Lui, Capitolo primo

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ruairidh
view post Posted on 12/2/2011, 23:34




"EDITED"

Edited by ruairidh - 14/3/2012, 21:24
 
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Giovanni Pili
view post Posted on 13/2/2011, 00:02




E' da applauso! :clap: :clap: :clap:
Una meraviglia... ed è solo il primo capitolo. Solitamente sono molto stronzo e parco di complimenti, ma per quanto mi impegni non riesco a trovarti il pelo nell'uovo.

Solo qualche appunto tecnico per facilitarne la lettura, perché purtroppo siamo in un forum e rischiamo di rovinare la vista a chi legge: dall'inizio fino a "anche lui si voltò", io dividerei quel blocco in 3 o 4 parti andando altrettante volte a capo, altrimenti stanca la lettura, e sarebbe davvero un peccato. Poi stavo pensando di trasferirlo nella sezione "fantasy", perché mi pare di capire che si tratta di un racconto a puntate che si svolge in uno spazio-tempo diverso dal nostro. Attendo un tuo parere prima, non vorrei che, dopo tanta fatica, quando ti ricolleghi ti venisse un coccolone vedendo che il racconto è "sparito".

Per il resto, niente, attendo di leggere il seguito. Complimenti, mi dispiace che sia a puntate, perché altrimenti lo avrei potuto proporre per il prossimo sondaggio.
 
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ruairidh
view post Posted on 13/2/2011, 00:17




in realtà non lo so nemmeno io di che genere si tratti. La tematica è esistenziale e riguarda la scelta.

questo è un topic che contiene una spiegazione sufficiente a comprenderne la lettura. Come dici tu è uno spazio-tempo diverso dal nostro ma non per creare fantasy, bensì per dare l'impressione al lettore che nulla abbia una identificazione precisa: i personaggi non hanno un nome, la città non ha un nome, nulla è descritto più di quanto sia funzionale al racconto per renderlo tale. Il lettore si deve immedesimare nel personaggio in quanto, dovendo questi fare una scelta di vita, anche il lettore vorrei che arrivasse a farla.

Decidi tu se va spostato. L'ho messo qui in quanto mi aveva consigliato così Roberto Sonaglia ma di fatto è un'anteprima di quello che vorrei pubblicare. Di conseguenza ciò che più mi interessa è se crea abbastanza interesse e se i personaggi sono credibili.
 
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Giovanni Pili
view post Posted on 13/2/2011, 00:43




Si lo avevo letto. Vadiamo un po' cosa ne pensa Roberto come legge questo primo capitolo allora, altrimenti finisce che viene spostato due volte per niente.

P.s
Adesso quel blocco diviso così va molto meglio. Occhio che qui c'è un errore:
CITAZIONE
il passato. T

ornando a lui,

 
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lagrandefame
view post Posted on 22/2/2011, 16:27




CITAZIONE
ciò che più mi interessa è se crea abbastanza interesse e se i personaggi sono credibili.

Per quanto mi riguarda, il mio interesse è sicuramente destato e i personaggi li trovo assolutamente credibili. Il tuo modo di scrivere è di alto livello e stuzzica l'intelletto. Sono curioso di leggere il seguito. Se posso permettermi di farti un appunto, trovo che le descrizioni forse siano un tantino troppo dettagliate. Magari vanno bene nel primo capitolo però, personalmente, troverei difficoltà a leggere gli altri.
Complimenti, il tuo stile lascia intendere letture di notevole interesse.
 
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ruairidh
view post Posted on 22/2/2011, 18:02




l'appunto sulle descrizioni mi interessa, è un punto piuttosto importante: l'intento è di immergere nella narrazione senza però dare contorni precisi, dare la possibilità al lettore di interpretare i dati che riceve per poi completarli egli stesso. A quali descrizioni ti riferisci, in particolare?
 
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lagrandefame
view post Posted on 24/2/2011, 15:37




Mah, in realtà non so bene come spiegare. Non è qualcosa in particolare, ho solo come la sensazione (e sottolineo sensazione) che forse, secondo me, vi sono un po' troppe immagini descrittive che rischiano (ma ci tengo a dire sempre secondo me) di rompere il ritmo. Ma è soltanto una sensazione che aleggia leggera, e in senso generico. Per il resto, trovo questo brano pressocché perfetto.
 
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ruairidh
view post Posted on 28/8/2011, 17:16




Siccome il lavoro prosegue ho deciso di offrirvi una nuova sbirciatina con il quarto capitolo:

CITAZIONE
Giustizia

19 anni, 79 giorni, 16 ore, 43 minuti e 50 secondi dalla prima luce

La giustizia deve essere congiunta al potere,
così che ciò che è giusto possa anche aver potere,
e che ciò che ha potere possa essere giusto.

Blaise Pascal

Erano giorni che camminavano. Durante i primi era stato abbastanza facile, nei Territori Liberi non vi era pericolo alcuno di fare incontri sgraditi: tempo permettendo, il passo era stato sicuro, le pause frequenti, i percorsi agevoli… Tuttavia, quei momenti erano terminati e, da quando si trovavano nel dominio della Città, anche il più semplice degli spostamenti poteva condurre a spiacevoli conseguenze. Il clima sui monti era stato impietoso: i suoi pochi compagni, di per sé più avvezzi alla zappa e al vincastro che non alla marcia, avevano passato brutti momenti nel trascinarsi armi e bagagli, così tra le piogge torrenziali, così nel freddo pungente che ancora rifiutava di lasciare quei luoghi. Fu grazie a quelli di loro che erano nativi del posto che riuscirono a districarsi nell’umida caligine e solo la rabbia ed il rancore che provavano per il nemico comune poterono aver la meglio sull’enorme sforzo a cui erano sottoposti. Fortunatamente, mano a mano che scendevano verso la pianura macinando chilometri su chilometri, le temperie si erano rasserenate, consentendo agli uomini di prendere fiato e di godersi gli ultimi tratti di un cammino che, via via, sarebbe diventato soltanto più difficile. Il giorno prima, infatti, si erano appostati nel folto di una macchia riparata: essa si trovava sul crinale opposto di una collina, un punto strategico che si affacciava direttamente sui famigerati bastioni, origine e monumento di storie terrificanti. Da lì, facendo attenzione a non farsi scorgere, poterono avvistare le frequenti pattuglie che scandagliavano i caotici sobborghi agricoli prospicienti. Le distanze erano falsate: tutto sembrava più vicino di quanto fosse in realtà, loro ben lo sapevano, chi per aver già combattuto, chi per esser familiare delle altezze. Si erano dunque organizzati per riposare durante le ore che precedevano la sera, proponendosi di usarle per elaborare il sistema più efficace di penetrare il baluardo difensivo. L’indomani mattina, quella mattina, sarebbero poi ripartiti, sperando ad una sola voce che nulla gli impedisse di giungere a destinazione nell’ora programmata: quella del tramonto.

**

Mancava poco meno di mezz’ora all’appuntamento.
Si chiuse la porta alle spalle, pronto per presentarsi all’incontro ( qualsiasi cosa, a quel punto, volesse mai dire ) e si diresse lungo il vialetto. Per quanto potesse sembrarlo, non era solo: dietro di sé, come una presenza, celato alla vista da una coltre di pensieri, camminava il presentimento, la paura irrazionale e istintiva, di quel genere particolare che non ti nasce negli occhi ma ti cresce alle spalle, quel suono sordo che rimbomba tra le pareti della mente e non ti fa mai capire la sua provenienza.
Decise di ignorarla, erano troppi giorni che ne veniva tormentato: se prima lo sfidava a viso aperto, irrompendogli nel petto come un’onda, nonostante i suoi sforzi non era riuscito del tutto a eliminarla, ed ora era lì, sempre lì, nascosta, che lo seguiva. Con tutti i suoi ragionamenti, la stava soltanto nutrendo: la paura della paura non faceva che alimentare la paura stessa e lui questo lo intuiva, e lo spaventava.
Fu in questo clima angosciante che prese la via dell’ovest, verso lo sperone centrale. La testa bassa, le mani in tasca, sembrava come assente, non riusciva a godersi lo spettacolo del sole che, lentamente, si avvicinava all’orizzonte, quando il buio avanzava le sue prime pretese e il vento si faceva sempre più freddo. Non sapeva cosa avrebbe detto, non sapeva cosa avrebbe fatto ma, soprattutto, non sapeva chi avrebbe visto! Sarebbe stata lei a mostrarsi, impercettibile e felina come l’ultima volta, annunciata più dal suo profumo che dalla sua presenza? Oppure no? Chi lo sapeva, d’altra parte, quale figuro si presentasse alle chiamate di lavoro? Nessuno gli aveva mai detto nulla e sul biglietto c’era solo scritto un luogo e una data.
“Ci sarai molto utile”, pensò, ci, erano più persone forse?
Capire, capire, aveva bisogno di capire e, nel mentre che era impegnato a non venire a capo di niente, lo sperone si avvicinava sempre di più, sempre di più, diventando ad ogni passo più scuro ed imponente contro il sole che calava, e questo, finché, a un dato momento, la strada si interruppe in quella maniera un po’ burbera, tipica degli edifici storici addetti ad usi almeno in parte militari: di fronte ad un enorme cancello in ferro battuto, il limite ultimo, l’accesso all’inaccessibile, il valico invalicabile, l’ingresso al palazzo.

**

Inutile dire che anche quel giorno era stato di cammino. Avevano dovuto percorrere numerosi chilometri stando attenti ad evitare tanto i paesi quanto gli spazi troppo aperti delle campagne. Per fortuna, il loro numero era esiguo e, con le dovute precauzioni, riuscirono ad evitare in qualche modo di essere scoperti. L’idea era quella di passare attraverso un antico canale di scarico dei rifiuti che aveva sede alla base delle mura, vicino al mare, nella zona sud orientale che, secondo le informazioni, doveva essere occupata da un grosso parco alberato. Naturalmente, per la stessa natura delle fortificazioni, non sarebbero potuti passare via mare: là dove le mura finivano ed iniziava l’acqua, la sorveglianza era strettissima; così come non avrebbero potuto passare tranquillamente di fronte alla porta orientale, quella che chiamano Sublime, la principale, ulteriore baluardo contro eventuali invasioni dall’est. No, avrebbero decisamente dovuto evitarla, era troppo sorvegliata. Si sarebbero serviti, invece, di un pescatore che, dietro la promessa di condurre tra i monti i suoi giovani figli, li avrebbe aspettati in un’insenatura di sua conoscenza, poco lontano dalla città ma abbastanza distante perché non potessero essere visti mentre si avvicinavano. Da lì, si sarebbero poi diretti verso le mura, nascosti su una barca che era stato loro assicurato essere grande a sufficienza e sarebbero quindi sbarcati nei pressi del canale di scolo, che avrebbero utilizzato per infiltrarsi nell’abitato. L’ordine, per quanto strano, era quello di recuperare una pattuglia inviata giorni prima in perlustrazione, di cui non si aveva più ricevuto notizia. Tutti sapevano che non c’erano speranze di sopravvivere, una volta catturati e che, anche qualora ce ne fossero state, si avrebbe preferito morire piuttosto che rivelare dettagli pericolosi al nemico. Del piccolo manipolo, infatti, checché se ne sapesse, nessuno aveva mai avuto il dubbio piacere delle patrie galere; solo alcuni dei più anziani ed alti in grado, si diceva, erano riusciti a cavarsela dopo essere stati arrestati, e questo perché, fortuitamente, avevano trovato il modo di fuggire prima che i metodi di persuasione diventassero, da cattivi, molto cattivi.
Quell’uomo, lo avevano già incontrato. Si era inoltrato nelle campagne verso i monti, con la scusa di andare a trovare un lontano parente, girando alla cieca nella speranza di incontrare qualche banda partigiana. Molto pericoloso e molto sciocco da parte sua. Avrebbero potuto seguirlo, avrebbero potuto tranquillamente verificare l’esistenza di questo suo fantomatico congiunto e, pensandoci, proprio così potevano aver fatto sebbene, ci sarebbe da chiedersi, non si capiva come mai lo avessero lasciato in vita, né si erano approfittati della situazione per attaccare i ribelli. In ogni caso, così accadde e lo incontrarono proprio mentre si accingevano a sostare; per poco non lo facevano fuori nel dubbio che fosse il nemico. Un uomo trasandato e spaventato era parso il giorno prima, un uomo trasandato e spaventato con una strana luce negli occhi, era apparso invece dietro gli arbusti e alle rocce che celavano l’approdo. Sorprendentemente, la barca “grande a sufficienza” era una chiatta, già in parte carica di merci, probabilmente usata lungo i canali che portavano l’acqua alla zona coltivata. Certo, il fondo piatto era sicuramente adatto a far fronte al basso fondale sotto costa ma come avrebbe potuto resistere un’imbarcazione del genere alle correnti oceaniche e al forte riflusso di quel tratto? La risposta fu presto chiara a tutti: poco lontano, legato alla barca da una lunga alzaia, c’era un robusto cavallo da tiro. Il piano era semplice: loro si sarebbero nascosti sul ponte, tra le merci, ben celati sotto un pesante telo cerato e l’uomo, invece, sarebbe rimasto a riva, per fare da alatore. Se per caso lo avessero fermato lungo il percorso, egli avrebbe semplicemente risposto che stava trasportando merci al porto cittadino, cosa per altro vera, tacendo sul singolare sovraccarico che, viste quelle che si son dette essere le condizioni marittime del posto, non avrebbero quasi certamente insistito per controllare. Lo zelo delle guardie di pattuglia s’era di fatti rivelato piuttosto scarso ed ebbero quindi vita facile sino al loro obiettivo. Prima di entrare nella fogna, si guardarono a vicenda e poi, tutti insieme, verso il cielo: era il tramonto, ce l’avevano fatta, avevano terminato la prima metà dell’operazione. Ora, però, rimaneva quella più difficile e non c’era tempo da perdere. Tornarono a concentrarsi e, uno dopo l’altro, s’infilarono nelle acque luride che uscivano dalla città.

**
La salita sembrava meno faticosa a guardarla: passo dopo passo, il giovane si inoltrò nella copia in miniatura della cinta muraria esterna. Essa, circondava in toto lo sperone e non serviva tanto a proteggere il palazzo, che pure non era mai stato attaccato, quanto più per scoraggiare chiunque avesse l’idea balzana di inerpicarsi sulle già impraticabili pareti rocciose. Il sentiero era tortuoso, difficile, non agevole, ogni pochi metri una guardia; in fondo, sempre più imponente, il muro che tagliava orizzontalmente il percorso, separando la corte esterna, in cui si trovava, da quella interna, a cui era diretto. Superò quasi timoroso la grata d’acciaio che faceva da porta, quasi come se, tutto d’un tratto, potesse animarsi ed impalarlo al suolo, per punirlo della sua insicurezza. Una volta entrato, ciò che gli si aprì agli occhi fu uno spettacolo inatteso: alla sobrietà e alla rigidità marziale che dominava il tratto precedente, con i suoi piantoni, le torri a intervalli regolari, il camminamento di ronda, le postazioni per l’artiglieria, persino l’erba era curata in maniera anonima, regolare, uniforme; dentro, era tutto completamente diverso. Di fronte a sé, la statua, rivolta verso destra, studiata per raggiungere un’altezza tale che il sole, sorgendo, colpisse con i suoi raggi attraverso le feritoie direttamente il volto di Lui, a cavallo del suo destriero, pronto a raggiungere il futuro. L’oro del rivestimento, il marmo della base, il bronzo della targa: era quello il Monumento della Gloria, sotto, nessuno. Alla sua sinistra, proseguì l’ispezione, addossata ad un angolo del perimetro, come un bubbone che spunti da esso, c’era la caserma, alloggio e quartier generale delle forze armate, posta strategicamente per servire e proteggere Lui nel minor tempo e con la maggiore efficienza possibile. Infine, proprio dietro al monumento equestre, s’innalzava il palazzo, dimora eccelsa, fulgido esempio di come l’arte, l’architettura, la bellezza e la funzionalità si possano fondere insieme alla percezione per dar vita allo sgomento, al timore più sacro ed intenso. Cento discorsi non sarebbero sufficienti a dare l’idea di quel che si ritrovò d’innanzi quel giorno. Ora capiva, il ragazzo, come mai si dicesse che ognuno lo vedeva in maniera diversa, che addirittura questo cambiasse a seconda dell’osservatore, perché causava a guardarlo un tale sconvolgimento interiore che non si era più sicuri di quel che si aveva visto e ognuno lo interpretava secondo la propria maniera di concepire la realtà.

**

Era più di un quarto d’ora che s’ciacchettavano in quella melma maleodorante, chini in cunicoli stretti in cui persino i topi sarebbero entrati solo dopo attenta riflessione. Se fossero tornati a casa, certamente l’avrebbero raccontata in maniera diversa, l’avventura, magari propendendo per battaglie campali dove ciascuno di loro aveva combattuto valorosamente dieci uomini in campo aperto, sotto il fuoco impietoso dell’artiglieria pesante. Purtroppo, così era finita: immersi negli escrementi di gente che, per come li considerava, non avrebbero saputo distinguere da ciò che avevano prodotto, neanche se li avessero visti insieme. Il passo rimase rapido e costante, il percorso, viste e considerate le condizioni claustrofobiche che lo caratterizzavano, sembrava non finire mai. Rallentarono soltanto più tardi, nei pressi di una scala che doveva sbucare in un angolo della corte interna: il rischio di rimanere circondati era estremamente alto e se ne sarebbero anche preoccupati se non fosse stato ancora maggiore il rischio di rimanere uccisi in ogni caso, accerchiati o meno. Ricevettero l’ordine di rimanere, in numero di metà, a tener aperta la via di fuga, qualunque cosa dovesse accadere e poi salirono, i prescelti, lungo quei gradini viscidi e puzzolenti che, per chi rimaneva là sotto, conducevano alla luce del sole morente ma, per chi li aveva impegnati, sembravano condurre soltanto a nuovi problemi e la luce del sole non sembrava poi così invitante.

**

«Sei puntuale»
Come al solito, era un’affermazione.
Quelle parole lo riscossero dalla trance in cui sembrava essere caduto, per poi paralizzarlo immediatamente dopo, nell’istante necessario a riconoscere la voce che le aveva pronunciate.
«Sorprendentemente, sei ancora insicuro»
Notava una punta di sarcasmo.
Si girò e se la vide davanti, lei, con quel suo cavolo di passo felpato che se fosse riuscito a sentirlo una volta avrebbe potuto morire felice.
Dunque era lei che avrebbe incontrato, forse che si trattava della stessa persona che si sarebbe occupata del suo lavoro?
Ne dubitava, era un’idea talmente balenga che anche lui non poté considerarla sul serio. Ma dunque?
Era sul punto di chiedere chiarimenti proprio riguardo al biglietto del giorno prima quando, con suo sommo spavento, vide aprirsi un passaggio in un pertugio semi nascosto, là dove non avrebbe immaginato esserci altro che terreno. Ne uscì un uomo, sui trentacinque, sembrava, e dico sembrava perché era talmente coperto, tra barba e vestiti, che se anche ne avesse avuti cinquanta non si sarebbe notato più di tanto, lui, e a seguire un piccolo gruppo di persone armate che subito gli si schierarono dietro.
«È lui?»
«È lui», rispose lei, mentre l’oggetto di cotanta discussione, se ne restava lì, impalato, esterrefatto all’idea che si potesse parlare tanto spontaneamente con un individuo uscito dal nulla e che, per giunta, doveva essersi rotolato nel letame apposta per l’occasione.
«Ma, ne sei sicuro?»
L’uomo la guardò un istante, e per tutta risposta allungò una mano ad afferrare il ragazzo per il braccio quando, all’improvviso, una forte luce colpì gli astanti.
Subito, tutto quanto si potesse puntare fu puntato; lui, il nostro, sempre in mezzo ai due di prima, con la mano del barbuto ancora avvinghiata alla sua manica, non capiva bene dove si potesse farlo, né tantomeno come, visto il buio che ormai stava scendendo e il forte bagliore che gli veniva diretto in faccia. Ci volle qualche secondo perché la vista, incominciando ad abituarsi, poté scorgere una serie di ombre sui tre lati di camminamento che li circondavano. Non essendo molto alti, su quello occidentale la luce, che in parte vi arrivava, aveva illuminato quel tanto che bastava della loro uniforme, si era riflessa a sufficienza sulle loro armi, per capire che non erano affatto ombre ma soldati. Alla fredda determinazione di questi, si contrapponeva la pallida tensione, a tratti febbricitante, di quelli che si accorse essere nient’altro che ragazzi, lì, in mezzo al cortile, probabilmente alla prima battaglia.
«Ci rivediamo»
Una sagoma si stagliò davanti al riflettore.
«Tu!?»
Rispose l’uomo barbuto.
«Io. Non sei contento di rivedermi?»
«Sarò contento il giorno che potrò non rivederti più. Tu sei morto per me, ricordi? Morto!»
«Suvvia, ancora con questa storia? Non credi che sarebbe ora di dimenticare il passato? Guarda, ti ho pure portato un regalo! E poi, fare scene del genere di fronte alla tua prediletta, non è vero, s…?»
«Sfruttata!», intervenne la donna «Sfruttata e nient’altro! Tu lo sapevi, tu mi hai usata per i tuoi porci c…omodi»
Ma l’ultimo fu poco più di un sussurro, la voce le morì in gola quando vide sfilare davanti alla sagoma una serie di persone che avevano tutta l’aria di aver passato dei giorni difficili. Gridavano nei loro bavagli mentre venivano disposti ciascuno davanti a un soldato.
«Che boccaccia», disse lo sconosciuto quasi benevolmente, «Ti pare questo il linguaggio adatto a una signora? E poi, vi devo ancora mostrare il mio regalo, non volete vedere di cosa si tratta?»
L’uomo barbuto digrignava i denti, la donna sembrava aver perso momentaneamente il suo solito glaciale contegno mentre il nostro giovanotto pensava che non fosse il momento ideale per farsi prendere dalle emozioni, tanto più che risultava essere pericolosamente vicino ai bersagli dell’imboscata, né sapeva se tra quei bersagli era compreso pure lui.
A un certo punto, dei tre, mentre veniva dato l’ordine di puntare, il primo lanciò una fugace occhiata alla botola da cui era uscito insieme ai suoi compagni.
«Non penserai di servirti degli uomini che hai lasciato di guardia là sotto, non è vero? Sarebbe inutile e poi, moriresti ancora prima di aver dato l’ordine»
Allo stupore che si dipinse sui volti nel cortile, fece da equo contrappeso la risata della sagoma.
«Pensavi davvero che non fossi a conoscenza di un passaggio che sbucasse proprio nel mio giardino? Quello, l’ho fatto costruire io. È bastato far circolare la voce che fosse antico e darvi l’impressione che non ci fosse nessuno a controllarlo. Siete stati proprio bravi a fare come avevo previsto»
A quel punto sotto alla massa di vestiti e sporcizia si dipinse qualcosa di molto simile alla rassegnazione: non c’era tristezza nei suoi occhi, né rimpianto, solo tanta rabbia e una grande malinconia. Guardò quelli che dovevano essere i suoi uomini, pensò il ragazzo, i tizi catturati giorni prima che, però, non ricambiavano la sua nobiltà d’animo, erano disperati. Li guardava, e li capiva, non c’era bisogno di perdonare, non c’era bisogno di ringraziare, non c’era bisogno di niente se non di quello sguardo che li colpiva dritti agli occhi.
L’ordine fu dato ed essi caddero.

 
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7 replies since 12/2/2011, 23:34   77 views
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