Andiamo più a fondo, ovvero, affondiamo il coltello nella piaga

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Roberto Sonaglia
view post Posted on 1/12/2011, 19:01




Appurato, più o meno, che scarsamente gli aspiranti scrittori si confrontano coi loro simili, e forse anche se ciò è da dimostrare, coi loro modelli, si confrontano con loro stessi?
Compiono cioè, a monte della ricerca di un editore, il necessario lavorio su se stessi, il proprio stile, gli argomenti che trattano, necessario perché una serie di parole più o meno di senso compiuto passi dalla dignità di compito in classe di lettere a libro? Perché è questo che gli un editore serio dovrebbe chiedere, a un potenziale autore: un'opera di contenuto e ben scritta.
In quanto ai contenuti: c'è l'umiltà necessaria da parte degli autori per accettare il fatto che le proprie esperienze autobiografiche (spesso, anche se non esclusivamente materia prima delle opere letterarie) deve essere universalizzata per lanciare un messaggio duraturo e, quindi, pubblicabile?
Ultima questione: perché ce la prendiamo tanto con gli editori e poi, quando questi si espongono in maniera diretta a esporre il proprio punto, li snobbiamo? Cioè ci comportiamo verso di loro secondo quanto imputiamo sia il loro comportamento verso gli esordienti.
Citando Luca Palumbo, che ammiro sia dal punto di vista letetrario che da quello dell'atteggiamento personale, e non è una sviolinata, ma un sentimento sincero: non è che ci caghiamo sotto pensando al vero lavoro, di ricerca, di stile, di revisione continua, che deve sottostare a scrivere un Delitto e Castigo, per non parlare dei Promessi Sposi e, potendoilo evitare, ce la predniamo con gli editori che "non ci capiscono"?
 
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lagrandefame
view post Posted on 1/12/2011, 20:17




Oddio, è un tema che andrebbe affrontato con molta calma. Per adesso, comunque, mi sento di sottolineare l'ultima parte dell'argomento da te lanciato, Roberto.
Al di là delle reali mancanze, spesso grottesche, di moltissime case editrici, spesso sedicenti, mi sento, allo stesso tempo, di autoaccusarmi in quanto autore. Tantissimi aspiranti scrittori, e questo lo confesso, sovente esasperano alcune case editrici, parliamo di quelle serie, di quelle buone. Mandiamo a destra e a manca i nostri manoscritti senza nemmeno averci minimamente lavorato sopra; crediamo che sia una casa editrice a farci diventare scrittori di successo e non noi stessi. Spediamo formati grossolani, abbondiamo negli errori, l'impaginazione è ridicola, ci permettiamo di scrivere cose terribili nelle presentazioni dell'opera, partendo già con un piede nell'autopromozione più indecente. Spediamo il tutto a migliaia di case editrici, qualunque esse siano, che trattino pure di gastronomia quando invece abbiamo scritto un noir. Poi, quando una casa editrice, parliamo di quelle serie, ci risponde dettagliatamente che la nostra opera non può essere pubblicata perché il nostro lavoro (e dico lavoro in senso totale) non è stato curato, c'incazziamo come iene e ci permettiamo anche di rispondere con insulti, sproloqui, facendo trasparire una carenza culturale imbarazzante e sconcertante. La buona casa editrice cerca di farci capire come si dovrebbe lavorare a un manoscritto, ci fornisce consigli utili ma noi, nella nostra abominevole arroganza che è tipica dell'abbrutimento culturale odierno, ignoriamo lo sforzo che dovremmo fare, il vero lavoro cui dovremmo dedicarci, l'autentica passione cui abbandonarci. Facciamo finta di essere convinti che la nostra opera è perfetta così com'è, solo perché non abbiamo voglia di metterci al lavoro. Credete che Delitto e Castigo Dostoevskji l'abbia scritto senza lavorare sodo fino a rasentare l'esaurimento nervoso? Spero di no. Credo di no.
Quando un editore di qualità ci rifiuta ci trasformiamo in belve frustrate. "La Fazi mi ha rifiutato il capolavoro...che casa editrice di merda!". E così che probabilmente ci troviamo a dire. Diventiamo nemici della qualità, solo perché essa, per una sola fottutissima volta, ci ha rifiutati. E invece quando una casa editrice di merda ci dà riscontro positivo...noi sguazziamo nella merda, e continuiamo a farlo. S'innesca un circolo vizioso. Evitiamo le cose buone, e si persevera ad accarezzare il cattivo gusto che, solo per caso e per comodo, ci ha scelti.
Io credo che quando una casa editrice di prestigio ci rifiuta, con cortesia e professionalità, noi dovremmo soltanto ringraziarla, farne tesoro e rimetterci al lavoro molto più duramente di prima, cercando anche confronti che ci arricchiscano.

Una casa editrice di medio prestigio ha rifiutato il mio romanzo che invece sarà pubblicato da un piccolo editore indipendente. Mi ha gentilmente fornito gli spunti di riflessione per migliorare la mia opera. Li ho ringraziati, mi sono rimesso al lavoro e anche se il mio romanzo verrà pubblicato da un altro editore, sarò sempre grato a quell'altra casa editrice.

Certo è che di case editrici così ce ne sono poche, ma vorrei permettermi la presunzione di dire a tutti noi aspiranti scrittori di sposare la causa dell'umiltà, del confronto, dell'impegno verso il proprio lavoro. Perché uno che non mette serio impegno in ciò che scrive, secondo il mio modestissimo parere, non ha rispetto per sé. Evita il confronto con se stesso.

Forse ho detto un sacco di minchiate, e forse non ho capito bene il tema da te proposto, Roberto. Chiedo scusa per essermi dilungato.
 
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Roberto Sonaglia
view post Posted on 1/12/2011, 20:45




Forse stai sottolineando con un assolo la mia chitarra ritmica, Luca, ma non addentriamoci in metafore che, da una parte possono sembrare autoreferenziali, dall'altra altrettanto snobistiche dell'atteggiamento con cui tu NON hai reagito al giudizio sulla tua opera dato dalla casa editrice a cui hai mandato il tuo lavoro.
E' un argomento che va affrontato con calma e tempo, ma va affrontato. Da parte mia, e parlo da total amateurish, indipendentemente dai ruoli che ho, o si pensa possa aver o avere ottenuto. Parlo da aspirante scrittore, insomma, e parlo della mia esperienza. Ho sempre creduto che, prima di mandare ovunque, e quell'ovunque può essere una casa editrice, i posteri, mia mamma, qualcosa in giro, quella cosa dovesse essere 'perfetta'. Che cioè dovessi lavorarci sopra fintantoché non mi soddisfacesse. Cosa impossibile, perché un autore non è mai soddisfatto di quello che fa, diciamo allora, fintantoché non pensassi fossi una cosa bella, potente, ben fatta, senza trucchi. E una volta che quella cosa fosse stata, più o meno, somigliante alla mia idea, non ho mai pensato che, se la mandavo a chicchessia, una qualunque risposta positiva mi avrebbe reso 'autore', né quelle negative andassero ad accumularsi nel mio libretto nero dei nemici del Grande Genio Incompreso.
Hai citato Dostoevskij, che lavorava come penso nessuno ha mai lavorato su stile, forma, contenuto, immortalità della Parola. E lo faceva per mettere in pari i debiti di gioco accumulati. Forse è questo che manca oggi? Mettersi in gioco? O forse è un gioco di ruolo in cui anche la pedina, piccola parte del tutto, può pensare di fare l'accrocco?
Non voglio essere ermetico, e questa è solo la prefazione di un discorso, spero, più ampio, ma in conclusione, quanta umiltà ci vuole per diventare scrittori, e se dovessimo essere parte di regole che cambiano, da che parte? Ancora: quanto buttiamo a mare della selezione editoriale che, nel bene e nel male, ha un ruolo decisivo nello sfrondare la quantità dalla qualità, e a quanti subacquei (leggi emergenti) togliere il respiratore, in questa benedetta era di Internet?
 
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elipiovex
view post Posted on 1/12/2011, 21:47




Parlando di umiltà poche persone ammettono di aver sbagliato, anche al di fuori del campo editoriale, come nel mondo del lavoro ad esempio.
Uno che si cimenta come scrittore, anche se è la prima volta che scrive (dopo i temi in classe) è convinto spesso di aver scritto un capolavoro e difficilmente accetta che questo non sia vero.
A me piace crescere, informarmi, maturare, mutare anche perché quando si cambia si ringiovanisce un po'. Ricordo con affetto tutte le persone che mi hanno criticato. Il primo (mio cucino) quando mi ha scritto impegnati di più è stato un bel affondo, ma alla fine è stato un bello stimolo che non avrei avuto se tutti mi avessero detto brava e basta.
 
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Roberto Sonaglia
view post Posted on 1/12/2011, 22:12




E il tuo commento mi fa venire in mente un altra riflessione, Michela. Quante volte leggiamo, sentiamo, proviamo che leggere le nostre cose potrebbe essere utile, se non importante? Alle persone che ci sono vicine, ma anche a chi, pensiamo, condivide con noi gli stessi interessi e passioni? E quante volte lo facciamo? Ma più che questo, quante volte quel "impegnati di più" lo accettiamo, che venga da papà, il professore, o Roberto Sonaglia?
 
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gnamo
view post Posted on 1/12/2011, 22:26




L'argomento è arduo, ammetterete. Certo è che l'umiltà non fa parte di buona parte di questo mondo (e intendo quello pseudo letterario). Io ho mandato il mio romanzo quando mi è sembrato che ogni ulteriore correzione iniziasse a snaturarlo. Ho avuto diverse proposte e ho scelto la casa editrice che mi è sembrata quella più "onesta". Però non ho nessuna remora ad ammettere che poteva essere migliore di così. Avrei dovuto aspettare ancora mesi, forse anni per arrivare al giorno in cui veramente a rileggerlo dopo mesi avrei detto "bello, adesso non c'è veramente niente da cambiare". Non ero e non sarei adesso disposto ad aspettare tanto tempo. Prima di mandarlo in giro però ho cercato il più ampio confronto, l'ho fatto leggere a più persone possibile e la dove mi si faceva notare gli errori o le incongruenze ho accettato la critica e ho variato le parti e anche la casa editrice mi ha chiesto di cambiare alcune parti e l'ho fatto. Detto questo, non so se questo sia un modo giusto e, ritornando al tema, io credo che le case editrici siano luoghi dove, principalmente, si debba cercare di vendere e quindi si cerca di pubblicare ciò che vende. E' normale. Perchè altrimenti scrive romanzi Capossela, eccezionale musicista ma, a mio parere, mediocre scrittore? Credo però anche che nella vendita sicura, se e quando può, l'editore cerchi anche la qualità, sarebbe stoltezza il contrario. E, detto tra noi, ho visto moltissimi aspiranti autori spacciare delle opere mediocri per bellissime, è vero che chiunque scrive pensa sempre che ciò che scrive lui sia "migliore" e manca, purtroppo, di umiltà.
 
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lagrandefame
view post Posted on 2/12/2011, 01:16




L'umiltà è una materia preziosa di cui abbiamo perso le tracce da circa trent'anni, se non di più. La differenza sta in questo (e lancio uno spunto): Raymond Carver, tra i massimi scrittori americani della seconda metà del novecento, ha scritto saggi sulla scrittura in cui traspare onestà, umiltà, dedizione al lavoro, passione verace, autocriticità; invece oggi, navigando su internet o sbirciando tra gli scaffali della Feltrinelli o della Mondadori, troviamo disgustosi, saccenti, arroganti, inadeguati "consigli" di scrittura, opera di pseudo-autori che però hanno pubblicato con Mondadori il best-seller dell'anno.
Perché? Qual è la miccia che innesca tale obbrobrio? Il mercato? E di cosa è fatto realmente il mercato? Di lettori? E chi sono i lettori di oggi, secondo voi? Sono coloro che arricchiscono gli autori senza umiltà? E chi sono gli autori senza umiltà di oggi? Da dove vengono? Ma soprattutto, dove vogliono arrivare questi autori?
Lo confesso, rischiando il linciaggio, pongo tutte queste domande pensando a Roberto Saviano.
 
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gnamo
view post Posted on 2/12/2011, 13:39




Saviano ha scritto un buon libro (perchè Gomorra non è niente male) senza pensare a quello che sarebbe poi successo. E' un autore a cui dobbiamo portare rispetto come uomo ancora prima che come autore. Questo però non deve comunque significare non poterlo criticare, soprattutto se il piano diventa tecnico. Credo anche io che abbia avuto una notorietà più per l'argomento su cui ha scritto che non sul modo in cui l'abbia fatto (fermo restando che Mondadori non pubblica un esordiente se non ci crede). Detto questo, rischia la vita ogni giorno e gira con la scorta. Come uomini dobbiamo essergli grati, che ci piaccia o no il modo in cui scrive.

Edited by lagrandefame - 2/12/2011, 14:44
 
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lagrandefame
view post Posted on 2/12/2011, 14:55




Anch'io credo che Saviano abbia scritto un buon libro, soprattutto importante per chi non conosce l'argomento trattato; un'opera, tra l'altro, da cui è stato tratto un bellissimo film. Saviano l'ho rispettato e lo rispetto tuttora, tuttavia me lo ritrovo quasi tutti i giorni su una marea di testate, il che mi dà un po' la nausea. Io credo che un autore, se ci riesce, debba saper farsi carico della responsabilità del proprio ruolo: narratore? giornalista? indignado? autore televisivo? portavoce dei giovani? macchina da soldi?
Saviano è un ragazzo estremamente intelligente, però, opinione del tutto personale, interpreta il "non ruolo" dell'autore d'oggi: apparire in ogni dove...mentre le casse si riempiono. In più, non posso accettare che un autore che denuncia la criminalità organizzata si faccia pubblicare da editori gestiti da personaggi che molto hanno a che fare con certe sfere della società non proprio edificanti...per non dire altro.

P.S. gnamo perdonami, per sbaglio ho cliccato lo spazio per la modifica del testo sul tuo post anziché sul mio. Per fortuna me ne sono accorto subito e non ho modificato nulla. Scusami.
 
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ciste di seta
view post Posted on 2/12/2011, 15:43




mmmmhh, mah, non lo so...
umiltà? ma chi l'ha detto? l'umiltà porta da qualche parte? non sempre, a volte occorre credere pienamente nei propri mezzi...
certo ci vuole intelligenza che può trasformarsi in spirito di cooperazione e ricerca di consigli
un buon artista deve essere un buon mix di intelligenza, furbizia e follia, ben miscelato, quei pastrocchi nel frullatore che buttati a tonnelate si trasformano in una goccia di potenza unica

quindi, dove perta questa discussione? da nessuna parte, ti fa sentire più stupido e basta
il problema è che lo scrittore si sbatte fuori dalle sue 4 mura sigillate solo per far promozione alla propria opera
non capisce che è fuori dal suo spazio privato che lopera prende vita, cambia la sua forma, si trasforma in qualcosa di modificabile e intersecabile con altre opere

va di moda parlare di big bang e allora che big bang sia, magari big bang all'opposto, il tutto in un unico elemento

energia

e io intanto posso starmene in poltrona a gustarmelo

per luca, nell'altro post mi chiedeva di fare il contabile... no, non lo so fare
al limite vi rilascio la dichiarazione di conformità, arte eseguita a norma, controlli superati con successo
 
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Roberto Sonaglia
view post Posted on 2/12/2011, 18:45




Su Saviano credo di aver detto la mia nelle recensioni improbabili del numero 3 del mag, con "Hemorra", e ancora nessuno mi ha linciato, Luca, vai tranquillo (magari può anche essere che nessuno ha letto quel pezzo, o ha capito l'allusione). Al di là che sappia scrivere, anche a me comincia a dare un po' fastidio quello che ritengo uno speculare sulla propria situazione, che è drammatica, d'accordo, ma non giustifica la pubblicazione su libro dei monologhi che hai fatto in tv. Scrivi il sequel di Gomorra, piuttosto.
Riguardo l'umiltà è davvero una merce che manca, oggigiorno. Leo, Luca, Antonio penso l'abbiamo, perché lavoriamo sulle nostre cose fino a quel punto in cui, come dice giustamente Leo, iniziamo a snaturare l'opera. E con Leo sono d'accordo anche sul fatto che un editore serio, per quanto voglia vendere, un minimo di qualità alle sue proposte voglia darle, che poi per fare cassetta pubblichi Capossela o Fabio Volo, è il mercato. Anche Carlo Ponti produceva commedie di cassetta accanto ai film di Antonioni.
Sulla questione dei manuali di scrittura, Luca, magari circolassero, e fossero letti quelli scritti dal best-sellaro di turno! A me è capitato di vederne di gente che nemmeno ha mai scritto un libro, ma si firma 'scrittore', e trova un sacco di gonzi pronti a comprargli il manualetto. Purtroppo anche questo fa parte di quel cinico meccanismo per cui si sfruttano le speranze e i sogni di chi aspira a diventarlo, scrittore, che poi per gran parte, come dice Leo, sia gente che produce spazzatura, vuole il tutto e subito e non ha l'umiltà di ammetterlo, è un altro discorso.
 
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lagrandefame
view post Posted on 2/12/2011, 23:46




Madonna, la discussione prende pieghe dostoevskiane. Meglio l'umiltà o l'essere figli di puttana (l'Idiota)? Chi ha talento forse riesce ad essere entrambe le cose, e per certi aspetti va benissimo; chi non ha talento risulta essere solo figlio di puttana e prima o poi il suo percorso finisce drasticamente; chi è soltanto umile finisce per seppellire sia il talento sia l'essere figlio di puttana: praticamente il nulla.
Tuttavia, per me il massimo sarebbe essere umili e nello stesso tempo consapevoli del proprio talento. Entrambi gli elementi fanno sì che un uomo riesca ad essere al di sopra della media, comportandosi di conseguenza: un perfetto e costante equilibrio, sobrio e intelligente, tra il continuo migliorarsi e l'autopromuoversi senza mettersi troppo in vetrina.
 
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11 replies since 1/12/2011, 19:01   82 views
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