Frittelle di neve

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Renato139
view post Posted on 20/3/2014, 17:33




Padre mio, buon vecchio e pazzo papà, perdonami se ora, mentre procedo lentamente dietro il tuo feretro, dei tanti ricordi uno solo s'affaccia insistente alla mia memoria, rendendo sbiaditi e confusi tutti gli altri. Perdonami se in questo corteo, che sfila silenzioso per le vie, io rivedo la stessa folla, rumorosa e colorata, che due anni fa danzava al seguito dei carri di Carnevale. E se adesso invece di piangere tuo figlio sorride, non avertene a male; tu lo sai: è tutta colpa delle frittelle di neve.

Quell'anno faceva molto freddo e il brutto tempo non accennava a placarsi; mancavano solo tre giorni alla sfilata dei carri mascherati e i bambini osservavano preoccupati dalla finestra i fiocchi di neve che cadevano fitti e senza posa. A un certo punto Lisa si voltò con le lacrime agli occhi e disse:
– Oh, nonno, questo sarà un Carnevale davvero triste. Non potremo neppure scendere in strada con i nostri costumi!
Mio padre, allora, l'abbracciò e, chiamandola Roberto, cercò di consolarla. Già, il vecchio non riusciva proprio a ricordare i nomi dei suoi tre nipoti e faceva una gran confusione. Lisa e Fabio ormai ci erano abituati e per loro era divenuta una cosa del tutto normale, invece Claudio, beffardo come tutti i sedicenni, non mancava occasione per prenderlo in giro e lo lasciava snocciolare una dozzina di nomi prima di rispondere. Però quella sera neppure lui era in vena di scherzare e rimase silenzioso, con gli occhi fissi sul suo solito Dylan Dog.
Io e Adriana comprendevamo il cruccio dei nostri figli, ma che cosa potevamo fare? A un tratto, il vecchio s'illuminò tutto ed esclamò:
– Bambini! Vostro nonno ha un'idea. Vi farò una bellissima sorpresa!
Sentii allora un brivido freddo percorrermi tutta la schiena, e guardai Adriana. Sapevamo che in casa nostra il nonno spesso si sentiva inutile e che cercava disperatamente di fare qualcosa per noi o per i bambini. Ma come non aver paura delle sue sorprese? Ancora ricordavo l'autunno recente, quando un giorno Fabio gli svelò che da grande voleva fare il vigile. Allora il nonno subito lo condusse in via Dante, nell'ora di punta, e si piazzò proprio in mezzo all'incrocio per insegnare al nipote come si dirige il traffico.
E a Natale? Lisa desiderava in regalo un orsacchiotto e il giorno dopo il nonno fece un cancan con il direttore dello zoo perché gli vendesse un orso bianco. Arrivò perfino a minacciarlo con i pugni, così che dovettero intervenire i carabinieri per riportarlo a casa. E ora…
Io e Adriana ci appartammo in cucina.
– Che cosa avrà in mente tuo padre? – mi domandò.
Alzai le spalle e risposi: – E che ne so? Qualunque sia la sorpresa che il nonno vuol fare ai bambini, certamente non farà del bene alla mia ulcera.
– Dobbiamo tenerlo d'occhio – disse lei. – Non vorrei che si ficcasse in qualche guaio, ma forse fra dieci minuti non si ricorderà più di nulla.
– Speriamo – aggiunsi io.
Quando ritornammo in sala lui non c'era più.
– Il nonno è uscito con in mano la paletta e il secchiello da spiaggia – spiegò Claudio, senza alzare gli occhi dal giornalino.
– È uscito con questo tempo? – esclamò Adriana. – Dovevate fermarlo!
– E come facevamo? – replicò Claudio con un'alzata di spalle. – Ha infilato la porta come un razzo, senza neppure mettersi il cappotto.
– Presto, Adriana, dobbiamo rintracciarlo! – dissi. –Con questa bufera si prenderà una polmonite.
In un attimo indossai gli stivali e il giubbotto, quindi mi precipitai fuori, seguito da Adriana. Ma non dovemmo cercare a lungo. Il vecchio stava rincasando proprio in quel momento, con il secchiello colmo di neve.
– Che intendi fare con quella cosa? – chiesi in tono burbero.
Egli allungò un dito davanti alla bocca, sussurrando:
– Ssst! Non posso dire niente; è una sorpresa per i bambini!
– Macché sorpresa! – gridai. – Ora mi spieghi che cosa hai in mente, oppure ti lascio qui fuori al freddo!
Allora, con un sorriso di complicità, disse:
– E va bene. Ma non dite nulla a Stefano e a Giuseppe, e neppure a Rosanna, i bambini non devono sapere. Promettete?
– Promesso, promesso – ringhiai io di malumore. – Avanti, spiegati!
– Ecco, ho avuto un'idea meravigliosa: per Carnevale preparerò delle squisite frittelle di neve! Vedrai i bambini come ne andranno pazzi!
Barcollai come se avessi ricevuto un pugno sotto il mento. Frittelle di neve! Ci mancava anche questa!
Io sono ritenuto un tipo tranquillo, ma il pensiero che questa nuova stranezza potesse rendere mio padre lo zimbello del quartiere, mi fece perdere ogni ragionevolezza. In preda a un furore insensato, mi misi a gridare parole che mai avrei immaginato di rivolgere a mio padre e che in seguito cercai disperatamente di dimenticare. Lo insultai, lo umiliai in tutti i modi, arrivai perfino ad agitare i pugni davanti al suo viso e invano Adriana mi tirava per un lembo del giubbotto, nel tentativo di calmarmi.
A un certo punto gli strappai in malomodo il secchiello dalle mani e lo scagliai lontano. Lui mi guardò con un'espressione triste e incredula, quindi andò a raccoglierlo e a capo chino rientrò in casa senza dire una parola. Fu solo in quell'istante che vidi i suoi piedi nudi uscire delle ciabatte di flanella, ormai zuppe di neve. Provai una stretta al cuore. Dov'era finito quell'uomo che tanti anni fa mi prendeva e mi sollevava fin sopra la testa con braccia dure e forti come rami di quercia? Che cos'era successo a quell'uomo che ogni sera mi narrava del sole e della luna, del silenzio dei boschi e del miracolo delle sorgenti? Che cosa era rimasto di quel tempo? Nulla. Solo un vecchio così inebetito da uscire in ciabatte sulla neve. Mi sarei messo a piangere per la pena, per la collera e per la vergogna.
Lo seguii in casa con la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato, in lui, in me, o forse nella vita stessa.
Per tutto quel giorno rimase in camera sua, seduto sul letto. Non volle neppure mangiare e Adriana cercò inutilmente di convincerlo a raggiungerci a tavola. Capivo che si sentiva ferito profondamente e avrei voluto prendergli la mano, dirgli qualcosa di gentile, qualche parola di scusa… Ma non potevo in alcun modo cacciare la penosa inquietudine che s'agitava nel mio petto.
Quasi potevo sentire le risate di Claudio all'idea delle frittelle di neve. Già lo vedevo andare in giro a raccontare delle follie di suo nonno e divertirsi con gli amici alle spalle di un povero vecchio. Non potevo tollerare una cosa simile. Dovevo fare qualcosa.
– Chissà da dove ha tirato fuori un'idea tanto strampalata – dissi ad Adriana poco prima che spegnessimo la luce per dormire.
– Dev'essere stato l'altro giorno, quando mi ha accompagnato al mercato – rispose mia moglie. – Mentre stavamo girando tra le bancarelle, un venditore si è messo a litigare con una cliente e le ha gridato contro: «Ma va' a frigger le palle di neve!». Tuo padre deve aver preso sul serio la frase e se l'è ricordata. Ma non ti preoccupare, domani proverò a parlargli.
Così Adriana cercò di spiegare al mio vecchio che non si possono preparare frittelle con la neve e che al primo fuoco si sarebbero squagliate, ma lui non volle sentire ragioni.
– È vero – replicò – può capitare. Ma questo succede anche con la farina, una volta anche a te gli gnocchi si sono disfatti… Il segreto sta tutto nell'impiegare neve fresca, nell'impastarla bene e nel comprimerla a dovere, poi occorre che l'olio sia ben caldo prima di immergervi le palline…
Non ci fu verso di distoglierlo dal suo proposito Era fermamente deciso a preparare le sue frittelle e, poiché non glielo concedevo, continuava a rifiutare il cibo. Dopo un altra giornata di digiuno, Adriana mi chiamò in disparte e mi disse:
– Ascolta, Stefano, non si può andare avanti così. Temo che a tuo padre possa accadere qualcosa di brutto; non mangia ed è già così debole… Lasciamolo provare, non potrà fare un gran danno. Quando vedrà la neve sciogliersi capirà da sé.
– Ne dubito molto. Ma non ti rendi conto del ridicolo? Nostro figlio Claudio…
Io non ne volevo sapere, ma Adriana insistette al punto che, seppure di malavoglia, alla fine mi lasciai convincere a permettergli quella follia.
Quando però il tempo migliorò e i bambini poterono indossare i loro costumi per recarsi alla sfilata dei carri, cominciai a sperare che mio padre avesse rinunciato all'idea. E invece sulla porta…
– Quando tornerete sarete tutti infreddoliti – disse. – Un bel piatto di frittelle calde vi rimetterà a posto.
Emisi un sospiro di rassegnazione e uscii con i bambini. Al ritorno lo sentii fischiettare tutto allegro in cucina e non seppi resistere alla tentazione di dare una sbirciatina a ciò che stava combinando. Ma quando scorsi la padella sul fuoco e accanto il secchiello pieno di neve, sentii l'ulcera martellarmi nello stomaco e non riuscii a guardare oltre.
Adriana mi raggiunse in sala con un'aria afflitta e, scuotendo la testa, mi bisbigliò all'orecchio:
– Non c'è stato nulla da fare. Ad ogni modo, fai sedere i bambini a tavola. Vorrà dire che mangeremo i tortelli che ho comprato stamattina.
Ci sistemammo tutti intorno al tavolo, ognuno con davanti un piatto vuoto e una lattina di aranciata. Lisa e Fabio erano eccitati, e anche Claudio, stranamente, appariva di buonumore. Io invece sudavo al pensiero di ciò che sarebbe accaduto tra poco. Dalla cucina proveniva uno sfrigolio indescrivibile e dovetti tapparmi le orecchie con le mani per non sentire. A un certo punto comparve mio padre, con il grembiule bianco e la padella fumante in mano.
– Et voilà! – annunciò tutto raggiante. – Ecco le frittelle di neve per i miei nipotini! Non hanno conservato la forma, ma vedrete che saranno ugualmente ottime.
A quelle parole cadde nella sala un silenzio profondo come un abisso e teso come un arco. I bambini si guardarono l'un l'altro con aria interrogativa: la sorpresa li aveva ammutoliti. Mio padre, con un'espressione di idiota felicità sul volto, fece il giro del tavolo e con grande cura scodellò a ciascuno tre cucchiaiate di acqua calda mista a olio, raccomandando:
– Non mangiatene troppe. I fritti non fanno molto bene.
A questo punto Claudio sollevò con il cucchiaino un poco della broda che aveva nel piatto e fece una smorfia che, ahimè, conoscevo fin troppo bene.
«Ci siamo» pensai «adesso scoppia il putiferio. Povero papà.»
Lisa e Fabio seguivano ogni mossa del fratello con grande attenzione, rossi e gonfi per il riso trattenuto. Claudio, con un sorriso ironico a fior di labbra, portò il cucchiaino alla bocca e sorseggiò un poco il liquido, quindi cominciò:
– E queste sarebbero frittelle di neve?
– Oddio – mormorò Adriana, seduta tutta rigida al mio fianco.
Il vecchio sorrise assentendo con il capo e Claudio si alzò dalla sedia dirigendosi verso il nonno, con quella sua solita aria da tiraschiaffi.
– Se queste sono frittelle di neve – disse – beh… sono le più buone che abbia mai mangiato! Bravo nonno, sono formidabili!
E allora accadde l'incredibile. Lisa e Fabio si misero ad applaudire e intinsero più volte il cucchiaino nella broda, facendo grandi elogi al nonno, poi lo abbracciarono e lo baciarono. Si misero anche a ballare e lui mi strizzò l'occhio come a dire: «Vedi, ci vuole poco a far contenti i bambini».
Circondai Adriana con un braccio e la strinsi a me. Un nodo alla gola mi impediva di parlare, ma in quel momento compresi che avevo i figli migliori del mondo e il papà più splendido che potesse esistere.

Perdonami, padre mio, se non riesco a versare le lacrime che ti sarebbero dovute, Ma come posso piangere sapendo che adesso sei lì, in qualche angolo dell'Universo, ad aspettarci ancora con le tue frittelle di neve?
 
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