| Salve sono mattia sorrenti, un giovane scrittore di fantasy che presto pubblicherà il suo libro in ebook dal titolo '' LE cronache della spada d'argento''.
qui vi regalo un frammento del mio libro: Le cronache della spada d'argento
Viaggiare per il continente di Ramadax come cantastorie è un lavoro generoso e pericoloso. Generosità e pericolosità in questo paese sono le facce di una stessa medaglia. Erano ore ed ore che Saaius camminava per la strada maestra, polvere e serpenti furono i suoi unici compagni per molte miglia fino a che non incominciò ad incontrare numerosi carridi artigiani. Guardava incuriosito una tale moltitudine di gente che come tante formiche si dirigevano in qualche imprecisato posto. Ad un tratto, sentì per caso una accesa litigata tra due artigiani per accaparrarsi il miglior posto alla fiera annuale della città della Rosa d'Argento. Una fiera solitamente è un buon posto di lavoro per i cantastorie, in particolare quando si celano nel proprio cuore oscure ed intriganti leggende da narrare. Violenti flash di sogni passati di magia oscura, incominciarono ad assalire lamente del cantastorie, ma decise di accantonarli per evitare spiacevoli rimembranze. Il peso della sua viola incominciava a farsi sentire e siccome Saaius non avevamolte corone d'avorio, decise che stanotte uno spiazzo d'erba avrebbe ospitato le sue stanche membra. Trovato uno spiazzo lasciò i bagagli. Saaius si mise in cerca della legna di alberi asciucar, la miglior legna eternamente secca adattissima ad accendere fuochi per un bivacco. Preparato il tutto mise ad arrostirequel poco di carne che aveva e si distese a guardare le stelle. Le lune rosa e verdi formavano in cielo un caleidoscopio di colori magici e fantastici e le nuvole rosa con forme di draghi intessevano una danza di poesia antica e dimenticata. Il suo ventre affamato conil suo tuonare lo richiamò dal suo universo fantastico, ricordandola sua umanità e dopo averla saziata, si addormentò. Saaius, sognò cose davvero singolari. Era a cavallo di un drago rosso fuoco e congli artigli d'argento, vedeva che il drago sputava fuoco supersone,animali,case ed infine vide temuti scenari di guerra. Mentre era in volo, un fulmine a forma di artiglio, colpì il suo braccio lasciandoli una cicatrice a forma di artiglio. La paura agì da sveglia e di scatto, Saaius si mise a sedere e, quasi con paurafissò il suo braccio... e sgranando gli occhi...notò che la cicatrice c'era. La toccava non credendo ai suoi occhi. Pulsava e cambiava colore a seconda di comela luce la illuminava. L'unica cosa che restava da fare, era rimettersi in cammino e dirigersi verso la città della fiera. Camminare dinotte dava un'immagine di tranquillità che placava il cuore dallapene. ''Mamma mia che dolore al collo!'' Pensò lui. Prese pian piano come un fantasma strisciante e senza volto ad insinuarsi in lui, la sensazione che qualcuno lo stesse seguendo. Saaius, accelerò il passo sperando che fosse solo la sua stanchezza. Fortunatamente videun accampamento di nomadi Carialani. Conosceva grazie ai suoi viaggile loro tradizioni. Pensò:'' Ma avrò qualcosa di abbastanza prezioso da offrire per pagare vitto e alloggio?''. Saaius aveva qualche corona, la sua viola,un poco di cibo, la sua musica,i suoi abiti di pelli di amauron,ed il suo mantello, cosa avrebbero chiesto in cambio? Avvicinandosi alla sua vista si delineavano i carrozzoni di legno e ferro con i loro colori sgargianti e di pessimo gusto, il fuoco principale al centro dell'accampamento con molte persone sedute attorno e le numerose donne che servivano quelle persone che sicuramente erano tutti uomini. Lo videro e misero le mani sulle armi. Due di loro si alzarono e vennero verso di lui brandendo ciascuno una spada ed un pugnale. Prima che si avvicinassero troppo, Saaius decise di cantare una delle loro poesie nella loro lingua per cercare di farsi accettare come ''fratello'' Fa così: Ánde mol hi ochachipé Ánde mol hi ochachipé isa me tehariná sa mi túga the mi bax, me asvá, mobarvalipé, mi ljubáv, mo sastipé. Man víshe níko ináj pothém, ináj ma amalá, josh sámo achilá mi tsáhra, meichardé chemáne, me teharináke bahvaljá. Bistardém kanátrézno semá mo razúm e mol lijá. Kaná meráva, mató kaaváv. Pála nikaté ináj shukár, mánge hi shukár igadijá. (Poesia di Semso Avdic)
Traduzione
In vinoveritas Nel vino è laverità e tutti i miei mattini tutta la mia tristezza e la miafortuna le mie lacrime, la mia ricchezza, i miei amori, la mia salute. Non ho più nessuno al mondo, non ho amici, mi è rimasta solo la tenda, i miei violini spezzati, i miei venti mattutini. Ho dimenticato il tempo in cui ero sobrio la mia ragione se l'è presa il vino. Quando morirò sarò anche allora ubriaco. Per gli altri così non è bene, ma a me stabene così. (poesia di semso avdic)
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