Il taccuino del Dottor Watson

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Alessandro Napolitano
view post Posted on 7/12/2010, 19:44




Racconto di Alessandro Napolitano con i personaggi di Arthur C. Doyle
Disegno di Roberta Guardascione


Il taccuino del Dottor Watson


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Antefatto

Un mio amico ama ripetermi: "Il collezionista deve tener duro laddove gli altri si arrendono".
La mia passione è rivolta agli autori padri della letteratura fantastica e vi confesso che spesso mi ritrovo a spulciare tra le bancarelle dei mercatini, alla ricerca del pezzo da collezione.
Una ricerca minuziosa che nell'aprile del 1999 ha prodotto i suoi frutti: un taccuino dalla copertina di cuoio rosso, vergato con inchiostro nero e firmato John H. Watson.
Il taccuino, acquistato per diecimila lire, è stato analizzato pochi mesi dopo il suo ritrovamento da D. Estleman e N. Meyer, esperti holmesiani. I due studiosi non hanno avuto dubbi, quanto da me acquistato è stato giudicato autentico. Il taccuino contiene semplici note del Dottor Watson, pensieri sparsi, alcune poesie, disegni e il resoconto che vi propongo (denominato "Rivelazione") scritto esattamente centoquattordici anni fa e da me tradotto in italiano. Lo scritto narra dell'incontro tra il medico-scrittore e il professore James Moriarty, da tutti riconosciuto come il responsabile della morte di Sherlock Holmes.
Oggi, per mio volere, il taccuino del Dottor Watson è tornato in Inghilterra ed è esposto alla National Gallery di Londra.
"Il collezionista deve tener duro." dice un mio amico.
Nulla di più vero!

Alessandro Napolitano
Roma, 11 Settembre 2009


Rivelazione - di J. H. Watson


Mi sono deciso a trascrivere queste poche righe, e spero che la loro rilettura possa alleviare il peso che avverto al cuore e che rischia di frantumare le mie emozioni. Il mio è un malessere crescente e ho bisogno che questo tentativo di esorcizzare i fatti accaduti, si tramuti per me in una fonte di sollievo. Solo l'Onnipotente può sapere quanto ne ho bisogno.
Ciò premesso, prometto a me stesso che mai queste parole troveranno la benché minima pubblicazione. Il contenuto di quanto segue non è frutto della mia fantasia, nessuna delle informazioni che seguiranno sul conto del mio amico Holmes può essere verificata. E la cosa grave, è che penso sia meglio così.
Il dubbio è un animale invisibile, lavora con perizia nell'animo umano, sconvolge le certezze assolute e infine piega la ragione. Per questo sto scrivendo, per cacciare quell'animale dalla mia testa, per soffocare il costante bisbigliare che tormenta le mie orecchie.

Un mese fa, Sherlock Holmes ha trovato la morte tra le Alpi svizzere, precipitando dalle cascate del Reichenbach, avvinghiato al più pericoloso criminale dell'ultimo secolo: James Moriarty.
Una morte orrenda, "necessaria" aggiungerebbe Holmes, visto che l'avrebbe condivisa con il suo acerrimo nemico. Poi, dieci giorni fa, mentre ancora piangevo la fine di quel genio che ho avuto l'onore di chiamare amico, mi è stato fatto recapitare un biglietto anonimo in cui venivo invitato a recarmi alla clinica Gaster Fell, alle porte di Londra. C'era un pacco di cartone a seguito della missiva, conteneva ciò che mai avrei sperato di ricevere: il copricapo di Sherlock Holmes.
Ho pensato, e confesso, urlato al miracolo. Che il mio amico ce l'avesse fatta? Che fosse riuscito a scampare alle acque gelide della cascata? Dio sarebbe stato così glorioso da restituirmi Holmes?
Quel berretto eccentrico che stringevo tra le mani, sprigionava una forza indescrivibile: il genio aveva battuto la morte ed era tornato tra noi.
Alle dodici e trenta dello stesso giorno entrai nella clinica Gaster Fell e le speranze di riabbracciare Holmes si infransero come il vetro di un bicchiere che cade al suolo. Nella camera 110, ad aspettarmi sdraiato sopra una lettiga d'ospedale, c'era un uomo magro, circa cinquanta anni, denutrito, calvo, pallido come la cera, ma con occhi vivi, neri corvino, attenti a ogni mio movimento.
— Sapete chi sono? — Domandò l'uomo con un filo di voce.
— No, Signore.
Mi rendo conto solo ora di quanto siano state stupide quelle parole. Avevo tra le mani il cappello di Sherlock Holmes e solo un'altra persona, diversa da lui, sarebbe stata in grado di recapitarmelo.
— Voi siete il professore Moriarty. — esclamai stupefatto.
Non ebbi risposta, non ce ne fu bisogno.
Devo aver sussultato e gridato tutta la rabbia che ebbi in corpo, mi sono avventato sopra quel criminale con la forza di un toro e con l'intenzione di ucciderlo. A fermare la mia furia incontrollata, mio sconosciuto lettore, fu lo sguardo magnetico di Moriarty: avvertii una forza indicibile sprigionarsi dai suoi occhi, capace di esaurire in un colpo solo tutta la mia forza.
— Non volete conoscere il motivo per cui vi ho convocato qui, Dottore?
Tenevo stretti i polsi del criminale, incapace di proferire una sola parola.
— Non volete sapere il motivo per cui io, il malfattore, ho sempre dato la caccia a Sherlock Holmes e mai è avvenuto il contrario?
La voce di Moriarty, affascinante e terribilmente sensuale, sarebbe stata capace di ipnotizzare qualsiasi platea.
— So bene, — continuò — che Holmes vi ha inviato una lettera poco prima che ci scontrassimo a Reichenbach. Gli ho concesso la possibilità di spiegarsi, di raccontare il motivo per cui lo braccavo e di lavarsi la coscienza. Mi disse che avrebbe confessato il suo terribile segreto. Ma a quanto pare non l'ha fatto, non ha avuto il coraggio di rivelarsi per ciò che era.
Allentai la presa e i suoi polsi sgusciarono lontani; cercai un filo logico nelle parole di Moriarty, una spiegazione razionale alle parole che stavo udendo.
— Holmes mi ha scritto, mi ha raccontato che razza di furfante siete, questa è l'unica…
— Certo, — m'interruppe — conosco il contenuto di quella lettera, ho persone che lavorano per me alle poste centrali, non è stato difficile leggere il contenuto di quella missiva. Vi assicuro dottor Watson: Sherlock Holmes non ha fatto il minimo accenno alla scomoda verità che lo riguarda.
— Ma di cosa parlate?
— Parlo che il grande eroe, l'investigatore celebrato nei suoi racconti e acclamato in tutta Europa, altro non è che un codardo e un assassino.
— Come osate?
Non ricordo altro episodio in cui mi vidi costretto a colpire un uomo evidentemente malato. La mia mano scattò rapida e terminò la corsa sul volto di Moriarty.
Anche in questo caso, il professore non ebbe la benché minima reazione. Si passò la mano sulle labbra, e continuò a raccontare.
— Conobbi Holmes dieci anni fa, per via di mia sorella Pamela. Lei aveva compiuto vent'anni, era una ragazza malata, soffriva di dolori alla testa, sveniva frequentemente, sfioriva ogni giorno che passava. Solo Sherlock Holmes, con le sue storie al limite del paradossale, sembrava capace di distrarla. Nostro padre non vedeva di buon grado l'amicizia tra i due, e neanche io a dire il vero. Ma la felicità di Pamela era il mio unico interesse. Una sera acconsentii a farla uscire di nascosto, sapendo che si sarebbe incontrata con Holmes alla spiaggia di Exeter. Mio padre non si lasciò ingannare; accompagnato da quattro amici li sorprese alla spiaggia. Io arrivai pochi minuti dopo, spaventato da quello che mio padre avrebbe potuto fare accadere.
Gli occhi di Moriarty s'inumidirono, un lieve porpore macchiò il volto pallido. Fece una pausa, e quando ebbe ritrovata la concentrazione, proseguì: — Holmes, vedendosi in trappola, prese mia sorella e salì sopra una barca di legno abbandonata sulla riva. Il mare era mosso, remarono per qualche minuto mentre gli uomini cercarono di raggiungerli a nuoto. Un'onda ha sorpreso Pamela; vedo ancora il suo corpo esile oscillare nella barca e perdere l'equilibrio. È caduta in acqua, non l'ho più rivista viva.
Ancora oggi la sento urlare il nome "Sherlock Holmes", il vostro grande eroe. Lo supplicava di andarle in soccorso e salvarla, finché non ha più avuto la forza di lottare ed è annegata. Sherlock Holmes è rimasto sulla barca, al sicuro, condannandola a morte. La corrente del mare e le onde hanno favorito la fuga di quel codardo.
Il professore non piangeva più. Per la prima volta da quando ero entrato nella stanza spostò lo sguardo lontano dai miei occhi.
— E io ho annegato lui.
— Non può essere vero, Holmes non si sarebbe mai tirato indietro. — balbettai.
— Dottor Watson, si è mai chiesto il motivo per cui Holmes non si avvicinava mai a una donna? E quel disperato bisogno di eroina, secondo lei, quali urla deve placare? E quando il vostro grande eroe…
Non riuscii ad ascoltare altro, scappai di corsa dalla stanza, stravolto. Un'ora più tardi, denunciai alla polizia la presenza di Moriarty alla clinica Gaster Fell. I poliziotti accorsero sul posto, ma del criminale non c'era più traccia.
Ho fatto l'unica ricerca possibile: James Moriarty aveva effettivamente una sorella, Pamela, morta nel 1884, annegata davanti a Exeter. Troppo poco per sospettare di Sherlock Holmes, abbastanza per tormentare tra le mani il suo cappello.

John H. Watson
Londra, 11 Settembre 1894







 
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Giovanni Pili
view post Posted on 7/12/2010, 19:56




Penso che Arthur C. Doyle ti ringrazierebbe, visto che odiava a morte (e dico "a morte") il suo personaggio più famoso, che distoglieva l'attenzione sulle altre sue opere.
 
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Samanta Sonaglia
view post Posted on 7/12/2010, 22:02




Thò! Proprio oeri ho finito di leggere il primo racconto della saga! ^_^
Anyway, è scritto molto bene Alex, e l'idea di vedere per una volta il temerario Sherlock nelle vesti di un codardo, è davvero apprezzabile, complimenti. :)
Solo una cosa:
CITAZIONE
— E io ho annegato lui.

L'ausiliare che regge il verbo annegare non è l'essere? Io sono annegato mi suona più corretto.
 
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Alessandro Napolitano
view post Posted on 7/12/2010, 23:26




Lasciatemi ringraziare tutte le persone che hanno dedicato e dedicheranno un poco del loro tempo alla lettura del racconto.

@ Giovanni: già, il buon Doyle non vedeva di buon occhio Sherlock, come dargli torto? Magari era anche un filo geloso per tutta la simpatia che l'investigatore riusciva a catalizzare.

@ Samanta: grazie per l'apprezzamento. Spero sia piaciuto anche il disegno di Roberta.
Senza dubbio "annegare" è retto da essere.
Nel pezzo che hai citato, Moriarty parla con Watson e riferendosi a Holmes (mamma mia che intreccio :D) dice: "E io ho annegato lui"
Forse sarebbe più chiaro un "E io l'ho annegato". Ma la sostanza non cambia.
Oh, se sto prendendo un abbaglio chiedo scusa in anticipo... sono cotto dal sonno!

 
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Samanta Sonaglia
view post Posted on 7/12/2010, 23:31




Ops! L'abbaglio l'ho preso io, scusa! In realtà a quella frase ci avevo letto un 'con' inesistente! :hoho:
Avevo letto 'e io ho annegato con lui' :hoho: sorry, a volte mi succede. In effetti, in un racconto scritto in maniera eccellente mi pareva strano uno svarione del genere! Ma l'avevo attribuito alla distrazione... ancora scusa :shy:
 
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lagrandefame
view post Posted on 8/12/2010, 12:00




CITAZIONE
Ho fatto l'unica ricerca possibile: James Moriarty aveva effettivamente una sorella, Pamela, morta nel 1884, annegata davanti a Exeter. Troppo poco per sospettare di Sherlock Holmes, abbastanza per tormentare tra le mani il suo cappello.

Finale significativo: codardo, "assassino" e tormentatore dell'amico più fedele. Il crollo verticale di un eroe. Ma chi conosce un po' le storie di Sherlock, sa bene che probabilmente celava misteri e tormenti insopportabili, in questo racconto venuti alla luce quasi in modo toccante. Complimenti, soprattutto per averci messo Moriarty: solo lui poteva essere rivelatore.
 
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Alessandro Napolitano
view post Posted on 8/12/2010, 15:43




Ammetto di non essere un grande appassionato di SH.
Sì, l'ho letto da ragazzino, ho visto qualche film in televisione, ma nulla di maniacale. Per scrivere il racconto (il taccuino del dottor W. ha partecipato e vinto un piccolo concorso) mi sono dovuto documentare.
Tra le ricerche fatte, ho scoperto che Moriarty - pur essendo un personaggio di Doyle - apparirà pochissime volte nei racconti di Holmes. La vera fortuna del "Napoleone del crimine" la faranno le serie cinematografiche e i libri "apocrifi".
Inoltre, mi sorprese che mai Watson e Moriarty ebbero il piacere di guardarsi negli occhi. Da qui la scelta della trama.

Altro aneddoto per i curiosi di SH: Non saprei bene come, ma il taccuino del dottor W. è stato letto da un vero holmesiano. Intendo da uno stidioso dell'opera di Doyle.
Il tale mi ha rimproverato di aver fatto fare uso di eroina a Holmes, affermando che mai, in nessuno scritto, l'investigatore si fosse concesso a tanto. Cocaina (somministrata per via sottocutanea), morfina e oppio, sono stati i vizi di Sherlock.
Incassata la strigliata, mi è toccato ridocumentarmi e ho scoperto che l'eroina è stata ricavata per la prima volta nel 1898 (dall'oppio) e visto che holmes muore (con certezza) dopo il 1913, ci sono ottime possibilità che sia entrato a contatto con la droga. FFiuuu! :P
E gli ho pure risposto - al tale - che nel taccuino in mio possesso, nel mezzo di alcune frasi trascritte da Watson, ci sono prove inconfutabili di altre marachelle di Holmes!
:woot:
 
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Giovanni Pili
view post Posted on 8/12/2010, 16:32




Sapete che il personaggio di Holmes è veramente esistito? Con un altro nome ovviamente. Ed è morto poco prima di scoprire chi fosse Jack lo Squartatore. Doyle seguì i suoi seminari... facendo la sua fortuna; per quanto odiasse alla fine il suo personaggio.
La stessa cosa capita oggi a Camilleri con Montalbano.
 
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Samanta Sonaglia
view post Posted on 8/12/2010, 22:39




CITAZIONE (Giovanni Pili @ 8/12/2010, 16:32) 
Sapete che il personaggio di Holmes è veramente esistito? Con un altro nome ovviamente. Ed è morto poco prima di scoprire chi fosse Jack lo Squartatore. Doyle seguì i suoi seminari... facendo la sua fortuna; per quanto odiasse alla fine il suo personaggio.
La stessa cosa capita oggi a Camilleri con Montalbano.

E tu lo sai che Robi è stato allievo di Camilleri? :woot:
 
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Giovanni Pili
view post Posted on 9/12/2010, 14:03




Basta... adesso tuo marito mi firma un autografo e me lo spedisce con dedica. :angry:
 
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lagrandefame
view post Posted on 9/12/2010, 17:39




CITAZIONE
E tu lo sai che Robi è stato allievo di Camilleri?

Svelato il mistero: allora è Roberto colui che si cela nelle vesti di Montalbano!
 
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Roberto Sonaglia
view post Posted on 9/12/2010, 19:02




Anche quando si parla di Holmes ci scappo fuori io?????
Anyway, il pastiche doyliano è delizioso, e all'altezza di quelli sfornati attualmente in giro (guarda caso abbiamo dato come premio per il concorso di poesia proprio un volume di racconti ispirati ai personaggi più famosi di Conan Doyle). Leggendolo mi era venuto lo stesso dubbio sul fatto dell'eroina, che hai abilmente confutato, in effetti, 'conoscendo' Holmes, la sua curiosità, la sua predilezione per gli oppiacei, un narcotico in odor di noveau difficilmente se lo sarebbe lasciato scappare.
Per quanto riguarda il rapporto dell'investigatore di Baker Street con le donne... dopo la batosta ricevuta da Irene Adler, vorrei vedere...
Un racconto gustosissimo, Alessandro, e non solo per gli estimatori del Conan Doyle 'poliziesco' (io prediligo quello fantastico, ma de gustibus...).
 
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-Elijah-
view post Posted on 17/11/2012, 00:25




Un bel lavoro... Solo che c'è un errore non trascurabile che ad alcuni Sherlockiani salterebbe subito all'occhio... Il biglietto è stato letto da Watson a Reichenbach, dopo che Holmes lo scrisse lì... Pertanto, é impossibile che Moriarty lo abbia ricevuto e letto dagli impiegati alle poste.
 
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12 replies since 7/12/2010, 19:44   157 views
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