Posts written by Iskadár

view post Posted: 24/3/2012, 23:27 Stilus di Antonio L. Capo - Racconti in più capitoli
Ciao. I tempi già li avevo aggiustati dopo aver riletto la prima parte per quando riguarda lo svolgimento del duello dove il ragazzo rimane moribondo si è da aggiustare, quasi sicuramente si troveranno in una parte isolata come già ho in mente loro tre più qualcun altro, tipo il gruppo dell'eroe e il gruppetto nemico dove vi è il principale avversario di turno. per il resto punteggiatura ecc ovvio che ci siano errori perché è una prima stesura, scrivo la prima cosa che mi passa per la testa e soltanto quando ne ho l'ispirazione quindi tipo sto 2/3 giorni senza scrivere nulla. Sei di molto aiuto poi aggiusterò il tutto. Se hai altri consigli illuminami pure. questa è la primissima volta che scrivo qualcosa diciamo di più impegnativo, ho scritto qualche poesia che ho anche postato sul forum. Sono inesperto quindi accetto qualsiasi consiglio :)
Ciao
view post Posted: 24/3/2012, 14:01 Stilus di Antonio L. Capo - Racconti in più capitoli
Ciao. Beh sì ovvio che accetto consigli altrimenti non avrei postato qui questa "bozza" del mio racconto. L'hai letto tutto? Ne ho scritto un altro pezzo. per i consigli dimmi tu. qui ti scrivo l'altro pezzo se vuoi con pazienza puoi leggertelo.


Capitolo III
-Dall’altra parte del Portale-





S
otto gli occhi dei due ragazzi improvvisamente il corpo privo di vita del vecchio scomparve. Iskadar scattò in piedi.
« Seanor ho deciso, vado a recuperare Estele, attraverserò il Laurë anche a costo della mia vita lei tornerà sana e salva a casa!. – Guardò le lenzuola vuote – Vecchio te lo prometto, la salverò! »
« Iskadar non sarà un gioco facile, nel sentire le parole del vecchio. Sei sicuro? » Seanor, il quale era appoggiato vicino al muro si avvicinò all’amico mettendosi a braccia conserte.
« Certo che sono sicuro, mai stato così sicuro in vita mia. Non posso lasciarla nelle mani di quei tipi e che muoia senza fare nulla per salvarla. Non ti costringo nel venire con me. Con o senza di te io vado. »
Iskadar si girò e guardò negli occhi l’amico. Dopo un primo momento in cui i due ragazzi rimasero seri poi Seanor ruppe il silenzio con un sorriso e disse :«Potrei mai lasciarti andare senza di me Iska? Questa è l’avventura che sin da bambini abbiamo sempre sognato – Mise entrambi le mani sulle spalle dell’amico e lo fissò negli occhi continuando a sorridere - e finalmente abbiamo l’opportunità di salvare una donzella in difficoltà. Poi vo-glio vedere queste elfe come sono, sicuramente sono gli essere più belli e affascinanti dell’universo! »
Iskadar rispose al sorriso dell’amico.
« Grazie Seanor, sei un amico. »
« Figurati Iska. »
Detto ciò i due ragazzi si voltarono lasciando alle loro spalle il letto ormai vuoto e corsero fuori. Le tenebre erano calare e faceva un freddo polare. Entrambi ancora con addosso ancora gli abiti formali si avviarono verso la cima del monte. Lo strada che portava alla sommità della montagna era malridotta e il fango era dominante, qualche ciuffo d’erba ricopriva il centro del viale e si notava che era una strada non molto frequentate perlopiù utilizzata dai pastori per portare a spasso il proprio gregge nelle enormi distese verdi.
Dopo qualche minuto si ritrovarono dinanti una grotta, introno a loro soltanto la fitta foresta.
« Ci Siamo Sea, ecco la grotta. »
Iskadar avanzò per primo seguito dall’amico, il quale aveva esitato per qualche istante per poi fermarsi di botta. Iskadar si voltò verso l’amico.
« Cosa c’è Sea? »
L’amico con gli occhi tristi e col capo chino rispose :« Sono in pensiero per mia madre, starà bene qui anche senza di me? »
Iskadar indietreggiò e si mise dinanzi l’amico. « Seanor non sei costretto nel seguirmi. Se non te la senti resta qui con tua madre. »
« Non posso lasciarti andare da solo ma promettimi Iska, che saremo di ritorno a breve. »
I due ragazzi si guardarono negli occhi per qualche istante, Iskadar sorrise. « Te lo prometto. »
Seanor ricambiò il sorriso dell’amico e adesso insieme si voltarono ed avanzarono verso la grotta. L’aria divenne più gelida di com’era. Uno strano silenzio cadde e non si sentiva altro che i loro curi. Entrambi erano sommersi dai pensieri, dai dubbi. E se non sarebbero più potuti tornare indietro? Se non riusciranno a salvare Estele? Ma basta pensare, era il tempo di agire. Si guardarono negli occhi e si diedero un cenno di consenso chinando leggermente il capo. Lentamente iniziarono ad avanzare col cuore sempre a mille. Un passo dietro l’altro giunsero sulla soglia della grotta. Quella sera nonostante il freddo la luna piena era visibile e i suoi raggi illuminavano il suolo. L’interno era scarsamente illuminato, la luna giungeva fino ad un certo punto. Seanor allora estrasse dalla tasca il suo cellulare e i due si facevano strada con esso. Tutto sembrava normale, non c’era nulla di magico o simile, sembrava una grotta come tutte le altre. Ma ecco che ad un certo punto si udì un rumore, come un vortice, e si faceva sempre più forte. Seanor faceva sempre strada con la luce prodotta dal suo cellulare. Ecco che una luce tra il blu e il verde proveniva dal fondo della grotta.
« Ecco il Laurё » Accennò il ragazzo mentre seguiva il suo amico verso la sua imminente avventura. Iskadar non poteva negarlo, le gambe gli tremavano e con la coda dell’occhio notò che anche Seanor era ansioso ma non l’avrebbe mia ammesso conoscendolo. Tra il silenzio con soltanto il rumore vorticoso del portale di sottofondo, avanzarono verso quest’ultimo. Uno strano vento si alzò attorno ai ragazzi.
« Avanti Sea, andiamo. »
Iskadar si fece avanti, un respiro profondo, era a pochi passi dal portale, quasi lo sfiorava col naso. Chiuse gli occhi, inspirò e alzò il piede destro per gettarsi nel portale scomparendo alla vista di Seanor il quale rimase con gli occhi sbarrati nel fissare il punto in cui l’amico era appena scomparso. Le gambe gli tremavano, non sapeva cosa sarebbe apparso una volta che avrebbe varcato il portale, per la prima volta Seanor aveva paura di fare una cosa.
« Mamma resisti, tornerò da te » Si voltò come se stesse cercando il volto della madre. Una lacrime gli scese sul viso per poi tornare a fissare il punto dove Iskadar era scomparso. Trattenne il respiro per poi correre al di là del portale. Rimaste stordito per qualche secondo e la vista era appannata.
« Sta’ giù Sea! » Non riuscì nemmeno e vedere cosa stesse accadendo ma nel sentire la voce di Iskadar si rassicurò e si tirò su di morale e immediatamente obbedì all’amico gettandosi atterra. Un ruggito seguì le parole di Iskadar e un lupo selvaggio e affamato sorvolò Seanor.
« Rialzati Seanor e afferra qualcosa, ce ne sono altri. » Il ragazzo subito sobbalzò e afferrò un bastone accanto a lui e si portò accanto all’amico.
« Un’accoglienza così te la sogni ad altre parti! » Esclamò Seanor girandosi spalla a spalla attorno con circa dieci lupi a fissarli. Entrambi con i bastoni sollevati pronti a colpire.
« Fai fare a loro il primo passo, appena attaccano colpi-scili con tutta la tua forza. »
Ecco che un lupo seguito da altri due si scaraventarono su i due i quali replicarono con due fendenti ferendoli, soltanto uno gravemente. Le bestie continuavano ad attaccare e i ragazzi stavano per essere sopraffatti. Un lupo azzannò al braccio Iskadar, Seanor intanto era alla presa con altri tre lupi. Il morso delle bestie era troppo forte, Iskadar non riusciva a toglierselo di dosso. Ma pro-prio quando i due ragazzi stavano per cadere sotto i morsi delle bestie dal nulla vengono scagliate delle frecce, le quali abbattono i lupi al primo colpo con una precisione mai vista prima dai due giovani. Iskadar cadde atterra in una pozza di sangue urlando dal dolore, Seanor corse dall’amico per soccorrerlo.
« Iska! Resisti troverò aiuto! »
Ma non finì nemmeno di dirlo che nel voltarsi un’ombra nera, quasi come il dorso di un’arma, lo colpì in viso fa-cendogli perdere i sensi.
« Chi...chi siete voi?! Cosa volete farci?! »
Due figure erano davanti ad Iskadar ma il troppo dolore gli sfocava la vista, sembrava fossero uomini ma cosa volevano da loro? Erano stati loro a salvarli? Il dolore al braccio si fece sempre più forte quando poi Iskadar pri-ma di perdere i sensi riuscì a sentire dall’uomo più alto dei due «Prendili e portali in cella, dobbiamo interrogarli.»


Il braccio ancora gli faceva male e fu risvegliato dal dolore, era un po’ diminuito però, probabilmente era stato curato. Aprì gli occhi lentamente e si ritrovò in una cella, era seduto su una panca di legno con le mani ammanettate e privato dei suoi indumenti, soltanto la biancheria intima gli era rimasta. Al suo fianco vide Seanor, anche lui ammanettato per i polsi ma ancora incosciente. La cella in cui i due ragazzi erano stati imprigionati, probabilmente dai due uomini che li avevano salvati dalle bestie, era buia, umida e stretta, quel po’ di spiraglio di luce che entrava proveniva da una piccola finestrella con delle sbarre. Una fiaccola era accese avanti la porta della cella, allora Iskadar capì che era notte, era ancora un po’ stordito.
« Seanor, sveglia siamo stati fatti prigionieri. Svegliati cazzo! » Iskadar cercò di toccare l’amico ma non ci arrivò, era troppo distante.
« Zitto lì dentro! Pensa a riposare e a far risanare la ferita, più tardi mangerete e daremo un’altra controllata alla vostra ferita. Adesso dormi. »
Di fronte alla loro cella vi erano due uomini seduti ad un tavolino intendi a giocare con delle strane carte. Iskadar alzò lo sguardo e li fissò.
« Chi siete? Dove siamo? Perché ci avete fatti prigionieri? Dovete darci delle risposte! »
L’uomo che aveva parlato anche prima si alzò e si avvi-cinò alla cella dei ragazzi. Non si riusciva a vedere bene in volto, era troppo buio ma si intravide la folta barba, pelle scura e corpo possente.
« Io sono Borish, il guardiano di queste prigioni e abbiamo reputato opportuno tenervi sotto chiave finché le vostre ferite non saranno guarite del tutto per poi interrogarvi. Adesso dormi, tra poco dovrete mangiare risparmia le forze per rimarginare quella ferita, altrimenti ci vorranno giorni e maghi a disposizione qui non ne abbiamo, sono tutti sul fronte a respingere le ombre. » Detto ciò la guardia che aveva detto di chiamarsi Borish si allontanò dalla cella tornando a giocare a carte col compagno. Una nuova fitta al braccio fece emettere un gemito di dolore ad Iskadar il quale chinò il capo perdendo i sensi.

Una leggere brezzolina fresca si posò sulla pelle del ra-gazzo ancora dormiente quando la guardia addetta al pasto si avvicinò alla cella e batté il manganello vicino le sbarre facendo sobbalzare i due ragazzi.
« La cena! Mangiate poi tornate a dormire domani mat-tina verrete curati poi avrete un importante incontro. » Detto ciò si allontanò. Come per magia, se non proprio per quello, le manette che tenevano fermi Iskadar e Seanor si aprirono lasciando i due ragazzi liberi.
« Come stai Iskadar? Il tuo braccio. Devi scusarmi io …sono svenuto e poi… »
« Non preoccuparti Seanor, va tutto bene non devi scu-sarti di niente, anzi, ti ringrazio di essere qui con me. »
Entrambi non toccavano cibo dalla sera del complean-no. Entrambi erano ancora storditi non sapevano quan-do tempo fosse passato, qualche ore, qualche giorno. Entrambi, appena la guardia fu scomparsa dietro la porta si gettarono sul cibo divorando il tutto, non era niente di che, un po’ di brodo con verdura e un pezzo di pane a testa.
« Ma dove diamine siamo? » Domandò Iskadar.
« In prigione, difficile da capire? Questo Stilus è davvero un bel posto non trovi? »
Seanor non aveva perso il senso dell’umorismo, lui era sempre così, cercava di sdrammatizzare sempre la situazione anche nei momenti più difficili, anche quando lui era il primo ad aver paura, a soffrire, voleva che il suo amico fosse felice.
« Sempre il solito tu eh? »
« Ovvio. Comunque Iska, sei una pippa nel duellare. Ti sei fatto staccare quasi il braccio da un lupo ».
« Va’ a quel paese! »
Trascorsero il resto del tempo a non dire niente. Seanor aveva la mete altrove, pensava alla madre, era in pen-siero per lei, voleva rivederla. Iskadar invece pensava a lei, Estele. Lui era la causa di tutto, lui ha deciso di pren-dere quel maledetto bracciale, causa di tutto questo. Tra questi pensieri i due chiusero lentamente gli occhi lasciando posto a un sonno profondo senza sogni, senza pensieri, senza niente.

« Sveglia! Mangiate questo e dopo indossate questi vestiti. Dovete essere curati per la visita del generale. »
Apparve Borish. Iskadar era già sveglio da qualche minuto, aveva il viso rivolto verso la finestra intendo a scrutare il panorama esterno ma con scarsi risultati essendo la finestra troppo alta. Alla voce della guardia Iskadar quasi sobbalzò, era immerso nei suoi pensieri, quei pensieri che la sera precedente l’avevano accompagnato prima di addormentarsi. Adesso Borish era ben visibile, era un omone robusto, barba folta occhi scuri e penetranti, abbastanza vecchio da poter esser padre di Iskadar, addosso aveva una pesante armatura con un grosso elmo, uno spadone sulle spalle e le chiavi della cella appese alla cinta sul lato sinistro.
« Seanor sveglia »
Iskadar scosse l’amico ancora dormiente sulla branda della cella, il quale aprì gli occhi.
« Mangia, ha detto il grande capo qui che tra poco verremo curati per una visita da parte di uno ».
« Perfetto, immagino un’altra accoglienza come quella di ieri. »
Seanor e Iskadar mangiarono, questa volta il cibo era più mangiabile rispetto a quello della sera precedente: pane e una tazza di latte. Senza troppi complimenti scesero giù il latte ancora caldo, per essere una prigione venivano trattati fin troppo bene.
« Seanor non possiamo rimanere qui dentro, dobbiamo salvare Estele. L’hai sentito al vecchio, ogni secondo è prezioso. »
« E cosa vorresti fare Iska? Almeno che tu non riesca a sfondare la finestra e passarci attraverso non vedo altra via di fuga e poi, in queste condizioni non riusciremo nemmeno a raggiungere l’uscita. »
« Tra poco verranno a curarci quindi ci libereranno, quello potrebbe essere il momento perfetto per scappare. »
« Ne sei sicuro Iska? – Intanto i due ragazzi iniziarono a mettersi le vesti che era stato portato loro, erano delle tuniche marò, simili a quelle dei frati – Hai visto come hanno ucciso quei lupi? Cosa ti dice che non faranno lo stesso con noi? »
« Vabbè hai ragione. Dammi il tempo di escogitare un piano allora. »
Entrambi, dopo essersi vestiti, si sedettero sulla branda. Iskadar era visibilmente agitato, era in ansia per Estele, il tempo passava e più passava più lei si avvicinava al Si-gnore Oscuro.
Dopo circa un’oretta due guardia si misero sull’attenti dinanzi alla cella, poi riapparve Borish.
« E’ ora. »
Le due guardie aprirono la cella e quando stavano per ammanettare i due Borish li fermò con un gesto di mano dicendo :« Quelle non servono, non sono pericolosi e non faranno nulla di male. Vero ragazzi? »
« Sì. » Riposero in coro.
Borish s’incammino lungo il corridoio seguito da Iskadar e Seanor, dietro di loro le due guardie.
« Dove stiamo andando? » Domandò Seanor.
« Avete bisogno di cure. Il tuo amico sta per prendere infezione al braccio, se non lo curiamo immediatamente dovremmo amputarlo. »
Era strano, Iskadar non sentiva molto dolore al braccio, la ferita era ancora aperta ma non gli faceva più male come la sera precedentemente.
« E ringraziate il Dio Alcarin. Di questi tempi è difficile tro-vare maghi curatori liberi. – Borish si fermò un momento, si voltò verso i due e continuò - Per il resto del tragitto rimanete in silenzio, non vogliamo attirare troppo l’attenzione. »
I due ragazzi fecero come detto da Borish, rimasero in silenzio per il resto del tragitto. Il lungo corridoio che dalle celle portavano ad altri infiniti corridoi era stretto, come del resto lo erano anche gli altri.


Continua...
view post Posted: 22/3/2012, 00:21 Immagini.. - Le Nostre Poesie
immagini di me
immagini di te
che sempre ci resteranno nascoste.
sei quel posto dove ritrovo la pace
sei tutto ciò di cui ho bisogno..
il nostro rapporto è cieco.
due ragazzi che sanno tutto e niente dell'altro..
eppure ci attiriamo come due calamite.
ti chiedo di portarmi via.
vieni qui, scappiamo..
andiamo in un luogo solo nostro:
là, tra le nuvole.
voliamo via.. solo io e te..
ora resto qua ad aspettarti..
e resto agganciata a quei momenti
e parole indimenticabili.
immagini di te..
immagini di me..©

di Antonio L. Capo
view post Posted: 22/3/2012, 00:20 amore. - Le Nostre Poesie
amore.
che strana parola
ma cos'è in realtà?
è un battito di cuore
un sussulto ad ogni emozione.
un sospiro di liberazione.
una lacrima innegabile
un sorriso inviolabile.
è un luccichio
che risplende nei tuoi occhi.
un sentimento così profondo
ma così facile da trovare..©

di Antonio L. Capo
view post Posted: 21/3/2012, 22:04 La sindrome di Baudelaire - I Migliori Racconti del forum
Storia molto interessante! mi è piaciuta! :) passa anche a leggere la mia. (Stilus) ;)
view post Posted: 21/3/2012, 21:54 Hola - Presentazioni
Sisi ho notato! :) Inizierò a leggere qualcosa ^^ Grazie ancora
view post Posted: 21/3/2012, 21:53 Stilus di Antonio L. Capo - Racconti in più capitoli
:) Fammi sapere poi cosa ne pensi. è una prima stesura comunque, c'è da migliorare e poi il meglio deve ancora venire ^^
view post Posted: 21/3/2012, 21:47 Hola - Presentazioni
Salve a tutti. Mi chiamo Antonio Capo, 19 anni. Una mia grande passione è lo scrivere e sin da piccolo ho sognato gradi avventure. da poco ho iniziato a scriverne una che ho postato su questo forum. se volete passate di là e leggete un po'. Saluti ^^

view post Posted: 21/3/2012, 20:26 Stilus di Antonio L. Capo - Racconti in più capitoli
[b]In breve vi dirò cos'è Stilus.[/b]
Stilus nasce dalla mente di un bambino di appena dieci anni, il cui sogno è sempre stato quello di vivere fantastiche avventure. Per chi, come me, è cresciuto con i vari Harry Potter, Il Signore degli Anelli, Star Wars e co. può capirmi. Sono anni che la trama mi passa per la testa e finalmente ho deciso un giorno di mettermela a scrivere.


[b]Trama in breve[/b]
Il romanzo si apre con un Iskadar sul punto di morte in un posto misterioso. Qui inizia a ricordare le fasi più importanti della sua vita. Seanor e Iskadar adesso si trovano nel mondo reale e sono stati invitati al 18 anni di una loro amica, Estele, di cui Iskadar è follemente innamorato. ridottosi all'ultimo giorno per comprare il regalo decidono di recarsi da una vecchio su una montagna il quale vende loro un bracciale magico (all'insaputa dei due).

Vorrei raccontarvi altro ma poi vi rovinerei tutto. Non mi resta che incollarvi i primi capitoli che ho scritto. Ricordatevi che è una prima stesura quindi vi sono errori di scrittura, frasi non costruite bene ecc e poi è una mia passione non sono affatto uno scrittore. Fatemi sapere poi cosa ne pensare, la trama nei capitoli successivi sarà bellissima, fidatevi ;) Accetto consigli e correzioni. Sono qui per questo. :D



[b]STILUS
Volume I
Capitolo I[/b]


“Si dice che quando muori vedi in un attimo passarti davanti i momenti più significativi della tua vita...Ed è vero”
La pioggia cadeva dal cielo andando a sbattere contro l’armatura squarciata del ragazzo moribondo. L’elmo gli giaceva distante, i capelli bagnati gli coprivano in parte il viso. Volse lo sguardo verso l’alto. Non si sapeva a cosa stesse pensando, forse a tutto ciò che l’avevo condotto a quel momento, forse se ne sarebbe valsa la pena, noi non lo sappiamo. Un uomo impugna uno spadone ed è a pochi passi dal ragazzo. Occhi color fuoco spiccano dalle sottili fessure dell’elmo scuro e fissano il corpo dinanzi a lui. La vista del ragazzo si appanna, sente che le forze lo stanno abbandonando. L’uomo stringe la sua spada, la solleva in alto ed è pronto a sferrare un fendendo porgendo fine alle sofferenze del ragazzo.
Intorno a loro una battaglia infuria e molti corpi cadono sotto i fendendo e sotto varie magie. Poco distante vi è una ragazza in ginocchio, le sue lacrime si mischiano con la pioggia. Il fendendo dell’uomo è partito.
« ISKADAR!! » Urlò la ragazza col le lacrime agli occhi.

***

Era mattina, il sole era appena sorto, gli uccelli già cinguettavano da un po’ e un leggero vento soffiava delicatamente scuotendo gli alberi e tutta la vegetazione circostante. Era il diciassette di febbraio, una giornata invernale non proprio come tutte le altre. La sveglia suona, sono le setto meno un quarto. Il ragazzo aprì i suoi verdi occhi e venne abbagliato dai primi raggi mattutini che passavano dalla finestra. Restò qualche altro minuto nel letto tra il dormiveglia, si passò una mano tra i folti capelli poi si alzò per dirigersi verso l’armadio, l’aprì e senza nemmeno vedere che roba era se l’infilò in una frazione di secondo. Uscì dalla sua camera e si recò in bagno per sciacquarsi il viso e lavarsi i denti. La sua pelle mulatta splendeva, liscia come la seta. Uscì dal bagno per poi entrare in una camera situata accanto alla sua, era quella della madre tanto amata, Nadie. Vivevano soltanto loro due, il padre li aveva abbandonati ormai da tempo, si dice per andare a vivere con un’altra famiglia altrove e d’allora Nadie ha dovuto tirar su da sola il giovane ragazzo, ma non è stato facile, lei amava molto suo marito e il giorno in cui se ne andò il suo cuore si frantumò e con esso anche tutto di lei. Entrò in una profonda depressione, nella quale vi è ancora tutt’ora e non fa altro che peggiorare, sempre di più. Il giovane entrò nella stanza della madre. La puzza dell’alcool era talmente forte che la testa gli iniziava a girare velocemente, tra l’altro la finestra era anche chiusa e ad aggravare la situazione vi era anche tantissimo fumo, il quale non lasciava entrare nemmeno i deboli raggi solari. Il
ragazzo andò verso la finestra e la spalancò. La puzza di fumo e alcool uscirono fuori e lasciarono posto alla bella, profumata e fresca aria mattutina di campagna. Si avvicinò alla giovane madre, si sedette al suo fianco e iniziò ad accarezzarle il viso, le spostò i capelli dal viso lasciando che il sole potesse illuminare il suo bellissimo volto mulatto.
« Mamma sveglia, è mattina.»
Nadie aprì dolcemente gli occhi. Erano di un verde acceso, i suoi capelli come quelli del figlio castano scuro.
« Seanor, figlio mio… - Sorrise dolcemente, le occhiaie dovute all’insonnia e dalle troppe lacrime erano evidentissime – grazie di
tutto »
Una lacrime le scese sulla calda guancia, Seanor col dito le asciugò la lacrima.
« Mamma non devi dirle queste cose. Dai adesso alzati devi andare a lavoro » Diede una bacio sulla fronte alla madre, poi uscì di casa dopo aver preso la tracolla.
Face un respiro profondo, l’aria fresca gli invase i polmoni, sorrise per poi avviarsi dal suo migliore amico Iskadar. La sua casa era situata in cima ad una collinetta ai piedi di un monte, il quale sovrastava tutta la pianura sottostante. Ogni mattina scendeva dalla collina per in sentierino che portava a casa del suo carissi-mo amico per poi recarsi, come ogni mattina, alla fermata del bus. In scarsi dieci minuti arrivò a destinazione, era davanti la cassa dove trascorse la maggior parte della sua infanzia e delle sue piccola avventure. I due ragazzi si conoscevano da quando avevano tre anni, frequentavano le scuole materne insieme, poi elementari, medie ed infine le superiori. Trascorrevano tutte le giornate insieme, erano inseparabili, hanno affrontato di tutto insieme, gioia, dolore.
L’immensa villa di Iskadar era immersa nel verde, prima di giungere in prossimità delle scale che poi portavano al portone mercoledì 21 marzo 2012principale, vi era un viale da percorrere con degli alberi e siepi che facevano da contorno. Quest’ultimo era fatto in pietra e oltre la siepe era possibile scorgere vastissimi giardini che circondavano l’abitazione. Ogni tanto Seanor sbirciava al di là delle siepi, quasi come se volesse scorgere i vecchi tempi andati, quando lui e Iskadar correvano per l’immensità dei giardini inseguendo le loro avventure. Giunto alla fine del viale vi erano le scalinate e a fare da guardia vi era un paffuto cagnolino, il suo nome era Puffo, anche se più che fare la guardia incitava chiunque a giocare con lui. Appena Seanor giunse in prossimità della porta ecco che con un balzo il cagnolino gli salta addosso iniziando a leccarlo praticamente ovunque. Riuscì faticosamente a farlo calmare e a suonare il campanello. Il portone si spalancò quasi immediatamente, come se qualcuno accovacciato dietro la porta era pronto ad aprire al ragazzo. Da dietro la porta sbucò una donna, sulla quarantina, occhi azzurri, capelli biondi, pelle chiara e alta.
« Ciao Seanor, prego accomodati. »
La donna era Bianca ed era la madre di Iskadar. Seanor si accomodò in soggiorno in attesa che Iskadar fosse pronto. Si mise a contemplare dei trofei appartenenti tutti ad Iskadar, infatti lui era un atleta, giocava a calcio in una squadra locale e faceva parte, insieme a Seanor, nella squadra di calcio a cinque della scuola. Dopo aver contemplate le varie coppe e medaglie, passò ad un mobiletto accanto, sopra ci erano delle foto, alcune erano della madre di Iskadar, altri dell’amico, alcune con le coppe in mano altre di quando i due erano bambini.
« Mattutino oggi? »
Un ragazzo entrò nella stanza, era Iskadar. Capelli corti con una moderata cresta, occhi azzurri, pelle chiara, fisico atletico.
« Non sono riuscito a chiudere occhio ». Seanor strinse la mano dell’amico, salutarono la madre per poi in-camminarsi verso la fermata del bus.
« Come sta tua madre? » Domandò Iskadar.
« Sempre peggio, adesso è depressione totale. – esitò un momento, fece un profondo respiro poi continuò – Mio padre è andato via quando io ero praticamente ancora in fasce, mi ha cresciuto da sola e proprio in questi giorni è l’anniversario di quel giorno. Non riesce ancora, dopo anni, ad accettare il fatto che quell’uomo se ne sia andato via da un’altra famiglia, è ancora innamorata di lui ».
Iskadar mise una mano sulla spalla dell’amico :«Stai tranquillo Seanor, vedrai che tutto s’aggiusterà per il meglio, è soltanto un momento, passerà ».
Percorsero il resto del tragitto parlando del più e del meno e Iskadar fece di tutto per tirare su di morale l’amico, cercando di farlo sorridere e a fargli pensare altro. Sapeva che l’amico soffriva nel vedere la madre in quelle condizione, era molto legato a lei, invece nei confronti del padre provavo soltanto odio per aver ferito in quel modo Nadie. In circa dieci minuti giunsero alla fermata del bus. Il sole adesso splendeva nel cielo e i suoi raggi iniziavano a riscaldare l’aria nonostante ancora vi fosse un leggero venticello. Erano i primi ad essere giunti in prossimità della fermata, dopo qualche minuto iniziarono ad arrivare anche altri ragazzi, tra cui anche altri loro amici di infanzia, i quali andavano nella stessa classe. Ormai non si faceva altro che parlare della finale del torneo scolastico il quale si sarebbe tenuto il giorno seguente e proprio Iskadar era sotto i riflettori. Lui era ormai da anni il capitano della squadra della scuola e nei due precedenti anni aveva portato la proprio scuola in finale vincendo l’anno precedente il titolo, quindi tutti facevano il tifo per lui e sentiva addosso tutta la pressione e un po’ ne condivideva anche Seanor, anche lui faceva parte della squadra, ne era il portiere ma soltanto dall’anno precedente, l’anno in cui furono sconfitti in finale dalla “North School” i quali si dovranno riaffrontare nuovamente nella finale di quest’anno. Finalmente dopo un po’ il pullman arrivò e i ragazzi vi ci salirono sopra. Un boato accolse Iskadar, come un eroe di ritorno vittorioso da una battaglia. Tutti gli davano delle pacche sulla spalla mentre il ragazzo avanzava tra i posti a sedere intendo a raggiungere con Seanor i posti in fondo al bus. La finale del torneo era sentitissima tra le scuole di alto prestigio, ne andava dell’onore e del nome della scuola. Iskadar si sentiva imbarazzatissimo anche se ormai ci aveva fatto l’abitudine, lo guardavano con occhi sognanti. L’ansia aumentava, gli stava corrodendo tutto lo stomaco e lui non faceva altro che rispondere con un sorriso a chiunque. Ma ad un tratto tutti questi pensieri abbandonarono la mente di Iskadar. Il pullman si fermò le porte si aprirono lentamente, sembrava quel momento dovesse durare in eterno. Il cuore gli batteva forte, fissava l’entrata del bus, non sentiva nemmeno più cosa gli stessero dicendo gli altri. Il cuore gli batteva forte. Ingoiò ma la salivazione ormai era poca, sapeva quella che fermata era.
Una ragazza era appena salta, era bellissima: capelli lunghi neri fino alla vita, pelle mulatta, occhi verdi, viso dolce e fisico snello. Avanzava tra i sedili, tutti smisero di incitare Iskadar per voltarsi al suo passaggio rimanendo a bocca aperta e gli occhi sbarrati. I suoi capelli ondeggiavano. Si sedette poco più avanti di Iskadar tra gli ultimi posti accanto alla sua amica di sempre Erika. Il suo nome era Estele, ragazza di cui quasi tutta la scuola ne era attratta, tra questi vi era anche Iskadar, sin dall’asilo. Hanno un anno di differenza, Iskadar quasi diciannove, lei diciotto proprio quel giorno. Si incontravano ogni giorno nel pullman e a scuola da anni, raramente si sono fermati a fare una chiacchiera come si deve, di solito si limitano a un saluto e a un “come va?”. Iskadar, anche se dall’apparenza non sembra, era molto timido con le ragazze. È sempre stato pieno di spasimanti ma lui voleva lei, era il suo sogno sin da bambino ma mai aveva trovato il coraggio di dichiararsi a causa della sua timidezza.
« Avanti Iska, cosa aspetti? Va’ da lei, parlale, dille qualcosa ».
Gli suggerì Seanor, ma già sapeva che l’amico non avrebbe trovato il coraggio di parlarle, specialmente avanti tutte le sue amiche. Iskadar trascorse il resto del viaggio nel fissarla, guardava i suoi capelli, le sue labbra, i suoi occhi.
Giunsero a scuola dopo una mezzoretta di viaggio, si trovava in città poco distante da dove Iskadar e Seanor vivevano. I due e i loro amici, in attesa che la campanella suonasse per l’inizio delle lezioni, si erano seduti su una panchina al di fuori della scuola a parlare un po’ della finale, un po’ della loro non tanto buona situazione scolastica. Ma ecco che inaspettatamente un gruppo di ragazze si avvicina a loro, vi è anche Estele.
« Iskadar, possiamo parlare? »
Iskadar, ragazzi compresi, sobbalzarono e rimasero sorpresi nel vedere Estele avvicinarsi ad Iskadar e per di più voleva anche parlargli a quattro occhi.
« Certo ». Iskadar le rispose ma era arrossito e imbarazzatissimo ma nello stesso momento felice come un bambino, aveva l’opportunità che desideravada anni. Estele e Iskadar andarono in disparte lontano dai loro amici.
« Come stai Iska, teso per la finale? »
« Sentirsi addosso tutto il peso della scuola non è di certo una passeggiata. – Iskadar fece un profondo respiro, non poteva ancora credere che la ragazza dei suoi sogni era lì, davanti a lui e le stava parlando – Te invece come procedono gli studi? »
« Non mi lamento, sono sempre stata brava a scuola. – I due adesso si fissavano negli occhi, anche se Iskadar cercava di distogliere lo sguardo per non far notare il suo imbarazzo - Comunque Iska volevo chiederti se ti andava di venire al mio compleanno stasera. »
Iskadar rimase di stucco, era il compleanno di Estele e lui se l’era dimenticato, gli era passato proprio di mente. Ogni anno lui teneva sempre a mente, era sempre il primo a farle gli auguri, diciamo che non è il top per chi vuole fare la corte ad una ragazza.
“ Che figura di merda che ho fatto! Come ho potuto dimenticarmene? E adesso che le dico? Ormai la figura è fatta!”
Fece un profondo respiro e imbarazzatissimo rispose :« Ah già, scusami Estele ma ero talmente preso per la finale che mi era proprio passato di mente, che sbadato! »
“Ma che sto dicendo? Sto facendo solo la figura dello scemo, non faccio altro che peggiorare la situazione. Calma Iska, calma. Adesso fai un bel respiro e stai zitto, non dire altre stupidaggini, solamente un sì vengo e poi fila via!”
Ma quando stava per riaprire bocca…
« Non preoccuparti Iskadar, so che sei stato molto impegnato negli allenamenti e tutto il resto, non voglio mica fartene una colpa, poi sai che non sono la tipa che vuole gli auguri altrimenti mi arrab-bio. »
Estele gli sorrise, poi mise le mani nella sua borse dalla quale poi tirò fuori due pezzi di carta.
«Tieni Iska, sono gli inviti per stasera, uno dallo a Seanor, mi farebbe piacere la sua presenza. »
« Grazie Estele, sicuramente verremo, non mancheremo. »
« So che sei impegnato con gli allenamenti e roba simile, quindi non sapevo se saresti potuto venire, magari avresti voluto rilassarti, la sera prima di una finale è sempre difficile. »
« No, non preoccuparti. Non può farti altri che bene distrarmi un po’. »
La campanella suonò, allora Iskadar stava per andarsene ma Estele lo fermò.
« Iska ci conto. » La ragazza si alzò sulle punte dei piedi e diede un bacio sulla guancia di Iskadar per poi sorridergli e senza dire altro si girò e tornò dalle sue amiche. Iskadar rimase lì a fissarla per qualche secondo, la testa ormai gli era partita fra le nuvole, aveva gli occhi a cuoricino. Gli amici lo raggiunsero di corsa, avevano visto tutta la scena.
« Diamine Iska, ti ha anche baciato! Ma cosa vi siete detti?! » Chiesero in coro gli amici ma Iskadar non li rispose subito, doveva prima tornare sulla Terra, era ancora tra Marte e Giove.
« Iskadar! » Lo scosse Seanor.
« Come? Cosa? » Rispose Iskadar, evidentemente ancora in pieno viaggio mentale.
« Vabbè ragazzi, l’abbiamo perso per davvero questa volta. »
« Ma niente ragazzi, mi ha invitato al suo compleanno, adesso entriamo, abbiamo due ore di interrogazioni. »
Si diressero verso l’ingresso, Iskadar aveva ancora i biglietti in mano.
« E quelli cosa sono? » Domandò Seanor all’amico.
« Ah ecco Sea, scusami. È l’invito di Estele per te. Mi domando il perché ti abbia invitato, nemmeno vi cono-scete. »
Iskadar diede l’invito all’amico il quale, dopo aver preso il biglietto, gli rispose :« Poteva mai non invitare un bel ragazzo come me? Stai tranquillo Iska, non te la porterò via, ci saranno un sacco di belle ragazze lì stasera e poi mica è stupida la ragazza. »
« Con questo che vuoi dire? »
« Si è capito che lei è stracotta per te, non ti leva gli occhi di dosso nemmeno un secondo e sapeva che tu da solo non saresti mai andato al suo compleanno stasera. »
Iskadar annuì. Seanor lesse l’invito ad alta voce, Iskadar ancora non aveva nemmeno visto com’era fatto:


“Sei stato invitato al mio 18esimo compleanno,
non puoi mancare!
Lo festeggerò presso la mia abitazione
In Via Gaia n. 42 località Spina il 17 febbraio.”


Girando l’invito poi vi era una citazione di Ligabue, cantante pop-rock preferito sia di Estele che di Iskadar, questa citazione faceva così:


“Credo nell'amore che ti consuma e ti spacca il cuore...
Credo nell'amicizia, quella vera e forte...
Credo nei litigi e nei vaffanculo urlati al mondo.
Credo al sole dopo la tempesta.
Credo negli abbracci che ti tolgono il respiro e nei baci che ti accarezzano la carne.
Credo al sesso, quello violento che ti fa sentire viva e
credo nelle persone che ti sanno far vibrare l'anima.
Io si, almeno credo!”


« Le piace anche Liga! Siamo praticamente fatti l’uno per l’altra! » Disse Iskadar rileggendo per l’ennesima volta quella frase.
« Eh sì, immagino che bella coppietta felice. »
Tra le varie prese in giro raggiunsero la classe, cinque ore dure gli attendevano.
Le cinque ore di lezione trascorsero molto lentamente e Iskadar non faceva altro che parlare del compleanno di Estele. I due invitati si misero d’accordo che il pomeriggio sarebbero dovuti andare a comprare il regalo per il compleanno imminente. Finalmente, dopo cinque ore strazianti, la campanella suonò. I ragazzi ripresero il pullman che li avrebbe riportati alle loro rispettive abitazioni. Iskadar cercava con gli occhi Estele ma non c’era, probabilmente era rimasta a scuola per le lezioni pomeridiane di approfondimento, pensò. Intendo tra una chiacchiera ed un’altra giunsero alla fermata.
« Allora ci vediamo più tardi per decidere il regalo da farle. Magari chiedi dei consigli a tua madre. » Detto ciò Seanor prese la strada opposta a quella di Iskadar, la quale portava a casa sua.
Le mani nelle tasche del cappotto e la borsa a tracolla, Iskadar avanzava lento verso casa, da solo con mille pensieri che gli fluttuavano nella mente, uno in particolare, Estele. I suoi occhi, le sue labbra, pensava sol-tanto a quel momento, quando erano soltanto loro due. Il cuore gli batteva forte al suo solo pensiero. Arrivò a casa, gettò la tracolla sul divano per poi accasciarsi sul divano lì accanto.
« Ecco il mio campioncino ».
Bianca si andò a sedere accanto al figlio, gli baciò la guancia e, vedendolo visibilmente preoccupato, gli domandò :« Cos’hai Iska? Ti vedo turbato, qualcosa non va a scuola? »
« Ecco cosa c’è ». Iskadar mostrò alla madre l’invito che Estele gli aveva dato.
« Beh e allora? Cosa c’è di male, dovresti esserne felice. »
« Infatti il problema non è che mi ha invitato al suo compleanno, anzi mi fa molto piacere andarci, ma non ho proprio idea di cosa regalarle, non vorrei fare figuracce. »
Bianca sorrise, sapeva che Iskadar era cotto di Estele sin da bambino.
« Figlio mio, non è il regalo che conta… »
« E’ il pensiero? Non credo mamma! »La interruppe Iskadar.
« No figlio mio. Per lei l’importante è che tu vada alla sua festa, già il fatto che lei stasera ti veda là, lei è felice. Lei ti vuole bene e le basta questo, fidati di me, te lo dice una donna. »
« Se, vabbè. » Iskadar si alzò e si recò in camera sua gettandosi sul letto. Lentamente chiuse gli occhi e, tra i suoi pensieri, si addormentò.


Seanor era quasi in cima alla salita che portava a casa sua. Lui non era ansioso come l’amico Iskadar, non ne era il tipo, non si faceva prendere da queste emozioni. Arrivò in cima e finalmente vide casa, ma la porta era spalancata. Un brivido freddo gli percorse la schiena, subito il pensiero che potesse essere accaduto qualcosa alla madre lo invase. Scattò e corse verso casa, entrò e gettò la tracolla atterra vicino l’attaccapanni. Corse verso la camera della madre ma non vi era nessuno, soltanto bottiglie di birra vuote sparse ovunque, mozziconi di sigarette e pieno zeppo di fumo, era difficile riuscire a vedere qualcosa. A causa della forte puzza d’alcool e il troppo fumo gli rendevano difficile respirare, la testa iniziava a girare e la vista ad appannarsi.
«Mamma, mamma dove sei?! » Urlava, ma non ricevette nessuna risposta. Corse in soggiorno dove il fumo e la puzza d’alcool era maggiore. Nadie era lì, stesa sul pavimento priva di sensi. Intorno a lei dei mozziconi di sigarette e una bottiglia di vodka vuota. Seanor si gettò letteralmente sulla madre svenuta.
« Mamma, mamma sveglia! »
Iniziò a scuoterla violentemente, ma non dava segni di svegliarsi. Allora se la caricò sulle spalle a la portò fuori, la poggiò a terra. Aveva paura, non si svegliava, iniziava a pensare al peggio. Le lacrime gli fuoriuscivano come fiumi e cadevano sul volto della madre atterra. Continuava a invocare il suo nome. Arrivò di corsa un vecchio, era il nonna di Seanor non che padre di Nadie.
«Figlia mia! Cosa succede? » Domandò a Seanor ma non rispose, non ne aveva la forza.
Il nonno iniziò ad alzarle le gambe e a fare tutte le azioni necessarie per farla riprendere, era espero in queste cose, per anni aveva fatto il medico.
Lentamente Nadie iniziò ad aprire gli occhi e a tossire fortemente. Seanor corse a prenderle un bicchiere d’acqua.
« Perdonatemi, vi ho fatto preoccupare. »
« Mamma, io pensavo…pensavo che tu… » Seanor tra le lacrime abbracciò la madre.
« Tranquillo figlio mio, va tutto bene. »
Il nonno alzò la figlia e la portò con se a casa sua, Seanor li seguì.


Era quasi il tramonto, Iskadar era giù la discesa che portava a casa di Seanor, lo stava aspettando ormai già da vari minuti. In lontananza vide una figura venire verso di lui, era Seanor finalmente.
« Va bene, andiamo Iska? Però facciamo una cosa veloce, non vorrei lasciare mia madre troppo a lungo da sola con il nonno ».
« Certo Sea, non preoccuparti non faremo tardi. Dove si va vista l’ora? »
« A quest’ora i negozi in città sono già tutti chiusi, io direi di provare dal vecchio qua sopra, non ci sono mai andato ma so che è sempre aperto. »
Iskadar acconsentì e iniziarono la salita. Sembrava che Seanor volesse evitare il discorso di sua madre, quando Iskadar le chiedeva come stava l’amico cambiava discorso. Allora iniziarono a parlare del compleanno e della finale. Tra un discorso e l’altro si trovarono dinanzi una casetta, anche se sembrava più una vecchia baracca abbandonata che un’abitazione. I due si guardarono in faccia.
«Ehm Seanor, e qui dovremmo trovare un regalo per Estele? »
« Stai sempre a lamentarti tu, eh Iska? Ormai siamo qui, vale la pena dare un’occhiata ».
Si avvicinarono alla baracca, la quale incuteva terrore soltanto nel guardarla. Iskadar si fece avanti e bussò. Nessuna risposta. Bussò una seconda volta ma ancora niente. La porta si aprì un po’, allora Iskadar si fece coraggio e decise di entrare, Seanor esitò qualche istante prima di seguire l’amico nell’abitazione. Ciò che si presentò ai loro occhi era una piccola stanza buia, sembrava abbandonata da molto tempo. Vi erano dei scaffali con degli arredi esposti ma non sembrava roba normale, era stranissima: vi erano delle pietre, alcuni pugnali, collane, bracciali, eppure tutta questa roba era mantenuta in perfetto stato, a differenza dell’arredo e della stanza.
« Ehilà, c’è nessuno? » Ma a Seanor non giunse alcuna risposta. Iskadar nel frattempo iniziò a curiosare in giro.
« Iska mi sa che non è stata una buona idea, qui non troveremo un bel niente, almeno che tu ad Estele non volessi regalare un bel pugnale o roba simile, e poi – ingoiò – questo posto mi incute terrore.»
Ma Iskadar era lontano da lui non l’aveva ascoltato, stava ancora curiosando in giro quando ad un certo punto su uno scaffale al centro della stanza qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Sullo scaffale era situato un bracciale, d’argento con un cristallo splendente a decorarlo.
« Iskadar, mi ascolti quando ti parlo? Andiamocene da qui, non troveremo niente.»
« E’ bellissimo, non trovi? »
Seanor si fece avanti anche lui per vedere il bracciale.
« Iska ma sei diventato anche cecato? Fa schifo! E adesso andiamocene da qui. »
Ma Iskadar sembrava non ascoltarlo, era talmente preso da quel bracciale che qualunque cosa accadesse non l’avrebbe notato. Seanor iniziava a sentire una strana sensazione, un qualcosa di strano e sinistro provenire da quel bracciale, era come se tutta la sua felicità fosse stata portata via e vedeva Iskadar diverso. Aveva gli occhi sbarrati, i quali fissavano il bracciale senza nemmeno sbattere ciglio. Seanor afferrò il braccio dell’amico e tentò di allontanarlo da lì e di portarlo fuori, ma Iskadar non si mosse.
« Voglio regalarlo ad Estele, è bellissimo. »
Iskadar allungò la mano, era a pochi centimetri dal sforarlo.
« FERMO! NON TOCCARLO! »
Improvvisamente dal buio sbucò una mano e un urlo l’accompagnò. La mano bloccò il braccio di Iskadar ed entrambi sobbalzarono all’urlo. Era una voce di una persona anziana, fredda e incuteva terrore. Dall’ombra comparì un vecchio. Seanor allungò la mano ed afferrò la prima cosa che trovo vicino pronto a scaraventarla contro l’uomo apparso dal nulla e con voce minacciosa e tremante urlò contro di lui :« Chi sei tu e da dove sei sbucato fuori?! ». Seanor non ricevette risposta. Il vecchio, che ancora teneva stretto il braccio di Iskadar, finalmente lo lasciò e senza curarsi della presenza di Seanor si rivolse ad Iskadar.
« Calma ragazzo, non voglio farti del male, sono qui a tua completa disposizione. »
Iskadar stava fissando il vecchio con occhi ancora più sbarrati di quando fissava il bracciale. Incuteva terrore ai due ragazzi.
« Ehi vecchio, ti ho chiesto chi sei e cosa..»
« Sono il proprietario, semmai devo essere io a chiederti chi sei e cosa ci fai qui, ed ora posa quel bastone è il mio, mi serve per camminare. » Disse il vecchio a Seanor.
« Aveva visto questo bracciale, stavo cercando un regalo per una mia amica. » Disse Iskadar.
« Mi dispiace ragazzi, ma sono chiuso, non avete visto il cartello all’ingresso? »
« Mi scusi signore, - Gli rispose Seanor – ma non c’era nessun cartello. »
« Devo aver dimenticato di metterlo. Vabbè allora ditemi, vi piace questo bracciale eh? »
Iskadar annuì, Seanor no.
« E’ davvero un bel bracciale, ha il suo fascino e il cristallo lo rende ancora più bello. »
« Allora va bene, prendiamo quello, il prezzo? » Iskadar cacciò il portafogli di tasca ma il vecchio lo fermò :« No no ragazzo! Non mi devi niente, tieni, prendilo è tuo. »
« Ma signore, ne è certo? »
« Certo ragazzo. Ormai io sono vecchio, questa è l’ultima sera di questa vecchia bottega, chiudo i battenti, sono troppo vecchio per questo. »
Il vecchio prese il bracciale e lo consegnò ad Iskadar. Il ragazzo lo prese in mano, era leggerissimo come una piuma e freddo, ma adesso era felice.
« Grazie signore, sono davvero senza parole e le sono molto grato. »
« Figurati ragazzo, è stato il minimo che io potessi fare al mio ultimo cliente. Adesso andate ragazzi, voglio riposarmi un po’ e in bocca al lupo con la tua ragazza. »
Il vecchio sorrise, voltò loro le spalle e scomparve nel buio così come era apparso.
“Mi dispiace, ragazzo”.
I due ragazzi rimasero a fissare il buio della stanza increduli. Iskadar sorrideva, era felice, aveva il bracciale tra le sue mano e non riusciva più a distogliere lo sguardo da esso.
« Iska, ma sei sicuro che vuoi regalarle quel coso? Secondo me c’è qualcosa che non va in quel bracciale e so-prattutto in quel vecchio. »
« Certo che va bene! Cos’hai contro questo bracciale e contro a quel vecchio Seanor? » Iskadar alzò la voce verso Seanor, non era mai successo da quando erano bambini. L’amico rimase di stucco nel sentire quel tono di voce uscire dalla bocca dell’amico.
« Niente Iska, niente. »
Uscirono insieme dalla baracca e ormai era quasi notte. I due si salutarono e ognuno torno a casa propria do-po essersi dati appuntamento per la sera.


[b]Capitolo II
-Il racconto-[/b]


L’acqua scorreva sulla sua pelle. Il ragazzo aveva il capo chino e gli occhi chiusi. Il vapore della doccia aveva appannato tutto rendendo difficile vedere anche a un metro di distanza. Lui non si muoveva, stava lì lasciando che l’acqua gli scorresse addosso mentre era immerso nei suoi pensieri. Riusciva a vederla, era bellissima come sempre, gli sorrideva. Ma ad un tratto quel sorriso scomparve. Estele scappava, correi lontano. Ma lontano da chi scappava? Poi capì, stava scappando da lui. Urlava il suo nome ma lei continuava a scappare. Al braccio lei aveva il bracciale che gli avrebbe regalato la sera. Non era lui ad inse-guirla, lo capì soltanto in un secondo momento. Le mani non erano le sue, i piedi nemmeno, il corpo neppure. Era nero, sembrava fosse un mostro. Adesso la sentiva, urlava, chiamava il suo nome. Il mostro l’afferra, lei urla ancora. Poi il silenzio. Iskadar aprì immediatamente gli occhi urlando il nome della ragazza ma capì che era soltanto sovrappensiero, era una specie di sogno che stava facendo ad occhi aperti, non ci era nulla di vero in tutto ciò che stava sognando. Eppure vi era qualcosa di strano, era come una sorta di visione. Perché Estele stava scappando da quel mostro? Perché indossava il bracciale? Forse era quello il motivo, forse il mostro voleva impossessarsene. Iskadar si alzò, si era seduto come era solito fare. Chiuse l’acqua, uscì dalla doccia e si gettò l’accappatoio addosso per potersi asciugare. Si recò in camera sua e aprì l’armadio. Doveva fare bella figura, allora prese la giacca, un pantalone e una camicia e se l’infilò, andò ad asciugarsi i capelli, si in profumò ed era pronto. Si avvicinò al comodino che aveva in camera sua, sopra vi era il bracciale, ancora non l’aveva incartato. Lo osservava, il bracciale sembrava guardare lui. sentiva qualcosa di strano provenire da quel bracciale, rivedeva ancora la scena di prima, Estele presa dal mostro a causa del bracciale, ma poi pensò che si trattava soltanto si un suo pensiero, non c’era niente di vero, forse era il troppo stress che sentiva addosso in quel momento per il compleanno e la finale. Smise di pensarci e si recò in soggiorno. Vi era Bianca ad aspettarlo, alla sua vista la madre accennò un sorriso.
« Come sei elegante e bello. Stasera Estele non potrà resisterti. Vieni qui, fatti aggiustare un po’. »
Si fece sistemare dalla madre, la quale era sempre pronta quando si trattava di questo, era molto presa dalle situazioni amorose del figlio, in particolare quando si trattava di Estele.
« In bocca al lupo Iska, vedrai che andrà tutto bene. »
Iskadar restituì il sorriso alla madre per poi uscire di casa dopo aver messo il bracciale in uno scatolino incartato. Seanor era già fuori di casa ad attendere l’amico in macchina .
« Teso Iska? »
« Nemmeno un po’. » Gli mentì Iskadar, invece il cuore gli batteva forte e l’ansia lo stava per invadere.
« Sta’ tranquillo, andrà tutto per il verso giusto, poi ci sono io se avrai bisogno di una mano, se non sarò im-pegnato con qualche ragazza ovviamente. »
Seanor accese la macchina e si avviarono verso il luogo del compleanno. Indossava anche lui una giacca, camicia bianca e cravatta nera, jeans e scarpe sportive.
« Adesso penseranno che ci siamo anche messi d’accordo su come vestirci. Iniziamo bene! »
« Dai Iska sei troppo teso, e poi avresti potuto anche chiamarmi e dirmi cosa ti mettevi. »
« Zitto e guida Sea, è meglio. »
La musica si sentiva ancora prima di arrivare. Il compleanno si teneva a casa di Estele. La villa si notava da qualche chilometro di distanza vista l’illuminazione preparata per la serata. I genitori di Estele erano molto ricchi, sia per loro merito che per ascendenza. Il padre era uno stimatissimo medico nonché primario dell’ospedale provinciale, la madre invece gestiva un ristorante di lusso in zona, Estele era la secondogenita, aveva una sorella che studiava fuori e di tanto in tanto tornava a far visita alla famiglia e i parenti, Iskadar l’aveva vista di raro ma ormai era da molto tempo che non la vedeva, si dice che fosse Estele da grande, prati-camente identiche.
Arrivarono a destinazione e parcheggiarono l’auto nel parcheggio allestito per l’occasione all’ingresso dell’enorme villa. Scesero dall’auto e per poco Iskadar non si sentì male. Vennero accolti da un parcheggiatore dopo di che si diressero verso l’ingresso. Il viale che portava all’ingresso principale era stato allestito in palloncini bianchi e luci del medesimo colore, tutto bellissimo. I ragazzi rimasero incantati dalla bellezza del tutto. Giunsero all’ingresso e videro i genitori di Estele i quali si recarono verso di loro.
« Buona sera ragazzi. Iskadar come sei cresciuto, da quando tempo. »
« Buona sera signora, Estele dov’è? Vorrei farle gli auguri. »
« Un attimo te la vado a chiamare, sta di là con delle amiche. La devi vedere, è bellissima. »
La madre di Estele, Antonella, aveva un debole per Iskadar, infatti sin da quando erano bambini voleva far metterli insieme ma ha sempre ottenuto scarsi risultati, il padre, Bruno, invece sembrava un timo indifferente alla situazione sentimentale della figlia.
Iskadar e Seanor in attesa di Estele contemplavano gli altri invitati e ne riconoscono qualcuno. La sala d’ingresso era stata allestita nello stesso modo del viale ed era praticamente immensa, fatta quasi tutta in marmo con delle scultura altrettanto stupende. Seanor diede una gomitata ad Iskadar e gli disse di voltarsi. Ecco Estele, in tutto il suo splendore con un vestito blu, capelli lisci, tacchi. Sembrava un angelo.
« Ragazzi, allora siete venuti. »
« Ciao Estele, auguri. »
Iskadar e Seanor diede gli auguri alla ragazza, inutile dirvi quando Iskadar si sentisse in imbarazzo nel vederla in tutto il suo splendore, per poco il cuore non gli usciva dal petto tanto batteva forte.
« Questo è per te. – Iskadar diede il pacchetto contenente il bracciale ad Estele – E’ giusto un pensierino, nulla di che ma spero ti piaccia. »
« Grazie ragazzi, ma non dovevate. » Estele scartò il pacco.
« Mi sa che te la sei giocata amico mio. » Sussurrò Seanor ad Iskadar. Estele tirò fuori il bracciale e al contrario di ciò che Seanor pensò un sorriso infiammò gli occhi e le labbra della ragazza. Il cuore di Iskadar nel vederla sorridere si riempì di gioia.
« Ma è bellissimo ragazzi, grazie davvero. » Se l’infilò al polso.
« Estele puoi venire un attimo, c’è tua zia Assuntina che ti vuole vedere, non farla attendere, è vecchietta la zia. » La chiamò la madre.
« Scusate ragazzi, ma gli invitati mi reclamano. – Si avvicinò ad Iskadar – Grazie ancora.» Detto ciò gli baciò la guancia e raggiunse sua madre. Iskadar arrossì dalla punta dei piedi sino alla punta dei capelli.
« Te lo dico io Iska, questa qui è ceca. »
« Perché dovrebbe esserlo Sea? »
« Dai ma come le fa a piacere un bracciale come quello? Due sono le cose allora, o è ceca o è follemente innamorata di te. »
« Ma stai zitto Seanor. Piuttosto andiamo a prenderci qualcosa da mangiare. »
« Secondo me lo è entrambi. » Disse Seanor seguendo l’amico al buffè.
Uscirono dalla sala d’ingresso e si ritrovarono in un salone praticamente immenso. Era anch’esso totalmente in marmo e in marco con varie statue. Qui vi era uno spazio con dei tavoli e un lunghissimo buffè , più avanti, in fondo alla sala, uno spazio riservato a lenti e roba simile, diciamo che quelle sala era più per le persone di una certa età. I due ragazzi passarono vicino al buffè e presero qualcosina da mangiare al volo. Uscirono da lì e si ritrovarono in giardino. Un’immensa fontana di pietra era situata all’inizio del giardino, alcune coppiette di ragazzi vi ci era seduta sopra facendo le loro “cosette”. Iskadar e Seanor passa-rono dritti, non si soffermarono più di tanto nel guardare quelle scene. Appena aggirarono la fontana si trovarono tantissimi tavolino apparecchiati per gli ospito, per la maggior parte già occupati. Seanor seguiva Iskadar tra i tavoli cercandone uno libero per loro due. Iskadar si sentiva sollevato, almeno lì nessuno gli metteva pressioni addosso per la finale. Dopo aver vagato un bel po’ per gli infiniti tavoli ne trovarono uno libero quasi in fondo alla lunga fila e si accomodarono.
« Ehi Iska, io inizio ad avere un certo languorino, vado a prendere qualcosa al buffè, ti porto qualcosa? »
« Si grazie Seanor. » Seanor si alzò e scomparve tra la folla. Iskadar rimase al suo posto a contemplare un po’ la marea di invitati, non sapeva che Estele fosse così importante. Riconobbe molte persone della sua scuola ma preferì rimanere in disparte. Ogni anno prima della finale evita sempre di incontrare gente della scuola, gli avrebbero rovinato la serata. Un gruppetto di ragazzine, frequentanti il primo anno di liceo passò più volta avanti al tavolo di Iskadar guardandolo e commentando. L’ennesima volta che passarono lo salutarono con un sorrisetto a trentadue denti. Iskadar si limitò a ricambiare il saluto con un cenno di mano e un sorriso appena accentuato.
« Ah ecco qua! – Seanor era appena sbucato dalle spalle si Iskadar con due piattoni pieni zeppi di roba da mangiare, uno lo poggiò dinanzi all’amico – Ecco la tua parte Iska. Buon appetito!»
Senza fare troppi complimenti Seanor iniziò a mangiare non con molta eleganza tra l’altro. Iskadar invece con molta più classe e con molta meno fame iniziò a stuzzicare qualcosina.
« Che c’è Iska? Non ti va? »
« Non ho molta famo Sea. »
«Dai non pensarci bello e goditi questa serata, quando ti capiterà un’altra occasione come questa. »
Iskadar continuava a fissare la folla quando vide due suoi amici, Mirk e Salva, entrambi andavano in classe con loro due sin da bambini.
« Iska, Seanor! » I due li raggiunsero al loro tavolo.
« Ragazzi ma che ci fate voi due qui? Non mi sembra che eravate stati invitati. » Disse Iskadar loro, mentre Seanor era ancora impegnato nel mangiare.
« Infatti non siamo stati invitati, – Ripose Salva – ci siamo intrufolati. »
« Ma siete pazzi ragazzi? Se vi scoprono? Conoscendo il padre di Estele passerete un guaio. »
« Ma dai Iska, - lo interruppe Mirk – figurati se quel vecchio si accorgerà di noi con tutta ‘sta gente che c’è qui stasera e poi, noi due mica potevamo mancare ad una festa come questa. »
I due ragazzi agli altri due e Seanor e Salva non facevano altro che fare avanti a indietro dal buffè portando sempre nuova roba da mangiare. La serata sembrava andare avanti così, loro quattro si stavano divertendo dopo tutto, si rideva, si beveva e si mangiava e qualche volta si lanciava anche qualche occhiata alle ragazze che circolavano di là. Iskadar ogni tanto alzavo lo sguardo per tentare di vedere Estele, ogni tanto riuscì a scorgerla ma era sempre accompagnata o da qualche sua amica o da qualche parente intenti a farle gli auguri. Si mangiò più o meno fino a metà serata quando poi si fece una pausa dalla mangiatoria e tutti si recarono all’interno dove vi era l’ampio spazio dedicato al ballo. I quattro ragazzi si recarono lì e iniziarono a scate-narsi. Seanor fece qualche conquista, infatti ad un certo punto scomparve dalla pista con una ragazza dai ca-pelli biondi. Iskadar rimase a ballare con Salva e Mirk. Qualche ragazza si avvicinò ai tre ragazzi i quali ci stettero anche tranne Iskadar, non poteva dicerto fare lo scemo con un’altra avanti Estele ma anche se avesse voluto non ci sarebbe riuscito, aveva lei in testa. Ad un certo punto la musica latino e discoteca cessa ed ecco che al centro della pista rimane soltanto Estele, parte un lento. Il padre entra in pista e inizia a ballare con la figlia. Iskadar osservò tutta la scena col sorriso tra le labbra, era contento per lei e poi vederla muoversi era fantastico, era una brava ballerina. Fecero poi, in un secondo momento, l’ingresso in pista le altre coppie e anche loro iniziarono a ballare un lento. A grande stupore di Iskadar sulla pista intravide anche l’amico Seanor a ballare con la sua ennesima conquista.
Iskadar se ne uscì fuori, andò a sedersi sui bordi della fontana e iniziò a giochicchiare con l’acqua quando dopo qualche minuto l’amico Seanor lo raggiunse.
« Ah, è fantastica quella ragazza. »
« Fatto conquiste eh? Chi è la bionda? »
Seanor si sedette accanto all’amico :« Non saprei, so soltanto che si chiama Valeria e non si è staccata di dosso un momento. Per riuscire a venire qui pensa che ho dovuto trovare la scusa che dovevo andare in bagno. »
«E ti lamenti anche? Comunque, eccola che arriva, ti ha scoperto. » Iskadar sorrise nel vedere la faccia buffa e stufata di Seanor, non era proprio il tipo a cui piaceva stare sempre e soltanto con una ragazza e nel vedere Valeria trascinarlo via stava facendo morire Iskadar, ma ecco che vide scendere Estele dalle scale, anche lei rise nel vedere la scena di Seanor.
« Povero Seanor, visto che faccia? » Domandò Estele ad Iskadar.
« Già poverino, non è proprio il tipo ma mi sa che questa volta se la passerà scura. Allora, ti sta piacendo questa festa? »
« E’ stupenda! Ci hai visto prima a me e mio padre fare il lento? È stata un’emozione unica! Mamma! » Estele sembrava sognare ancora con gli occhi aperti e Iskadar dietro di lei.
« Sì ti ho vista, eri bellissima. » Iskadar rimase sbigottito. Come gli era uscito una cosa simile? Divenne rosso all’istante.
« Grazie Iska. – Gli sorrise Estele – Tu mi trovi carina stasera? »
Iskadar voleva morire, pensò che si trattasse di una presa in giro, non se ne rendeva capace che lui ed Estele stavano facendo una conversazione simile.
«S..si. Sei davvero molto carina stasera. Non che le altre volte non lo fossi ma stasera lo sei in modo particolare. Sarà il vestito, l’acconciatura… »
“Ok Iskadar, adesso stai zitto. Ma che stai dicendo? Mi sembri un deficiente. Fai un respiro profondo…”
Ma i suoi pensieri vennero interrotti.
« Anche tu stasera stai bene. » Estele era sincera. Guardava Iskadar fisso negli occhi, lui ricambiava ma la paura che il suo cuore potesse non reggere quello sguardo era alto. Un leggero vento freddo si alzò e il cielo iniziò ad oscurarsi, un temporale era in arrivo a breve. I due ragazzi ancora a fissarsi e Iskadar era imbarazzatissimo. Estele si avvicinò leggermente ad Iskadar, lui fece lo stesso. La musica non si udiva più, ormai erano soltanto loro due, nemmeno il vento gelido che si era innalzato lo sentivano. Si avvicinavano sempre di più, quel momento sembrava dovesse durare secoli. Chiusero lentamente gli occhi e le loro labbra stavano per sfiorarsi. Il vento freddo adesso se sentiva tantissimo e soffiava forse. In lontananza si sentivano tuoni. Un gemito si udì. Iskadar aprì improvvisamente gli occhi. Due occhi rossi si trovavano a pochi centimetri dai suoi, a far da contorno a quest’ultimi un viso scuro come la notte gelida. Il ragazzo sobbalzò e scattò all’indietro evitando, per poco, di cadere nell’acqua. Senza nemmeno pensarci su scaraventò un pugno al viso apparso avanti a lui ma lo attraversò. Iskadar era terrorizzato. Estele era immobile avanti a lui, tra loro due vi era soltanto la strana bestia. Era un’ombra totalmente nera, soltanto i due occhi rossi erano visibili. Estele sembrava sotto shock, sudava freddo e non dava segni di voler reagire, aveva gli occhi sbarrati a fissare l’ombra. Iskadar si sentiva impotente, non sapeva che fare.
« Chi sei e cosa vuoi da noi? »
Ma l’ombra non rispose ad Iskadar, sembrava interessato più ad Estele, infatti si voltò verso la ragazza. Estele voleva urlare ma le parole le morivano in gola tanto lo spavento era forte e si teneva stretto il bracciale il quale aveva iniziato a brillare. Lo spettro allungò la sua mano per afferrare il polso di lei. Iskadar scattò e si gettò su di Estele per far sì che non potesse essere toccata dall’ombra finendo con un tonfo atterra. Poi il ragazzo si volto ed allargò le braccia come per proteggere la ragazza. Una donna anziana accompagnata da un signore sulla cinquantina stavano scendendo le scale che portavano alla fontana quando, alla vista di quella scena e nel vedere lo spetto, emanò un urlo tremendo. Allora accorsero tutti e si scatenò il panico totale nel vedere la scena. Subito corse il padre di Estele. Lo spettro si voltò verso di lui per poi scaraventare il vecchio lontano dalla fontana. I suoi occhi rossi avevano terrorizzato tutti i quali adesso tornarono a fissare i due ragazzi.
« Allora dimmelo! Che cosa vuoi?! » Iskadar continuava ad urlare contro l’ombra. D’un tratto tutto divenne scuro, tutte le luci si spensero, le grida degli invitati non si udirono più. Iskadar gettò uno sguardo verso la folla che sovrastava le scale, tutti si erano accasciati al suolo privi di senso. Il fantasma si avvicinò ancora di più al volto del ragazzo, gli occhi dei due erano praticamente a pochi centimetri di distanza. Iskadar aveva paura, voleva scappare ma non poteva, aveva la persona di cui lui era innamorato da proteggere. Continuava a fissare lo spettro, il quale faceva altrettanto. Era quasi una sfida a chi cedeva per prima. Il ragazzo aveva cacciato fuori tutto il coraggio che aveva ma lui non era uno spirito, era un essere umano. Poteva sentire il pianto di Estele dietro di lui, la quale si era aggrappata alle sue spallo come per nascondersi. Lo spettro iniziò a dire qualcosa ma ciò che diceva erano parole incomprensibili. Era una lingua che mai aveva sentito, come se non facesse parte di questo mondo. La voce del fantasma era oscura, fredda e stridula, quasi rischio di sfondare il timpano ai ragazzi. Dopo di che afferrò Iskadar e lo scaraventò a qualche metro di distanza per poi afferrare il braccio al quale era infilato il bracciala ancora splendente. Il ragazzo tentò di alzarsi imme-diatamente e a correre dall’amica ma la caduta era stata troppo forte e una fitta all’anca lo fece ricadere atterra. Estele urlò il suo nome con tutta la voce che aveva in gola. Iskadar si sentiva inutile e impotente verso quella cosa, non poteva essere d’aiuto alla ragazza. L’ombra dagli occhi fiammeggianti alzò in aria Estele e la fissava. Iskadar, tenendosi l’anca corse verso di loro ma quando si gettò addosso la ragazza loro erano spariti nel nulla riuscendo soltanto a incrociare gli occhi della ragazza, quegli occhi verdi che lo guardavano. Cadde nella fontana inzuppandosi totalmente rimanendo a fissare dove fino a pochi secondi fa vi era Estele e lo spettro. Non aveva parole, non sapeva cosa dire. Cos’era quella cosa? Pensava si trattasse di un sogno, forse stava davvero sognando e se così fosse voleva risvegliarsi il più presto possibile. Distolse lo sguardo e guardò la folla ancora svenuta dinanzi a lui. Il vento ancora soffiava forte e gelido ma la luce tornò.
« Iska! Iska! » Era Seanor, il quale correva verso il ragazzo per poi aiutarlo ad uscire dalla fontana.
« Seanor, un’ombra nera ha preso Estele, dobbiamo salvarla! » Disse Iskadar agitatissimo.
« Calma Iska! Spiegami con calma cos’è successo, tutta questa gente svenuta poi. »
Iskadar iniziò a raccontare l’accaduto all’amico il quale sembrava incredulo nell’udire quelle parole.
« E allora perché io e te non siamo svenuti? Perché quella cosa ha rapito Estele? Perché soltanto lei? »
« Non ne ho idea Seanor, ma so di certo che la cosa non era di questo mondo, non ho mai visto nulla del genere in vita e sai, un sospetto io ce l’avrei. »
« E quale sarebbe secondo te? »
« Il bracciale. »
« Il bracciale? Non capisco Iskadar, cosa centra un oggettino con tutto questo? »
« Non ha fatto che brillare per tutto il tempo, ha qualcosa che non va. Già dal vecchio avevo sentito una strana presenza, come se avesse preso il controllo di me. »
« Non voglio dire sempre la stessa cosa Iska ma, io te l’avevo detto che c’era qualcosa di strano in quel bracciale. »
« Non ci resta altra scelta che recarci dal vecchio e chiedere spiegazioni a lui e anche chiedergli un modo per salvare Estele da quella cosa. »
I due ragazzi non ebbero il tempo di controllare le persone svenute, avevano Estele da salvare. Di corsa rag-giunsero la macchina, Seanor l’accese e sgommando si mise in strada. Sfrecciando come una freccia raggiunsero il più velocemente possibile la bottega del vecchio.
Iskadar scese per primo dall’auto, corse verso l’abitazione e con un calcio potentissimo sfondò la porta, la quale venne scaraventata lontana qualche metro.
« Vecchio! – Iskadar, seguito da Seanor, entrò nella casa e iniziò a chiamare a squarcia gola l’anziano venditore – Vecchio esci allo scoperto io e te dobbiamo parlare! »
Ma i due ragazzi non ricevettero risposta, del vecchio in giro non vi era nessuna traccia. Iskadar era una furia ed era in ansia per Estele, non era riuscito a proteggerla dallo spettro. Allora iniziarono a vagare per la casa, trovarono l’interruttore della luce e l’accesero. Adesso la stanza era leggermente più illuminata, ma la situazione non migliorò di molto. Iskadar trovò una porta leggermente nascosto da due scaffali enormi. Lentamente si avvicinò stando sempre sull’allerta, non poteva mai sapere se sarebbe riapparsa l’ombra mentre Seanor afferrò una mazza e seguì l’amico. Aprì lentamente la porta cigolante. Si ritrovarono in una stanza buia, soltanto una tenue luce proveniva da una candela in fondo alla stanza. I due rimasero sulla porta ma tentarono di focalizzare ciò che stava vicino la candela, vi era una sagoma.
« Vecchio, sei tu? » Domandò Iskadar.
« Vieni avanti ragazzo. » Sembrava la voce del vecchio ma ‘sta vota era molto meno forte e più debole di quando l’ascoltarono poche ore prima, sembrava malata. Seanor avanzava lentamente verso la sagoma seguito da Iskadar.
« Vieni qui vicino, fatti vedere. » Continuò la sagoma. Allora Iskadar si avvicinò lentamente alla candela, una sedia era accanto al comò. Adesso riusciva a vedere più chiaramente cosa di trovava dinanzi a lui: vi era un letto mal ridotto, dava il senso di essere molto scomodo, all’interno vi era il vecchio ma la cosa strana era che l’anziano uomo adesso sembrava molto più vecchio di qualche ora prima e malato gravemente, lui stava sotto le coperte col volto a fissare il soffitto.
« Vecchio ma cos’hai? » Domandò Iskadar allorché il vecchio gli rispose :« Ragazzo, devo confessarti un po’ di cose, siediti, parleremo per un po’. »
Iskadar si sedette.
« Mi devi delle risposte. Quel bracciale, ha qualcosa di sovrannaturale non è vero? È apparso uno spetto nero dagli occhi rossi il quale ha rapito la mia amica! Dimmi che diavolo è quella cosa! » Iskadar iniziava ad agitarsi mentre Seanor rimase dietro ad Iskadar, si limitò ad appoggiarsi al muro incrociando le gambe e nello stare ad ascoltare.
« E così, hanno già fatto la loro mossa. – Il vecchio sospirò ma continuava ugualmente a fissare il soffitto – Quello ragazzo era un though, un essere non appartenente a questo mondo. È un servo del male, il cui unico obbiettivo, nonché ragione di vita, è quello di servire e proteggere al meglio il suo oscuro signore. »
« Though? Oscuro signore? Altro mondo? Ma che stai dicendo? Mi stai prendendo in giro? Questa non è una favola! Una mia amica è stata rapita da quel coso! Io devo salvarla! »
« Vuoi salvarla dici, eh? È difficile se non impossibile. »
« Non m’importa vecchio! Io devo salvarla e tu mi aiuterai! È tutta colpa di quel tuo bracciale che mi hai dato! Adesso capisco perché te ne sei voluto liberare così facilmente. »
« Ti aiuterò ragazzo, ma prima devi conoscere tutta la storia. Sei disposto ad ascoltarmi con pazienza? »
Adesso Iskadar iniziava ad andare in escandescenza.
« Pazienza? Tu mi dici di pazientare in un momento simile? Forse non ti rendi conto della gravità della si-tuazione in cui mi hai cacciato! »
« Fidati ragazzo, conosco benissimo la situazione in cui ti trovi. Adesso calmati e ascolta la mia storia, hai bi-sogno di capire tutto per poter tentare di salvare la tua adorata. »
Iskadar fece un sospiro profondo, si calmò e adesso era pronto ad ascoltare ciò che il vecchio aveva da dire loro.
« Dovete sapere ragazzi che questo mondo non è l’unico esistente. Esistono dei portali chiamati Laurë, i quali sono stati fondati anni ormai remoti dagli elfi. Questi Laurë collegano questo mondo con quello di Stilus. Questo è un mondo molto diversa da questo in cui viviamo, esiste la magia, essere sovrannaturali, moltissime razze diverse da loro e fidatevi, dirvelo a parole non servirebbe per descriverlo. In principio Stilus era abitato soltanto dagli Dei, i quali hanno creato quel mondo. Esiste un capo degli Dei, Alcarin è il suo nome. Dall’accoppiamento dei vari dei nacquero gli elfi, i quali iniziarono a popolare il mondo di Stilus. Un giorno Alcarin decise di creare una nuova razza, quella degli umani. Quest’ultimi vissero felicemente e in collaborazione con gli elfi. Dall’accoppiamento di Alcarin e sua moglie Merenwen, reggina degli dei, nacque Elrohir il quale divenne principe degli elfi viventi in Stilus. Gli uomini sin dall’antichità hanno sempre bramato il potere, allora il re degli uomini, Amras dichiarò guerra agli elfi sterminandoli quasi tutti con l’aiuto della magia oscura, il quale praticava. Lui ha creato tramite vari tabù i though, i quali lo servirono per moltissimo tempo sino alla sua morte. Il mondo di Stilus cadde nel caos più totale, le tenebre oscuravano tutto il pianeta, allora il Dio Alcarin decise di intervenire nella guerra schierandosi dalla parte degli elfi. Dopo una battagli durata decenni Alcarin sembrò sconfiggere Amras ma venne tradito dal principe, suo figlio, alleato segretamente col re degli umani. Ma anche gli altri dei intervennero nella guerra. Elrohir divenne uno stregone potentissimo, talmente capace e dotto nella magia oscura che scoprì un modo per ottenere l’immortalità. La guerra infuriava ma lui la usò come un diversivo, il suo obbiettivo era quello di ottenere l’immortalità e poi prendere il posto del padre tra gli dei e diventare il dio supremo. Ma gli dei forgiarono un cristallo potentissimo nel quale riuscirono ad imprigionare il giovane principe oscuro ma essendo troppo grande il suo potere, decisero di dividere il cristallo in sette parti. Nel frattempo il re degli uomini venne sconfitto e gli dei proclamarono sette nuovi re, ognuno per un regno. I sette pezzi del cristallo vennero fusi con sette diverse reliquie, la Spada degli dei, la corazza di Alcarin, lo scettro del re, il bastone di Merenwen, il flauto di Pan, la collana degli dei ed infine il più potente dei sette, il brac-ciale del potere, nel quale era imprigionato tutto il potere magico di Elrohir. Una guerra da parte dei servitori del principe caduto e tutt’ora in corso, soltanto una volta riuniti tutti sette i cristalli il principe potrà essere liberato. I though sono servi del principe e la loro missione è quella di recuperare il cristallo sul bracciale. »
I due ragazzi rimasero increduli alle parole del vecchio. Davvero esisteva un mondo parallelo colmo di magia con dei, elfi, demoni e tutto il resto? Se non avrebbero visto con gli occhi il though non ci avrebbero mai creduto.
« Storia affascinante vecchio ma adesso dimmi come raggiungere la nostra amica e poi come ha fatto il bracciale a giungere fin qui, nelle tue mani? » Domandò Iskadar al vecchio.
« Sei un ragazzo davvero molto curioso. Uno dei sette re era un mio avo e quindi io sono un suo diretto erede. Mi fu affidata una missione, quella di portare il cristallo al di là del Laurë che portava in questo mondo per far si che il settimo cristallo non potesse mai essere recuperato. A quando pare alla fine ci sono riusciti, hanno avvertito la presenza attraverso il Laurë. – Il vecchio fece una breve pausa, la sua voce si fece affannosa, il suo respiro asmatico e la tossa non gli dava tregua, poi riprese dopo un po’ – Sono circa ottanta anni che io vivo in esilio per proteggere il mondo di Stilus ma mi ero stancato, ero continuamente sotto l’influenza del cristallo, quasi ero tentato di riportare il cristallo di nuovo dall’altra parte del Laurë, ci ero quasi. Il possessore di uno delle sette reliquie ha una vita più lunga rispetto un normale essere vivente, si dice lunga quasi quanto un elfo, ma io sono stanco di vivere voglio riunirmi a loro, a lei, voglio rivederla, riabbracciarla. Il cristallo prima o poi distruggerà il proprio possessore, lo condurrà alla follia, alla solitudine, alla sofferenza senza fine. – Sospirò, la sua voce si fece molto fine – Ragazzo se vuoi salvarla devi attraversare il Laurë e trovare la tua amica prima che sia troppo tardi. La condurranno da Lui, il braccio destro del principe caduto il quale staccherà il bracciale dal suo braccio ponendo fine alle sue sofferenze. Il Laurë, il portale per Stilus si trova in cima a questa montagna, in una grotta. Recati lì, entra in Stilus e trova Alcarohtor, è un mio vecchio amico…lui saprà cosa fare. » Rimase a fissare il soffitto, il respiro asmatico cessò, ormai la vita lo stava lasciando. Si voltò nuovamente verso Iskadar :« Ragazzo se davvero la ami, salvala. – Sorrise – Io finalmente potrò rivedere…la mia. » Detto ciò espirò e lentamente chiuse le palpebre, lasciando che una lacrima lo accompagnasse da lei, la persona per cui ha vissuto.



[b]Capitolo III
-Il Portale-[/b]

Sotto gli occhi dei due ragazzi improvvisamente il corpo privo di vita del vecchio scomparve. Iskadar scattò in piedi.
« Seanor ho deciso, vado a recuperare Estele, attraverserò il Laurë anche a costo della mia vita lei tornerà sana e salva a casa!. – Guardò le lenzuola vuote – Vecchio te lo prometto, la salverò! »
« Iskadar non sarà un gioco facile, nel sentire le parole del vecchio. Sei sicuro? » Seanor, il quale era appoggiato vicino al muro si avvicinò all’amico mettendosi a braccia conserte.
« Certo che sono sicuro, mai stato così sicuro in vita mia. Non posso lasciarla nelle mani di quei tipi e che muoia senza fare nulla per salvarla. Non ti costringo nel venire con me. Con o senza di te io vado. »
Iskadar si girò e guardò negli occhi l’amico. Dopo un primo momento in cui i due ragazzi rimasero seri poi Seanor ruppe il silenzio con un sorriso e disse :«Potrei mai lasciarti andare senza di me Iska? Questa è l’avventura che sin da bambini abbiamo sempre sognato – Mise entrambi le mani sulle spalle dell’amico e lo fissò negli occhi continuando a sorridere - e finalmente abbiamo l’opportunità di salvare una donzella in difficoltà. Poi voglio vedere queste elfe come sono, sicuramente sono gli essere più belli e affascinanti dell’universo! »
Iskadar rispose al sorriso dell’amico.
« Grazie Seanor, sei un amico. »
« Figurati Iska. »
Detto ciò i due ragazzi si voltarono lasciando alle loro spalle il letto ormai vuoto e corsero fuori. Le tenebre erano calare e faceva un freddo polare. Entrambi ancora con addosso ancora gli abiti formali si av-viarono verso la cima del monte. Lo strada che portava alla sommità della montagna era malridotta e il fango era dominante, qualche ciuffo d’erba ricopriva il centro del viale e si notava che era una strada non molto frequentate perlopiù utilizzata dai pastori per portare a spasso il proprio gregge nelle enormi distese verdi.

[i][b]Continua...Allora cosa ne pensate? Consigliatemi grazie ^^[/b][/i]


:ciao:
12 replies since 26/6/2007