Schegge di Diamante, - I -

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92albe
view post Posted on 13/1/2011, 15:38




Schegge di Diamante è il racconto di apertura dell'omonima raccolta, un'antologia che raccoglie quasi una ventina di storie drammatiche dalla lunghezza e dinamiche più disparate.
Il racconto - qui postato il primo capitolo - è una storia breve suddivisa in cinque parti (gli altri li posterò non appena conclusi). Ogni parte è raccontata da un diverso interlocutore e quindi anche lo stile cambia di capitolo in capitolo (ecco perché questa prima parte può suonare a volte un po' aulica e ridondante).
Un'ultima cosa: il lavoro è ancora in bozza, ma volevo postarlo per sentire le vostre opinioni e critiche.

infine. Io gioco molto sul carattere (corsivo, rientri, allineamento sinistra-destra-centro), cosa che non riesce a trasparire copia-e-incollando qui sul blog. Vi invito, se volete, a leggere il racconto QUI, dove a mio parere lo sfondo bianco, il giusto allineamento e il lavoro studiato del corsivo è stato applicato. Buona lettura (:


Schegge di Diamante

– I –


Se c’è una cosa che ricorderò per sempre, è senza alcun dubbio il silenzio.
Questo silenzio: ossessivamente vuoto, infrangibile, onnipresente; pare trascinarmi nei meandri di una voragine senza fine, sembra scavare in me una lacerante e sempre più profonda frattura. Senza sosta mi sento frantumare al mio interno; lucido comprendo che la ferita in questione non sarà mai in grado di rimarginarsi, che già mille voci, e mille pensieri, e mille ricordi, ne perpetueranno la guarigione.
Qui dunque mi chiedo: che cos’è realmente il silenzio? Non riesco a capire come io possa pretendere di comprenderlo se non ho mai provato a rifletterne attentamente al riguardo. Dopotutto, chi mi credo di essere per esigere di poter analizzare il Silenzio in ogni sua forma e manifestazione? Come posso vagamente descrivere come esso riesca ad avvolgermi nella sua infinita, irrazionale, assoluta presenza?
Se qualcuno lo chiedesse a me, cos’è il silenzio, risponderei semplicemente: no, il silenzio non è. Il silenzio non è un’entità, non ha spirito, non è un’emozione; non lo si può toccare, o assaporare, non lo si ode, non lo si ammira: talora è così opprimente, così intenso, così puro, che a fatica lo si può realmente percepire. Un attimo di assoluto silenzio passa a volte inosservato: quasi non fosse mai stato presente, quel momento di perfetto nulla si dissolve, svanisce, e di fatto muore; senza mai essere esistito, senza mai essere ricordato, senza mai essere vissuto.
Alla fine dei conti, più ci ragiono e più comprendo che il silenzio è mancanza; non voglio esser frainteso: non parlo di carenza di udito, non parlo di sordità. Il suono è un concetto quasi paradossale, perché esiste solo se testimoniato: un albero, crollando sotto i colpi inarrestabili di una tempesta, non produrrebbe nient’altro che vibrazioni e spostamenti d’aria se non vi fosse chi ne percepisse e rielaborasse i caotici risuoni, i frastuoni, le deflagranti dinamiche.
Quindi, di che cosa la quiete è mancanza? Se dovessi rispondere, affermerei che questo silenzio è semplicemente mancanza di lei. Ed è proprio per questo motivo che la mia esistenza si è trasformata da tempo in un’inefficace corrispondenza fra me stesso e il mondo: assidua forse, ma senza alcun dubbio trascurata, di certo non voluta; la mia vita ricorda vagamente una lettera, magari scritta e mai spedita, oppure abbandonata ad ardere sopra alla flebile fiamma di una candela rovente.
Se c’è una cosa che ricorderò per sempre, questa è senza alcun dubbio il silenzio; tutto il resto è destinato a svanire: lei, la sua amabile voce, il suo lento discutere, la sua dizione curata. Ogni sua singola parola ha perso il suo inconfondibile timbro, e il vuoto che ne è rimasto riecheggia aspro e indesiderato fra i miei pensieri.
Anche la delicata sensazione che percepivo al contatto della sua liscia pelle contro la mia ha adagio perso calore; il fluente battito regolare del suo cuore ha cessato improvvisamente di scandire il ritmo delle mie giornate; per ultimo, dopo tante e sofferte lacrime, anche l’immagine del suo volto ha perso vigore, e si è lasciato sommergere dalle torbide acque della mia memoria più tetra.
Tutto scompare nei sinuosi labirinti della mente, dove il tempo inghiottisce anche ciò a cui siamo maggiormente legati: nei miei ricordi – sebbene la sua ombra sia ancora presente e il suo profumo ancora avvolgente – la sua forma ha già preso a sbiadirsi, le sue sembianze già vagamente disperse. Per sempre?
Per sempre.
Persiste la pioggia: dapprima, leggera e rinfrescante; poco a poco, sempre più fitta e opprimente. Il clima rigido mi comprime i polmoni, il viso pallido accoglie il vano tepore di un sole che pare ormai freddo, le papille pregustano un apparente e amaro aroma risalire la gola infiammata; e d’un tratto non è più primavera. Non lo è più.
I temporali si sono fatti sempre più numerosi col passare dei giorni; questi ultimi, con il passare delle settimane, sono diventati sempre più brevi e sempre più bui. Anche il campo di melograni è morto da tempo, e le fronde denudate paiono sempre più simili alle loro contorte radici: tutto d’intorno, la galaverna ha oramai divorato il terreno, stringendo nella sua morsa ogni stelo d’erba che ancora non s’era rassegnato ad appassire.
Ed è proprio il trascorrere impassibile del tempo che per pochi istanti mi distrae dal mio estenuante soggetto di veglia, facendomi pian piano sovvenire una questione: tutto cambia? E si susseguono i più disparati ragionamenti filosofici al riguardo, contemplando ogni pro che possa contrastare ogni contro, senza che nessuno schieramento riesca mai ad imporsi pienamente sull’altro.
E mi accorgo che, no: nulla cambia. Perché mese dopo mese, stagione dopo stagione, incredulo ancora persisto a porgermi al cospetto di una gelida lapide; e per l’ennesima volta ne analizzo, identifico e distinguo ogni singola sfumatura di grigio su grigio, di quelle che apparirebbero tali l’un l’altra anche all’esame del cesellatore più impeccabile.
Leggo il suo nome una prima volta, ormai quasi per monotona ed ordinaria abitudine; lo rileggo un’altra volta ancora, ora però con più passione: per un istante, il lieve timore di poterne dimenticare la pronuncia mi massacra il cuore.
Mary Elizabeth Kimmer. Riposi in Pace.

Osservo il vaso diroccato posto sulla destra della lapide: per qualche attimo rifletto su quanto quel marmo – scheggiato e scalfito dallo scorrere dei decenni – somigli alla mia vita. Ammiro distratto le rose rubino contenutevi all’interno della giara; essiccate dalle rigide temperature, le svampate venature violastre si diramano lungo i pochi boccioli rimasti: così come ogni altra cosa al mondo, la loro essenza vermiglia è da tempo andata smarrita. Tremano gli steli al perturbarsi del vento, quasi rimpiangessero quei petali consunti che giorno dopo giorno si staccarono dalle loro articolazioni, si lasciarono trascinare dal vento, e lontano si lasciarono crollare al suolo. Senza destino.
Come ogni giorno mi riprometto di posare l’ultima delle rose, poi lentamente mi allontano; è in questo momento che il Silenzio stesso pare fissarmi. Sepolta da un delicato strato di neve, abbandono alle mie spalle qualche impronta e con essa il melanconico battito di un cuore spezzato.
 
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Lia.
view post Posted on 13/1/2011, 16:33




CITAZIONE
Un attimo di assoluto silenzio passa a volte inosservato: quasi non fosse mai stato presente, quel momento di perfetto nulla si dissolve, svanisce, e di fatto muore; senza mai essere esistito, senza mai essere ricordato, senza mai essere vissuto.

Questa frase è quella che mi ha trasmesso di più e che ho preferito. E' impregnata di emozioni e per qualche attimo mi ha tolto il fiato.
CITAZIONE
Persiste la pioggia: dapprima, leggera e rinfrescante; poco a poco, sempre più fitta e opprimente.

Dopo "dapprima" e "poco a poco" le virgole non ci stanno secondo me, rallentano troppo la lettura.

CITAZIONE
le papille pregustano un apparente e amaro aroma risalire la gola infiammata; e d’un tratto non è più primavera. Non lo è più.

"No, non lo è più." Secondo me suona meglio se aggiungi quel "no", ma è questione di gusti.

CITAZIONE
Ammiro distratto le rose rubino contenutevi all’interno della giara; essiccate dalle rigide temperature, le svampate venature violastre si diramano lungo i pochi boccioli rimasti: così come ogni altra cosa al mondo, la loro essenza vermiglia è da tempo andata smarrita.

In "contenutevi" il "vi" deve andare via e deve restare solo "contenute", dato che prima hai già precisato il soggetto.

CITAZIONE
si lasciarono trascinare dal vento, e lontano si lasciarono crollare al suolo.

Ripetizione di "lasciarono".

Passiamo al contenuto. Mi è piaciuto il fatto che all'inizio non si fosse capito che lei fosse morta, e la storia in sé mi piace. Il fatto che il protagonista non riesca a dimenticare del tutto la ragazza, anche se la sua immagine sta sbiadendo, è un dettaglio originale infilato in una storia che ho già letto abbastanza volte.
 
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92albe
view post Posted on 13/1/2011, 19:35




CITAZIONE (Lia. @ 13/1/2011, 16:33) 
CITAZIONE
Un attimo di assoluto silenzio passa a volte inosservato: quasi non fosse mai stato presente, quel momento di perfetto nulla si dissolve, svanisce, e di fatto muore; senza mai essere esistito, senza mai essere ricordato, senza mai essere vissuto.

Questa frase è quella che mi ha trasmesso di più e che ho preferito. E' impregnata di emozioni e per qualche attimo mi ha tolto il fiato.
CITAZIONE
Persiste la pioggia: dapprima, leggera e rinfrescante; poco a poco, sempre più fitta e opprimente.

Dopo "dapprima" e "poco a poco" le virgole non ci stanno secondo me, rallentano troppo la lettura.

CITAZIONE
le papille pregustano un apparente e amaro aroma risalire la gola infiammata; e d’un tratto non è più primavera. Non lo è più.

"No, non lo è più." Secondo me suona meglio se aggiungi quel "no", ma è questione di gusti.

CITAZIONE
Ammiro distratto le rose rubino contenutevi all’interno della giara; essiccate dalle rigide temperature, le svampate venature violastre si diramano lungo i pochi boccioli rimasti: così come ogni altra cosa al mondo, la loro essenza vermiglia è da tempo andata smarrita.

In "contenutevi" il "vi" deve andare via e deve restare solo "contenute", dato che prima hai già precisato il soggetto.

CITAZIONE
si lasciarono trascinare dal vento, e lontano si lasciarono crollare al suolo.

Ripetizione di "lasciarono".

Passiamo al contenuto. Mi è piaciuto il fatto che all'inizio non si fosse capito che lei fosse morta, e la storia in sé mi piace. Il fatto che il protagonista non riesca a dimenticare del tutto la ragazza, anche se la sua immagine sta sbiadendo, è un dettaglio originale infilato in una storia che ho già letto abbastanza volte.

grazie, ho controllato tutte le note che hai lasciato e le ritengo tutte molto valide; ne terrò conto quando editerò il capitolo.
Per quanto riguarda l'originalità della storia; sì, la morte di una ragazza è un soggetto non molto banale, ma questo capitolo ha solo uno scopo introduttivo: i prossimi capitoli (almeno, così li ritengo io) saranno più originali.

grazie mille ancora!
 
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2 replies since 13/1/2011, 15:38   25 views
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