motivo oggi, in questo mesto Dì, siamo afflitti da un comune senso di tristezza per il ricordo di ciò che è andato perduto e delle speranze che si infransero, in quella notte di trenta anni fa.
La morte dell’Ultimo Re diede inizio ad un nuova era. Il mago responsabile dell'assassinio perpetrato nei confronti dei reali, il malvagio Sedun Rosolf, riuscì a scappare dal castello, seppure estremamente indebolito. Di lui non era rimasto altro che la sua anima malvagia, poichè il suo corpo era stato massacrato nello scontro avuto con il giovane principe Jentred.
Si racconta che solo essa ebbe la forza di sopravvivere. Con l'aiuto dei suoi servi più fedeli, che si presero cura di lui nel tempo che seguì, l'anima del mago trovò una forma più stabile in cui risiedere: non più un corpo in carne ed ossa, nè un'informe nuvola di spirito, bensì sotto l'aspetto di un agghiacciante figura diabolica, un fantasma dalle fattezze umane, ma dalle sembianze di un mostro.
Vestito soltanto di un mantello rosso porpora, una corona di ferro nera gli cingeva la testa, le cui punte assomigliavano a delle massicce corna. Il suo volto rimaneva coperto dalla maschera metallica che sempre lo aveva nascosto: ma adesso dietro di essa non si celava più il viso di un uomo, bensì il muso di una bestia.»
Molti dei bimbi sospirarono impauriti, mentre altri si strinsero tra le braccia dei rispettivi genitori.
«L'anima di un uomo tanto folle e corrotto non riuscì a trovare un altro corpo che potesse contenerla, tale era la crudeltà che oramai la pervadeva. Quello fu quindi l'aspetto a cui fu destinata e in cui fu sigillata, tramite l'utilizzo delle magie più oscure di cui la mente umana fosse mai venuta a conoscenza.
E di tutto ciò egli si compiacque, intuendo che in questo modo niente e nessuno si sarebbe più potuto frapporre tra lui e la gloria eterna. Niente e nessuno avrebbe potuto sconfiggere un'anima tanto oscura rinchiusa in un corpo tanto terrificante e disumano. Niente e nessuno avrebbe potuto sconfiggere uno Spettro.
Ma tuttavia, si sbagliava.»
I bambini, in un misto di curiosità e spavento, guardavano l'anziano Gabor a bocca aperta. E con loro Nicholas, sebbene fosse la centesima volta che ascoltava quel racconto.
«Allora c'è ancora qualcosa che può sconfiggere il mago cattivo?» chiese meravigliato un fanciullo che se ne stava in collo a sua madre.
Mias Gabor continuò la sua narrazione.
«All'inizio sembrava di no. E neppure tuttora, nelle menti dei meno audaci.
Da lontano, dall’estremo est, dalla terra di Westalth, da anni caduta, arrivavano giorno dopo giorno notizie sempre più sconfortanti: ormai il potere dello Spettro stava crescendo a dismisura, le terre conquistate sotto la sua egida aumentavano a macchia d'olio. Dal giorno in cui aveva stroncato l'intera famiglia dei Ravelcrow, egli aveva tolto ogni barlume di speranza al regno di ritrovare una nuova guida, un capo che li guidasse alla riconquista della loro libertà.
Lo Spettro non aveva tuttavia tolto loro l'orgoglio e la forza d'animo, la volontà di provare almeno a sollevare la testa contro l'oppressore che si faceva sempre più vicino. Intere popolazioni avevano cercato di opporre resistenza, arruolando uomini di ogni età e prestanza nel tentativo di domare la furia delle armate guidate dal mago. Ma invano.
Poche erano ormai le città che non avevano subito ancora un sanguinoso assedio per poi essere rase al suolo; poche le foreste che non erano state incendiate nel tentativo di uccidere ogni creatura vivente che vi abitasse; poche le persone che non avevano visto con i propri occhi il campo di battaglia e gli orrori della guerra.
Molti bambini delle regioni soggiogate avevano perso i propri amati padri, molte mogli i loro cari mariti. Le lacrime che scendevano un tempo sui loro volti si erano prosciugate, e le guance di chi compiangeva i propri morti erano oramai aride come terra bruciata.
Prime a cadere erano state appunto le terre di Westalth, il lembo più orientale di Fennor, in cui lo Spettro stabilì il centro del suo potere. La capitale della regione, la città di Rothardur, un tempo splendida, fu assediata e ridotta ad essere il fantasma di sè stessa: divenne la dimora dello stregone, della sua corte di fedeli servitori e della sue temibili milizie armate.
Da lì in poi, il cammino dell'esercito di Sedun fu costellato di numerosi successi bellici, e ben presto caddero anche tutta Dragonstir, la terra all'estremo nord del nostro regno, abitata dai draghi, e alcune delle roccaforti di Anadrien, la vastissima regione centrale in cui risiedevano le Creature Magiche.
Ciò nonostante, qualcosa si è intramesso tra lo Spettro e la sua sete di vittoria.»
Il vecchio libraio si prese una pausa e si alzò dalla cassa di legno: il suo tono divenne solenne.
«Qualcosa ribolle nelle viscere delle terre di Fennor, pronto per essere portato alla luce e riscattare l'orgoglio e l'indipendenza di un popolo intero.
Come l'ultima più piccola briciola di speranza che permette di vivere o di morire, un'unica regione rimase sommessamente stabile sulle proprie fondamenta, illesa dalla sua furia conquistatrice: Dothran. Casa nostra, la nostra vallata, dove tutto ebbe iniziò in quella notte, il luogo in cui Sedun Rosolf era stato quasi ucciso, e che continuava ad incutergli un senso viscerale di terrore.
Questa splendida terra, per qualche motivo che solo il Destino può comprendere, rappresenta per il potente Spettro l'anello debole della catena, la falla nel piano che credeva perfetto.
In quella notte di terrore il mago gettò la sua maledizione, ma qualcosa per lui andò storto.
Ancora oggi Dothran rappresenta l'ultima gemma rimasta in grado di germogliare nelle tenebre del suo odio. Come in un cerchio temporale che si è protratto per trenta lunghissimi anni.»
Si levò un caloroso applauso dalla piccola folla radunatasi attorno all'anziano. Molti degli sguardi dei presenti esprimevano una sincera commozione, e il cuore di Nicholas si era riempito di calore. C'era stato qualcosa durante quel racconto, che non aveva mai provato in tutte le altre volte che in precedenza lo aveva ascoltato.

D'un tratto, le trombe squillarono in piazza, e le persone si voltarono. La Cerimonia della Commemorazione del Triste Dì stava per cominciare.
La folla iniziò a smaltirsi, poichè tutti accorrevano davanti al palco allestito per l'occasione davanti al Palazzo del Consiglio. Come ogni anno, la cittadinanza intera avrebbe assistito alla celebrazione.
Nicholas si voltò giusto in tempo per vedere Ghealf uscire dal vicolo, con un accenno di sorriso che gli illuminava il volto. Le sue rughe parevano più distese rispetto a prima.
«Nicholas! Eccoti! Vieni qua, svelto!» gridò l'uomo.
Seguendo la richiesta di Ghealf, entrò nella stretta via, dove non c'era nessun'altro tranne loro due, a quanto sembrava.
Appena il ragazzo gli fu davanti, abbassò il tono della voce e proseguì: «La fortuna non ci ha voltato completamente le spalle oggi, ragazzo. Ce l'ho fatta!»
Detto questo, l'alta figura del suo mentore si spostò, per rivelare dietro di sè un terza persona. Un minuto vecchietto, come i tanti che abitavano Ravelbow e ne componevano il Consiglio. Ma diverso da loro.
Aveva barba e capelli ricci e crespi, di un deciso color rosso rame. Il naso a patata spuntava tra il cappello logoro che portava in testa e gli spessi baffi scompigliati, arricciati alle estremità. Sopra di esso, brillavano due vivaci occhi color miele. Aveva un'aria buffa, sembrava appena uscito da un libro sugli gnomi. Nicholas era comunque sicuro di non averlo mai visto in giro.
«Nicholas, ti presento la persona che ci aiuterà a districare il tortuoso problema in cui ci siamo imbattuti. Che gli Angeli lo benedicano!» disse Ghealf sottovoce.
Il giovane tese la mano verso il fulvo vecchietto, che gli sorrise gioviale.
Ma rimase con il braccio a mezz'aria, poichè l'anziano iniziò a parlare rivolgendosi a Ghealf: «Posso vederlo adesso?»
Ghealf rispose aggrottando le sopracciglia: «Suvvia, ti sembra un luogo sicuro questo? Ti giuro che non sto mentendo! Porta pazienza, fidati di me!»
Nicholas capì che quel tizio era molto curioso ed esaltato all'idea di condividere il segreto: il suo sguardo era illuminato dall'eccitazione.
Gli occhi del nuovo arrivato vagarono da Nicholas a Ghealf, e viceversa, per più volte. Guardò poi il fagotto che ancora Ghealf teneva con sè, per poi osservare dritto in volto Nicholas.
Il ragazzo si sentì in imbarazzo, e tendendo ancora la mano, disse: «Piacere signore, io sono Nicholas Wolf.»
A quel punto il bizzarro ometto contraccambiò la stretta di mano. «E io sono Marlon Crell. Il mio piacere non potrebbe essere più grande!»
Il ragazzo sorrise di rimando al suo interlocutore. Poi un ricordo gli balenò in testa, come un fulmine. Non aveva mai visto quell'uomo in giro, eppure quel nome gli era decisamente familiare...
Il suo sorriso si tramutò in una esclamazione di stupore.
«Lei è... lei è il vecchio consigliere di corte dei Ravelcrow?»
Le labbra di Ghealf si incurvarono verso l'alto, e Marlon fare cenno di sì con la testa.
Fu solo in un secondo momento che si portò un dito alle labbra, facendogli segno di tacere. E mentre Nicholas era ancora a bocca aperta, il vecchietto dalla folta barba rossa gli fece l'occhiolino.

***



«Guardie! Presto, bloccatelo!»
La profonda voce metallica risuonò nell'antro oscuro, e fu subito seguita dal chiassoso rumore di passi svelti e confusi sulla pietra.
«Lo teniamo fermo, Signore!» esclamò uno dei goblin accorsi sul luogo.
Lo Spettro osservava la scena dal suo trono di scheletri, posto in cima ad una rampa di scivolosi gradini. Davanti a sè, steso sul nero pavimento, una piccola figura si divincolava forsennatamente, come in preda a delle terribili convulsioni. Le quattro guardie gli tenevano bloccate le caviglie e i polsi.
Una debolissima luce rossastra riempiva l'aria dello scuro salone, ma gli bastava per notare le smorfie di dolore sul viso dell'ometto a terra.
Poi d'un tratto, il gobbo smise di dibattersi, ed aprì gli occhi.
I goblin si voltarono verso il trono, in attesa di un nuovo ordine.
«Bene, potete andare ora» confermò lo Spettro, «Lasciateci soli.»
Le quattro guardie, una volta inchinatisi al loro padrone, uscirono svelti dalla sala, intimoriti.
Sorrise alla vista della soggezione che incuteva in tutti coloro che lo servivano. Ne fu deliziato, perchè si sentiva sempre più potente.
Scese gli scalini che aveva dinanzi a sè a passo lento, dirigendosi verso il gobbo, che si stava lentamente sollevando da terra.
«Sedun, o Potente Spettro, è successo di nuovo, aiutatemi!» esordì l'omino, con la voce tremante dalla paura.
«Dovrei aiutarti a guarire da un male che per me non è altro che un beneficio, Warner?» sentenziò Sedun Rosolf, con un tono imperturbabile. "No, mio caro, sarebbe un tale spreco.»
Vide gli occhi del gobbo riempirsi di lacrime e di sconforto.
Continuò: «Su, da bravo, dimmi che cosa hai visto.»
«Padrone, questi attacchi... questi attacchi mi uccideranno prima della fine. Voglio che finiscano!»
Con un gesto tanto veloce da risultare impercettibile, lo Spettro si lanciò contro il suo servo, cingendogli il collo con la stretta granitica della sua gelida mano.
«Dimmi che cosa hai visto, adesso!» urlò, come il tuono di un temporale. La risposta del gobbo lo aveva riempito di rabbia.
Warner trovò a malapena il fiato per rispondergli. «Va bene, padrone. Chiedo perdono!»
«Dunque, non provare di nuovo a contraddirmi.» Sedun allentò la presa, ritrasse il braccio verso di sè e diede le spalle al suo interlocutore. «Adesso, per favore, dimmi che cosa hai visto.»
Il gobbo si toccava il collo con le mani che tremavano, come per constatare se fosse tutto a posto. Abbassò le palpebre e rimase immobile, sforzandosi di ricordare la visione che aveva appena avuto.
«Ho visto un luminoso cerchio di fuoco, che diventava sempre più pallido, sempre più tenue... fino a che non si è spento. Si si... Sembrava nascosto da qualcosa. Come fa il sole durante un'eclissi. Poi, mentre lo osservavo, ho sentito una fortissima vibrazione sotto i miei piedi: c'è stato uno scoppio roboante e sono caduto a terra. In quel buio non vedevo niente, se non che, piano piano, un flebile bagliore mi ha rischiarato la vista. Una strana luce verdastra... Oh accidenti, non so come spiegarvelo. E' stato tutto così confuso...»
Warner deglutì nervosamente, poi aggiunse: «L'unica cosa che sono sicuro di aver visto è stato un castello in rovina, arroccato sopra un picco roccioso, circondato da una valle estesa e verdeggiante. Di questo sono certo, vostra Altezza!»
Con quelle parole, concluse il suo discorso.
Sedun si voltò di scatto. Sentì il suo animo ribollire d'ira e fremere dalla collera, e colpì con il pugno una delle possenti colonne che sorreggevano il soffito, facendo vibrare l'intero salone.
Tentò quindi di mantenere la calma, e si rivolse all'ometto, urlando: «E' proprio per questo che non posso toglierti il dono della divinazione che tu tanto odi! Proprio per questo... Maledizione!»
Lo sguardo di Warner tradiva il suo spavento, e lo stregone aggiunse: «Non preoccuparti, sei stato più chiaro e rivelatore di quanto tu creda.»
«Ne sono onorato, padrone» gli rispose l'altro con parole tremolanti.
Lo Spettro spostò allora il suo sguardo verso il portone principale della sala, e gridò: «Zugrad!»
Non appena ebbe proferito quel nome, vide sopraggiungere il soggetto in questione.
Zugrad, il Primo Generale delle milizie armate, si palesò sulla soglia dell'ingresso. Un goblin alto e massiccio, avvolto in un ampio mantello nero, che si muoveva tuttavia in modo stranamente sinuoso. Era un essere senza cuore come tutti i suoi simili, questo Sedun lo sapeva, ma si contraddistingueva dagli altri. Non era soltanto il suo aspetto demoniaco a gettare nel panico chiunque se lo trovasse davanti: la sua indole era dominata da una insensibilità assoluta, che non lo fermava dinanzi a niente e nessuno. Per questo motivo era il suo preferito.
«Vostra Eccellenza, al vostro servizio!» esordì, con un verso roco e cupo.
«Zugrad, ho appena ricevuto notizie da lontano molto poco rassicuranti. Warner ha appena avuto una delle sue visioni. Una molto, molto importante questa volta. Purtroppo.» aggiunse lo Spettro, rivolto verso il generale. «Nutro cattivi pensieri in questo momento. Bisogna rimediare al più presto possibile a quanto sta succedendo. Per questo, ho bisogno che tu vada nelle segrete e liberi i Pardumor.»
Ci fu un attimo di silenzio nel salone del trono del castello di Rothardur, spezzato dalla risposta attonita del terribile goblin.
«Mio signore, i Pardumor? Ne siete sicuro?»
«A mali estremi, estremi rimedi, generale! Una disgrazia tanto grande deve essere combattuta con i mezzi necessari, all'istante. Libera almeno una dozzina di quelle bestie infernali. Portale al mio cospetto, e poi aprirò loro i cancelli delle mura. Che vadano a svolgere il loro lavoro al meglio. Se intanto sono stanchi ed hanno fame, dategli pure in pasto i prigionieri della torre nord: sono i più freschi.»
Sedun si voltò verso Warner, che se ne stava immobile a pochi passi dal generale Zugrad, con il capo chino, ad ascoltare.
«Warner, pensaci tu al pasto dei Pardumor. Devono essere al massimo delle loro forze: le mie amate creature dovranno correre per molte miglia. Una volta giunti a destinazione, sorveglieranno ciò che desidero. E saranno pronti ad attaccare senza pietà, se sarà necessario.»
Il gobbo fece un cenno con la testa, e sparì nel buio del corridoio al di là del portone.
Nel cupo antro tornò il silenzio, rotto solo dal suono rauco della voce del Primo Generale.
«Ai vostri ordini, signore. Dove devo dirli che sono diretti? Qual è la loro meta?»
Lo Spettro guardò Zugrad negli occhi, e badò bene di scandire la parola che pronunciò.
«Ravelbow.»
 
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mocogia
view post Posted on 21/4/2013, 21:19




Letto anche questo... Si inizia ad intravedere più da vicino il legame tra il prologo e il racconto; alcuni nodi vengono al pettine... Immagino che il vecchio consigliere possa dare più informazioni inerenti i trenta anni passati... Aspetto il Quarto! :)
 
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kk10
view post Posted on 26/4/2013, 17:40




CITAZIONE (mocogia @ 21/4/2013, 22:19) 
Letto anche questo... Si inizia ad intravedere più da vicino il legame tra il prologo e il racconto; alcuni nodi vengono al pettine... Immagino che il vecchio consigliere possa dare più informazioni inerenti i trenta anni passati... Aspetto il Quarto! :)

Esatto, piano piano verranno fuori più particolari e molti pezzi del puzzle inizieranno ad incastrarsi...
Il 4° capitolo è in lavorazione, vedrò di finirlo il più presto possibile per poterlo postare :)
Stay tuned, e scusa il ritardo con la risposta!!

EDIT: Ho finito una prima bozza del capitolo nuovo (probabile presenza di errori grossolani e necessità di modifiche :D )... comunque la pubblico adesso ;) quindi se ti va, e lì che ti aspetta ahah!

Edited by kk10 - 27/4/2013, 03:31
 
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2 replies since 21/4/2013, 20:05   33 views
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