| In gelateria con mia moglie di Silvia Diemmi
Non sopporto entrare in gelateria con mia moglie. Posso subire ore di shopping in centro, viaggi in macchina con mia suocera, puntate e putante di fiction interminabili… Ma non fatemi entrare in una gelateria con lei. E’ uno strazio che proprio non riesco a sopportare. Quando sono con lei e vedo una gelateria mi si stringe lo stomaco. Veramente, è una tortura alla quale i miei nervi non resistono. Credo che i miei primi capelli bianchi siano comparsi proprio mentre ero con lei in gelateria. E col tempo non è migliorata. Anzi. E pensare che mio nonno faceva il gelataio e io adoravo il gelato. Prima di conoscere lei. Praticamente io sono cresciuto tra coni e vaschette. Ero il bambino più popolare della scuola, e per chi al pomeriggio veniva a casa mia a fare i compiti c’era merenda con focaccia al gelato e vaschetta da portare a casa. I miei compagni mi volevano tutti bene e facevano a gara per farmi copiare i compiti. Prima di conoscere lei. Poi l’ho conosciuta e mi sono innamorato. E’ una donna meravigliosa, un sacco di qualità: intelligente, bella, estroversa, equilibrata, ma quando entra in gelateria non sa controllarsi. Diventa un’altra persona. Le si illuminano gli occhi appena varca la soglia e si guarda attorno come se fosse in un sexy shop. Poi comincia la solita storia: “Ma allora lo prendi anche tu? Non perché se tu non lo prendi allora non lo prendo neanch’io. Ma prima mi avevi detto che lo prendevi . No, se non lo prendi anche tu allora niente”. E lì arrivano i sudori. Ma siccome io sono buono e la amo tanto, prendo il gelato anche se non lo voglio. Poi una volta stabilito che anch’io, se voglio salvare il matrimonio, prenderò il gelato, si pone il dilemma dei gusti. Semplicemente io penso che la sua mente non sia così capiente da poter contenere tutti i gusti esposti sul tabellone della gelateria. E pensare che è una donna molto intelligente. Prima li legge tutti, poi li rilegge tutti una seconda volta commentandoli uno per uno. Poi comincia a scartarli, ma arrivata al quarto gusto scartato non si ricorda più gli altri tre, e ricomincia da capo. Poi fa un esame di coscienza, mi consulta elencando cosa abbiamo mangiato nei due giorni precedenti, da quanto tempo non mangia dolci, fa una stima delle calorie contenute in ogni gusto e finalmente decide: sempre i soliti gusti. La conosco da quarant’anni e prende sempre i soliti gusti: yogurt, fragola e stracciatella. Sono quarant’anni che tutte le volte che entriamo in una gelateria fa questa sceneggiata per poi scegliere sempre yogurt, fragola e stracciatella. Da quarant’anni. E tutto questa sceneggiata per tre gusti che insieme hanno meno calorie del cappuccino che si beve tutte le mattine al bar. Riesco a sopportare tutto questo solo perché la amo. La amo immensamente. E sono anche molto buono. E paziente. Poi vedo l’ardore nei suoi occhi quando il gelataio le porge il cono e tutto il resto non conta più. Tutte le storie sulle calorie scompaiono dalla sua mente nel momento in cui la sua lingua si appoggia sul gelato. In quel momento potrebbe essere travolta da uno tsunami universale e nemmeno se ne accorgerebbe.
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