Resistenza a La Ciofeca Reale III, Terzo capitolo

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lagrandefame
view post Posted on 21/8/2010, 10:32






CAPITOLO TERZO


La mezzanotte era trascorsa da cinquantadue minuti e trentasette secondi quando il tenente Pertusi sgusciò con espressione divertita dall'appartamento del pari grado Schifazzi. Avevano trascorso un'ora lieta tra caraffe di Ciofeca, barzellette del re e un programma tv sui profili psicologici delle depresse vacche magre.
Pertusi attraversò lentamente il vicolo Storto, salutò due militari di ronda, poi si fermò e pisciò contro un muro su cui c'era scritto: "La moglie del tenente Pertusi di minchie fa abusi". Non sembrò contrariato per l'offesa, piuttosto si domandò turbato chi, forse, spifferasse in giro le timide abitudini della sua signora e le sue stesse perversioni ciofecarie.
Riprese il cammino e giunse in piazza. Ormai l'espressione sollazzevole scomparve quasi del tutto dal suo volto. Ora era meditabondo, grattandosi spesso il pertugio delle verità nascoste e borbottando tra sé e sé qualcosa contro i maledetti sovversivi.
Passò dinanzi a "LA CIOFECA REALE" e di colpo s'arrestò. Ai suoi piedi vide un pacco blu cobalto che lo osservava sfidando la sua dormiente curiosità. Di solito il tenente Pertusi era poco propenso a scoprire il volto alle piccole casualità. Stavolta non fu così. Si accovacciò e prese il pacco, studiandone corrucciato la forma e le dimensioni. Poi lo aprì. Il contenuto non lasciava spazio a dubbi: caffè, e anche di ottima qualità, pensò il tenente lavorando di olfatto. Si rialzò e guardò dinanzi a sé. Le sue interiora ebbero un violento fremito e il suo pertugio sparò una verità nascosta. Si avvicinò barcollando alla saracinesca del bar e stette in ascolto. Non riusciva a sentire niente, ma era convinto che qualcosa all'interno stesse succedendo. Rimase a riflettere qualche minuto guardando ottusamente la confezione di caffè tra le sue mani callose, poi la lasciò cadere a terra e cominciò a dare poderosi colpi alla saracinesca.

- Ssssssst! Avete sentito? - chiese Barbozzi col caffè che prese ad uscirgli ancora caldo dalle orecchie.
I sovversivi fecero cenno che avevano sentito.
Linguazzi si alzò silenziosamente dalla sedia e si avvicinò alla saracinesca con espressione preoccupata. I colpi erano insistenti.
- Chi sarà, eh? - alzò la voce il barista.
- Faccia silenzio, Barbozzi! - urlò il professor Cazzimbocchio.
- Credo sia il tenente Pertusi - disse Linguazzi grattandosi la pancia sussultante.
Il tenente ora sproloquiava dall'esterno:
- Merdosi sovversivi, siete lì dentro, eh? Barbozzi, l'ho sempre sospettato che lei fosse un pezzente di rivoluzionario delle mie palle! La farò arrestare, la metterò sotto tortura, lo giuro! Mi fa schifo! La sua Ciofeca m'ha fatto sempre schifo! Le farò sputare merda da tutti i pori, la porterò al cospetto del re e le farò leccare il suo piscio come un cane! Barbozzi, apra questa stracazzo di saracinesca o sparo!
Pertusi non cessava di dare violenti colpi alla saracinesca.
Linguazzi corse nel deposito del bar e ne ritornò con diverse armi.
- Prendete queste, una volta aperta la saracinesca puntategliele contro. E' la resistenza. Barbozzi, apra! - ordinò il caporale sorridendo.
Il barista, con una pistola alla cintola, eseguì. Il professor Cazzimbocchio restava seduto e già puntava l'arma verso la saracinesca; Magnarozzi si nascondeva tremante alle spalle di Linguazzi; il parrucchiere Scappellazzi e altri due o tre si trincerarono sotto i tavolini non mollando le loro tazzine fumanti; il chitarromane uscì scapigliato dalla toilette, prese il suo strumento e lo brandì come una mazza da baseball pronto a colpire; la disegnatrice cacciò una tela dal deposito, pronta a riprodurre l'eroico evento.
La saracinesca venne lentamente sollevata e un esterrefatto Pertusi apparve agli occhi spiritati dei sovversivi. Si era dimenticato di sfoderare la sua enorme pistola e il suo evidente imbarazzo fu causa di generale ilarità. Era troppo tardi per reagire, si fece prendere e portare all'interno del bar afflosciando sconcertato le membra.
Fu sbattuto su una sedia e un paio di ceffoni del Barbozzi lo raggiunsero in pieno viso.
- Così impara ad offendere la gente perbene – disse Barbozzi sbavando caffè.
Il tenente si trovò davanti volti sconvolti che, schizzati, si prodigavano in vorticosi mutamenti d'espressione.
- Voi siete drogati! Siete strafatti! - urlò ansante.
- Si capisce, coglionazzo d'un tenente. Siamo fatti di caffeina fino al buco del culo - disse il professor Cazzimbocchio preso da convulsioni.
- Siete dei maniaci!
- E' meglio che faccia attenzione a quello che dice, tenente.
Pertusi guardò Linguazzi che gli aveva appena parlato.
- Linguazzi, che ci fa qui? Anche lei?
- Sì, anch'io.
- E' pazzesco. E' mostruoso. E'…
Barbozzi gli assestò un altro sganascione sul grugno.
Il professore, sghignazzando, portò una tazzina di caffè sotto il naso del prigioniero.
- Lo sente? E' puro caffè, una speciale miscela che ha elaborato il suo valoroso caporale Linguazzi. Un capolavoro. Sniffi, sniffi pure, ma con questa grande minchia che glielo faccio assaggiare. Per lei solo ciofeca a vita.
Pertusi provò a reagire.
- Io mi appello alla convenzione…
Schiaffete! Barbozzi era inesorabile con le sue enormi mani.
- Lei può soltanto appellarsi alla madonna delle ciofeche, esista o meno - riprese Cazzimbocchio - Ah, come sta la sua adorabile moglie? Ha avuto anche stasera la consueta bottarella del dopocena?
Pertusi diresse il suo sguardo carico di rimprovero verso il suo ex subalterno.
- Sono amareggiato, Linguazzi. Poteva almeno risparmiarsi di raccontare i cazzacci miei a questi omuncoli.
Il caporale alzò semplicemente le spalle.
- Omuncoli? - disse Il professor Cazzimbocchio. Ormai era in guerra.
- Lo sa, caro tenente, cosa significava realmente un tempo Ciofeca? Lo sa di che cosa era sinonimo questo termine che voi sputate da quel culo che è la vostra bocca dalla mattina alla sera? Di schifezze, di brodaglia stomachevole, e di mezza calzetta se rapportato all'essere umano! Ecco di che cosa era sinonimo il termine Ciofeca! E lei cosa beve? Cosa butta in corpo? Cosa ascolta? Cosa dice? Cosa pensa? Che legge? Schifezze, tenente, nient'altro che schifezze! E cos'è lei? Una mezza calzetta, lei come tutti quelli che leccano la bava che cola dalla boccaccia del vostro re!
Il professore tracannò l'ennesimo caffè, stavolta corretto.
- Lei è un pazzo furioso, professore. Non riesco a capire come faccia ad insegnare in una scuola pubblica. Siete tutti dei pazzi furiosi qui dentro.
- Che fa, prende coraggio? Barbozzi, gli ammolli un'altra sontuosa sberla.
- Fate, fate pure, torturatemi quanto volete, tanto è inutile. Come pensate di poter buttare giù un regime, eh? Domani sarete tutti deportati nelle piantagioni di Ciofeca e lì creperete di fame insieme alle vacche magre.
Pertusi ora sembrava piuttosto tranquillo, aspettandosi forse l'arrivo dei suoi soldati da un momento all'altro.
L'atmosfera nel bar si era fatta carica di tensione ma anche di eccitazione. Ormai il primo, importante passo verso la liberazione era stato mosso e i partigiani erano consapevoli di dover continuare senza ripensamenti. Il rischio di essere violentemente repressi era alquanto elevato, anche se il professor Cazzimbocchio scartava categoricamente tale rischio.
Una ciofeca non può in alcun modo competere con un buon caffè: questo è il suo aforisma che ha fatto storia.

Erano le due del mattino quando un frastuono assordante scosse i nervi tesi dei partigiani all'interno del bar. Linguazzi fece cenno ai compagni di non fiatare e ordinò tacitamente al suo ex superiore di fare altrettanto.
Ciò che per oltre un'ora Pertusi aveva sperato avvenne. Era chiaro a tutti che i soldati del regno fossero giunti nel luogo della resistenza.
Il parrucchiere Scappellazzi cominciò a essere preda di una incontrollabile tremarella, mentre il professore seguitava a ghignare sprofondato in una poltroncina e ricoperto da un vassoio di tazzine e sfogliatelle dell'ultima ora. Il pasticciere Carlonzo non aveva mai smesso di lavorare.
- Aprite, siete circondati! - gridava un soldato dall'esterno.
Il fragore delle armi caricate fece sussultare più di un partigiano.
- L-Linguazzi, c-che si fa?- balbettò Barbozzi.
- Si combatte, non possiamo arrenderci ora. Non so quanti saranno, ma resisteremo. Vero, professore?
Cazzimbocchio riemerse dalle morbidezze della poltroncina e si alzò scattante.
- Ben detto, ragazzo. Resisteremo. Altroché!
- Barbozzi, non apra la saracinesca, li sorprenderemo uscendo dal retro. Chi viene con me?
Il chitarrista di "Moka blues" sollevò una mano intonando un "io" in Si maggiore. La disegnatrice futurista di macchinette del caffè lo abbracciò.
- Andiamo. Magnarozzi, tu sarai di guardia alla porta con Carlonzo.
Il pasticciere fece finta di non aver afferrato le parole del caporale. Il professore gli si avvicinò minaccioso.
- Carlonzo, ha sentito? La smetta di sfornare sfogliatelle, c'è una battaglia da vincere. Prenda l'arma e la brandisca trionfante. Vada!
Nel frattempo il tenente Pertusi seguiva il da farsi dei partigiani con uno sguardo interrogativo, non sapendo se ritenere valida o ridicola la strategia di difesa e di contrattacco del caporale Linguazzi. Ne fu sorpreso.
- Barbozzi, cazzarola, si dia da fare, faccia centotrenta caffè, ne riempi un pentolone! Al camposanto le ciofeche del re! - urlò il professore squarciando con il sangue agli occhi confezioni della miscela Linguazzi e Company.
- Per carità, datene un goccio anche a me! - implorò piagnucolando il tenente Pertusi, tra lo stupore generale.
Poi esplosioni di armi da fuoco lacerarono la notte.
 
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