Venerdì diciassette

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cientje
view post Posted on 2/10/2012, 11:32




Avevo aggiornato il mio sito sulle profezie, Antonio Lo Cascio Web, pubblicando in rete un articolo preso da un quotidiano olandese, sulla guerra civile in Siria e la possibilità di una improvvisa espansione del conflitto ai paesi vicini e poi anche a tutto il Medio Oriente. L’Iran infatti, con l’eventuale bomba atomica, avrebbe potuto scatenare l’ormai mitico Armageddon. In questo caso drammatico la valle di Megiddo nel sud di Israele, si sarebbe trasformata in un palcoscenico dell’opera prima, l’Apocalisse. Una settimana prima, avevo riportato sempre sul mio portale un video da Youtube sull’ultima profezia dei Maya: il 21 Dicembre del 2012! Il mondo sarebbe stato colpito da un breve periodo di catastrofi naturali e umane al termine del calendario indigeno. Una rara congiunzione di pianeti ne sarebbe stata la causa. Diedi un’occhiata fuori dalla finestra del mio studio, dove mi stavo preparando la prossima lezione di parapsicologia all’Università di Utrecht. Notai le nuvole disegnare il cielo di quella mattina di Venerdì d’estate. Le previsioni meteorologiche per il fine settimana in Olanda avrebbero dovuto essere straordinarie. Luglio era stato piovoso e il sole sembrava essersi preso le ferie, proprio quando queste erano destinate agli olandesi. Ma in quell’attimo di distrazione, la nobile stella sembrava aver ripreso il suo lavoro, comparendo a tratti a ponente dell’emisfero. Da qualche settimana mi ero promesso di recarmi al mare e trascorrere una giornata intera sulla spiaggia di Bergen aan Zee. Magari nuotando nel fresco Mare del Nord. Così preparai alla svelta lo zainetto, mettendoci dentro un asciugamano, una bottiglia d’acqua e due panini e il quotidiano cui ero abbonato. L’abbronzante lo lasciai nell’armadietto del bagno, essendo sicuro che la mia pelle bruna non si sarebbe scottata sotto il sole nordico. In special modo se la stella sarebbe rimasta nascosta dai cirri sovrastanti alle dieci di mattina. Salii sulla mia macchina di marca francese e mi avviai verso il Nord Ovest del Paese, seguendo la direzione di Alkmaar. Mentre guidavo sull’autostrada ascoltavo la musica jazz alla radio, soave quanto il verde intenso che mi circondava, proprio di un paesaggio agreste con fattorie dislocate tra file di pioppi rigogliosi e greggi di mucche frisoni al pascolo. I nembi regnavano ancora nel regno dei cieli e più mi avvicinavo alla costa più si assottigliavano, diventando un unico strato caliginoso. Intanto la jamsession terminava per dare spazio al giornale radio e alle previsioni del tempo in senso climatico: ‘’... ancora un pochino e poi l’estate esploderà in questo weekend con temperature tropicali!’’ Cercai di credere alle parole del meteorologo come se fosse stato un veggente al pari di Nostradamus, oggetto della mia prossima lezione. La speranza che il sole apparisse all’orizzonte, proprio dove sarebbe spuntato il mare, era per me l’ultima a morire. Ripensai alla data di quel Venerdì d’estate e rammentai qualche detto popolare discordanti tra loro sul numero diciassette. Decisi di attendere le prime dune prima di darmi una risposta. Traversai un bosco ombroso abitato da olandesi benestanti in ville di lusso ma costruite con gusto e rispetto per la natura circostante. Poi la mia macchina sbucò in un piazzale tra due dune alte e spelacchiate di erba verde e sabbia, dove al loro apice appariva il velo fosco e macchiato qua e là da spazzi celesti. Professore Antonio... eccolo il Mare del Nord! dissi tra me, parcheggiando l’automobile e ammirando il paesaggio con la sua acqua imponente, grigio verde e fredda ai miei occhi più che alla pelle. La spiaggia che stava tra il mare e le dune non era affollata di gente, invece sparsa armoniosa qua e là ma anche sulla terrazza dell’unico stabilimento balneare a ridosso di una collinetta. Inalai l’aria di mare a pieni polmoni e sentii la brezza gradevole sulla pelle. Con lo zainetto in spalla m’incamminai sulla rena tiepida della spiaggia, dove i bagnanti sembravano aspettare da un momento all’altro Armageddon, mentre in verità era solo il ritorno del sole nel firmamento. Alzai lo sguardo verso l’alto e una luce sempre più intensa m’intiepidì gli occhi, la fronte e la cute del collo e delle braccia. La stella scomparve di nuovo tra i cirri vulnerabili. Salii sulla terrazza dello stabilimento, sostenuta da palizzate di legno e mi andai a sedere a un tavolino con l’intenzione di bermi un caffè lungo. L’umore dei mie vicini di posto era comune a quello degli altri bagnanti stesi sull’asciugamano sull’arenile umido: inquieto. Non sapevano con certezza se il sole sarebbe uscito allo scoperto dalle nuvole prima dell’avvicinarsi del crepuscolo. L’incertezza, la paura e la rassegnazione dominavano sui presenti sconsolati a mezzogiorno di quel Venerdì diciassette. Professore Antonio... sarà così sfortunato come affermarono per secoli gli oracoli, profeti e veggenti? mi chiesi, sorseggiando dalla tazza e pur sempre ammirando il mare tanto solenne da mozzarmi il fiato come mi accadeva spesso dinanzi a una bionda birra olandese. Provai nell’animo un senso di positività, quando una barca a vela scorse lentamente all’orizzonte annebbiato. Avevo finito di leggere L’Anticristo di Nietzche. Mi ero fatto un sacco di risate su alcune tesi, per me assurde, spiegate nel saggio dal filosofo tedesco della fine del diciannovesimo secolo. In quel primo pomeriggio estivo olandese nel passaggio dalle tenebre alla luce di un panorama naturale, non potevo che consolidare la mia fede cristiana: il leitmotiv di un’opera divina. Non fu una riflessione soggettiva ma condivisa da tutti i bagnanti presenti lì. Un tipo di simbiosi. La nobile stella era il comune denominatore di questo comportamento di stretta dipendenza, manifestatosi in una felicità terrena proprio in quell’ambiguo Venerdì. Non era una realtà oggettiva, come affermava Nietzche, ma una replica delle numerose rivelazioni divine trascritte nei libri sacri, molto più remoti e pregevoli del suo vacuo manuale di ateismo. E che dire dell’architettura cristiana da duemila anni a questa parte? Quale altra palese testimonianza dell’esistenza di Dio?
Scesi in spiaggia percorrendo una rampa di scale di legno. Cercai un posticino non isolato. Volevo comprendere i comportamenti della gente in rapporto con la natura e le sue manifestazioni. Un tema trattato da filosofi e letterati in tutti i tempi storici: dai greci agli scolastici e dai rinascimentali ai romantici, fino ad arrivare ai moderni. Non feci in tempo a stendere l’asciugamano. Il cielo si schiarì, illuminando la volta celeste con un sole potente. Prof. Antonio... vedi? La tua fede non ti ha abbandonato! dissi tra me, notando il cambiamento d’indole dei miei vicini di posto. Loro avevano messo da parte la rassegnazione e la paura di aver interpretato male la data di quel Venerdì d’estate. I bambini cominciavano a urlare di gioia, a giocare con la palla, a spruzzarsi mentre si tuffavano nell’acqua; gli adulti a loro volta ripresero a conversare vivacemente, rendendo gai anche temi più scottanti, come la crisi economica e le prossime elezioni politiche. Mi sedetti sul panno, prima di sdraiarmici sopra. Volevo farmi accarezzare dai raggi del sole ormai nell’infinito celeste ma diedi prima un’occhiata al mare del Nord: una tavola azzurrognola, preceduta dalla sabbia beige, decorata all’orizzonte da un mercantile e da una fila di mulini usati per alimentare l’energia elettrica. La brezza che accarezzava la rena si era riscaldata e l’odore pesante del mare mi pentrò le narici. Inalai a pieni polmoni mentre mi adagiavo sul panno. Pensai che ci potesse essere un’analogia tra il mutare climatico di quel Venerdì diciassette e quello da un ciclo temporale a un altro, profetizzato per il periodo dell ’Armageddon. Anche se in condizioni diverse, la reazione degli esseri umani sarebbe stata la stessa. Dopo Armagedon avrebbe avuto la meglio la luce della vita infinita e il principio di un nuovo mondo. Questi elementi erano la sintesi del messaggio profetico. Daltronde la storia dell’umanità non è stata altro che un susseguirsi di cicli determinati dalla posizione dei pianeti. Il passagggio dall’uno all’altro fu sempre preceduto da culmini turbolenti. Come avveniva in piccolo per noi bagnanti quel Venerdì diciassette. Ci stavamo preparando all’Apocalisse, inevitabile per gli esseri viventi a cavallo del terzo millennio. Il destino dell’umanità in un disegno divino!
Mi alzai in piedi guardandomi intorno. Notai la stessa accelerazione della mia macchina quando iniziava a percorrere l’autostrada, nel vigore dei bagnanti sulla spiaggia. M’incamminai verso la battigia, passando vicino a donne dal seno scoperto, bambini agili come cavallette, a una giovane coppietta allegra e un’altra veneranda di amanti abbracciati sotto un’improvvisato ombrellone. Professore Antonio... questo sarà il mero volto degli esseri umani dopo Armageddon! dissi tra me, mentre toccavo con la punta delle dita dei piedi l’acqua fredda del mare. Dopo tutta la pioggia di Luglio non si era del tutto riscaldata. Ma i potenti raggi della nobile stella facevano salire in fretta la temperatura. Provai qualche cosa di duro sotto la pianta del piede sinistro. Lo alzai di scatto e notai una conchiglia uscire fuori dalla sabbia bagnata. Mi chinai a raccoglierla, spinto da una curiosità nata qualche ora prima, sul nesso tra uomo e natura. Il mollusco aveva le stesse dimensioni di uno di quei biscotti tipici olandesi che si degustano mentre si sorseggia il caffè da una tazza di porcellana di Delft. Poteva stare due o tre volte nel palmo della mia mano. La sua forma era perfetta e i suoi contorni sembravano essere tracciati da un compasso; la calotta era liscia e disegnata da tre diversi colori derivanti dal verde di una foglia; l’interno invece era beige chiaro; al suo apice, dove si ricongiungevano i lati, spuntava una cresta strigliata e nel mezzo un foro. Mi chiesi se qualcuno dei bagnanti più giovani lo avesse applicato così per gioco, dato che nel buco ci sarebbe passata benissimo una cordicella e la conchiglia, nella sua nuova forma, si sarebbe trasformata in una collana. Il mio alter ego mi sussurrò che non era così: Professore Antonio... questo splendido guscio è stato scolpito in tutte le sue forme dalla natura e dal mare!
Riflettendo mentre tenevo in mano l’opera d’arte e m’immergevo piano piano nell’acqua, tirai la conclusione che l’idea di poco prima confermava però l’esistenza di Dio, il quale aveva creato la natura in funzione dell’uomo. Nell’attimo in cui un fanciullo avesse raccolto la conchiglia per poi regalarla all’amata madre che a sua volta l’avrebbe trasformata in una collana tramite un semplice laccio di cuoio, si realizzava il disegno divino. Decisi di riporre il mollusco sulla battigia, dando così la possibilità a qualcuno dei bagnanti di utilizzarlo a suo piacimento e a quello di Dio.
Mi tuffai nell’acqua e sparii per un attimo alla vista del sole. Tutto si oscurò intorno a me. Riprovai le stesse impressioni di quando ero stato in macchina e avevo guidato sotto il cielo cupo, con la speranza di vedere da un momento all’altro la nobile stella. Le tenebre accompagnate dal rimbombo causato dalla pressione nelle orecchie e il freddo gelido che provavo a un solo metro di profondità, mi ricondussero alla svelta in superficie. I penetranti raggi solari mi concessero il diritto di nuotare verso l’alto mare...
Seduto a un tavolino della terrazza dello stabilimento, sorseggiavo una birra spumeggiante, ghiacciata, con le bollicine che salivano in superficie. Il cielo mutava come in un adagio musicale il suo colore dal celeste al rosa, verso l’arancione del tramonto. I futuristici mulini a vento sembravano più vicini e corrugando le sopracciglia si notavano i movimenti delle loro pale metalliche. Un peschereccio con le reti issate e sporgenti, circondato dagli eleganti gabbiani, scandeva il ritmo di quel brano marinaresco risuonante nelle mie orecchie. Si dirigeva vero nord. Dei fanciulli giocavano nel mare sempre più scuro. Una coppia di cavalieri nordici montavano due cavalli bianchi i quali procedevano a ritmo di trotto sul bagnasciuga, spruzzando l’acqua intorno a loro. Sulla spiaggia a pochi metri dalla terrazza, una fanciulla parlava al telefonino con il fidanzato, vezzeggiando davanti ai miei occhi; l’eleganza dei suoi movimenti e lo sventolare al vento della sua chioma bionda, completavano il panorama di quel Venerdì diciassette. Prof. Antonio... ora avrai capito che il Venerdì 17 può essere un giorno fortunato anche in Olanda?! mi chiesi in silenzio inalando la brezza verspertina. Mi ritornarono in mente i versi dell’Infinito di Leopardi come se fossero melodie struggenti. Eppure in quel momento sublime, proprio quando la nobile stella spariva nel Mare del Nord, non potevo immaginarmi uno spettacolo migliore...

Edited by cientje - 12/10/2012, 16:47
 
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Luca Montesi
view post Posted on 23/10/2012, 00:16




carissimo cientje, mi hai chiesto una considerazione su questo tuo racconto,ho impiegato del tempo perchè il pc mi porta sempre in strade diverse contemporaneamente, ora ce l'ho fatta, e posso dirti che è piacevole leggere questa fuga verso una natura potente del professore, il suo essere quasi autore di quello che succede, visto il suo distacco dalle persone che però capisce bene. E mi sembri tu che cerchi Dio fuori di te. Complimenti perchè riesci a tenere in piedi , senza scendere in convenevoli, per tutto il racconto. Alla prossima Luca
 
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cientje
view post Posted on 23/10/2012, 07:42




Grazie tanto per il tuo zelo Luca ;)
 
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2 replies since 2/10/2012, 11:32   62 views
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