TUTTI I GIORNI AL PARCO, non è quel che sembra..leggetelo fino in fondo

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luciana turina
view post Posted on 5/11/2012, 08:54




Vengo tutti i giorni al parco con mio figlio.
Non m'importa se le altre mi guardano. E' mongoloide, m'è venuto male. Ho sposato l'italiano sbagliato.

Non come Verena e le altre. Mia cugina Verena ed il suo gruppo di bambole d'acciaio.
Appena arrivate sapevano già tutto. Cosa fare, come fare, con chi stare.
Appena arrivate è partita la caccia all'uomo, di mettersi a posto coi documenti nemmeno l'idea.

Io non ero proprio fatta per quelle cose, tantomeno sono mai stata una bambola.
Quanto all'acciaio poi, neanche un filo.

La sola cosa di cui disponevo era la speranza.
Tanta bella speranza di un futuro migliore, di una vita bella e indipendente. Come le ragazze di Milano pensavo, coi vestiti raffinati e la carriera luminosa.

-Ma dove vai a metterti in regola? Sei stupida, credi che gli italiani ti aprono le porte del paradiso, ti offorno il lavoro e la bella casa per quel cavolo di laurea che ti sei presa?-
Verena non aveva mai avuto pietà, ma solo la piu' elementare delle ambizioni:sopravvivere.
-Per gli uomini devi passare, trovane uno buono e fallo piu' contento che puoi... dagli sempre ragione!-.

Io restavo allibita, ma la teoria sembrava esatta.
Gli uomini italiani sono i peggiori creduloni al mondo. Per contro, le donne italiane sono le migliori rompiscatole, campionesse d'indignazione femminista. Fregar loro il fidanzato era un attimo.
Le bambole d'acciaio non avevano rivali. 'Amore, quante cose sai, come sei intelligente, ma come faccio io senza di te?' Proprio non c'era partita.

Per amor di precisione “quello buono” era il tipico esemplare di maschio un po' isolato dal mondo, magari a causa di un lavoro molto impegnativo, meglio se spesso fuori sede, e solitamente deluso dal genere femminile.
Questo per aver magari inseguito donne fuori dalla propria portata, accumulando così frustrazioni o depressioni poco gradite.
Un uomo cosi' è semplice da conquistare. Basta apparire debole ai suoi occhi, permettendogli così di occultare la sua debolezza con gli altri.

La cosa piu' ridicola era che dopo tanti studi di marketing, mia cugina sapeva vendersi meglio di me. Insomma, come diceva lei, mi ero presa una laurea del cavolo.

Ma io all'epoca ci credevo ancora nel mio bel sogno, non mi rassegnavo a quel genere di vita.

Poi, per diversi mesi, ho sbattuto contro porte cordialmente chiuse in faccia.
Potrei venderne a volumi delle vostre false frasi di cortesia, dei bei discorsetti di circostanza.
'Signorina guardi, il suo curriculum è interessante ma sa, noi cerchiamo una persona... come dire, radicata nel territorio...'

Vi preoccupano tanto il precariato delle donne italiane, i ricatti dei datori di lavoro maschilisti? Provate ad essere rumene. Andate a far domanda nelle agenzie interinali, dove i titolari ripongono il vostro dossier in un mucchietto a parte, solo perchè avete un'accento che non gli piace.

Certo poi, siete stati magnanimi. Mi avete proposto di lucidare le scale in un bel palazzo di Milano, con le impiegate eleganti che mi tengono a distanza per paura che le infetto. Eh sì, temono che le contagio con la mia diversità, col mio stranierismo isolante.
Son convinte che io tenga i capelli legati stretti perchè non li lavo, non calcolano mica che altrimenti non vedrei dove pulisco.

Comunque, Piero l'ho incontrato prima di tutta questa storia, quando mi illudevo ancora e facevo i colloqui.

Un giorno a metà mattina ero entrata in un bar, mi facevano male i piedi, avevo sete.
Quindici minuti di camminata, coi tacchi, per presentarmi in un azienda ridicola a fare un colloquio ridicolo.
'Ah, ma lei non è italiana. Bene le faremo sapere, la chiamiamo noi nell'eventualità...'
Sì, certo,come no.

Ero entrata in un bar e avevo ordinato una spremuta. Mi siedo al tavolo col mio bicchiere ed apro il borsellino 'pago subito, così poi mi rilasso' pensavo.
Mi viene un colpo. Vuoto. E adesso, come faccio? Mica ho il bancomat.

Arrivano le lacrime, è un attimo. Mi copro la faccia con le mani e cerco di pensare 'calmati, calmati...'
Poi mi sento chiamare. -Signorina, mi scusi, c'è qualche problema? Si sente male?-
Alzo gli occhi e credo sia il barista, ma mi trovo davanti un uomo sulla quarantina un po' imbolsito, con la faccia buona.
L'uomo buono mi fissa, con gli occhi buoni,aspetta. Io lo guardo e lui aspetta, sorride, la persona piu' educata del mondo.

Riparte il pianto -Mi scusi, Gesu' che vergogna, che vergogna. Ho il borsellino vuoto, non so come fare...-. Sono una fontana, una fabbrica di singhiozzi, non mi fermo piu'.
-Ma guardi che non deve preoccupare, succede sa? Mia madre esce di casa con tre euro si e no, poi non ha il bancomat, una rottura al supermercato. Toni, offro io alla signorina! Ha visto? Tranquilla, tutto risolto.-

In quel momento credo di aver incoraggiato il seguito, guardandolo un po' come l'apparizione della Madonna.

Da quel giorno io e Piero abbiamo iniziato a frequentarci.
Lui era il mio unico amico, il confidente di tutti i miei sfoghi e di tutte le mie speranze in estinzione.
In fondo sapevo come sarebbe finita, ma non mi dispiaceva quel suo corteggiarmi paziente, in attesa del momento giusto, delle parole giuste .
Il suo aspetto, così solido e affidabile, mi dava l'idea di cavaliere antico, venuto dal passato apposta per sostenermi ed amarmi in eterno. Per me sola.
So che sembra melenso, ma io ho sempre avuto un'anima zuccherina.

Ci siamo sposati in Novembre perché a me piace l'autunno, è più romantico. Poco dopo, siccome Piero era già vecchiotto e volevamo un figlio, sono rimasta incinta.
Una vita tranquilla, tutto regolare. Poi è nato Giuseppe.

Si è visto subito che era un pò strano, anche bruttino. Non piangeva, non succhiava, non faceva niente.
Stava lì sdraiato a fissarti, come un bambolotto che hai messo in un angolo perchè non ti piace piu' e lo vuoi buttare.
Forse già sapeva cosa gli riservava questa vita.

I medici ci hanno parlato in una stanzetta privata 'facciamo prima tutti gli esami, non fasciatevi subito la testa...'
Eh già, facile per loro.

In ospedale mi aspettavo la solita ressa di parenti, i fiori, i regali. Era comunque un bambino, no?
Invece niente. Piero si era lasciato scappare qaulcosa, forse per evitare i silenzi, le facce pietose.

Vennero i miei suoceri. Persone sante, di panna montata.
Il nipotino era indiscutibilmente un angelo, inattaccabile da qualsiasi difetto.

Passati alcuni giorni, qualche conoscente dall'anima pia si è fatto vedere. E' arrivato, ha lasciato il regalino, timbrato il cartellino e poi, con la prima scusa, è strisciato sotto la porta. Come una biscia di fogna.

In quel periodo ho scoperto quali merde possano essere le persone, anche quelle che credi amiche.

Giuseppe è magro secco, tutto storto, è vero. Ma come fai a cambiare strada, a voltare la faccia ai suoi occhi da gattino piccolino?
Come puoi non rispondere al suo sorriso?
Vigliacca, perchè non attraversi la strada e vieni a dirmi che cazzo di colpa abbiamo noi ?

Nonostante tutto, stati bene lo stesso. Io, Piero e il nostro bambino ammaccato.

Il tempo passava e m'insegnava la vita in modo diverso.
Pazienza divenne la mia padrona, Calma fu la mia religione, Amore e solo Amore fu il cibo col quale crebbi il mio bambino.

Mi affidai al credo del Ripeti.
Ripendo ogni parola, gesto, insegnamento. Ripetendo il tutto di tutto per tutto il tempo del mondo.
Imparai la gratitudine per ogni briciola di quel tutto che gli rimaneva in testa.

Piango ancora oggi per un passo diritto, una parola detta bene, un maccherone che non finisce in terra.

La nostra solitudine divenne guscio, tana ed ora infine castello.
Un castello maestoso, abitato da un fortissimo cavaliere, che combatte ogni minuto contro la miseria di vita che la natura gli ha imposto.

E' il mio bambino d'acciao.

Non perdete la speranza.

Anonima
 
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