Una conversazione con..., Andrea Marinucci Foa e Manuela Leoni

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Terry78
icon12  view post Posted on 31/1/2013, 15:13




1) Ciao Andrea e ciao Manuela! Benvenuti nel mio piccolo spazio. Vi va di presentarvi ai lettori...
Solitamente non parliamo molto di noi stessi; più che da una scelta precisa dipende dall’abitudine professionale. Infatti, uno (Andrea) elabora progetti per il web, l’altra (Manuela) si occupa di organizzazione di contenuti e di editing: siamo abituati a valorizzare gli altri rimanendo dietro le quinte e dunque il nostro approccio istintivo con Jacques Korrigan a Brocéliande è quello di mandare avanti i personaggi.
Oggi chi scrive deve saper raccontare se stesso, puntando su quegli aspetti che possono trainare l’attenzione di un pubblico abituato allo show. Se il pubblico ha bisogno di conoscere gli autori prima di esplorare i romanzi, bisogna venirgli incontro. Approfittiamo quindi dell’occasione che ci hai regalato per portarci, per una volta, al centro del palcoscenico.
Viviamo insieme da molti anni e abbiamo tre figlie, con intere tribù di amici che transitano per casa nostra. La nostra giornata quotidiana assomiglia a quella di Elrond di Gran Burrone, nell’ultima casa accogliente: passaggio quasi obbligato, con i suoi stimoli, le sue biblioteche, le sue arti, i suoi canti, le compagnie chiassose che arrivano e ripartono per andare a cercare tesori o perdere anelli.
Quindi nella nostra attività narrativa siamo perennemente ispirati e disturbati, non c’è nulla di semplice e nulla di difficile.
Uno di noi (Andrea) ha passioni scientifico-umanistiche, interessato e impegnato in campi come archeologia, antropologia, evoluzione, biochimica, storia del pensiero scientifico, teorie dell’organizzazione. L’altra (Manuela) ha una vena artistica: disegna, dipinge e suona il violino. Teoria e pratica, tecnica e arte, sono un po’ come lo yin e lo yang: portano dentro di sé i loro opposti. Così, ad esempio, tra noi “il teorico” è anche appassionato di musica, per lo più celtica e medievale, e la “persona pratica” ha un certo talento per i principi organizzativi.
Nel caos quotidiano non si sopravvive senza imparare ad essere una squadra, tema che ricorre nelle nostre storie e che alla fine ha un sapore autobiografico.

2) Andrea, tra le altre passioni hai quella per la musica celtica. Com’è nata questa passione? Ti ispira quando scrivi?
La passione per la musica folk oggi è molto comune, ma negli anni 80 la musica popolare celtica aveva una diffusione molto limitata, soprattutto in Italia. Trovare dischi e cassette era molto difficile; imbattersi nel folk bretone è stato un caso, un regalo di un’amica hippy. Per me, un ragazzo che stava elaborando le sue prime storie di fantasy classica dopo essere rimasto incantato dal Signore degli Anelli e dalle Nebbie di Avalon, imbattersi nel concerto di Alan Stivell a l’Olimpia di Parigi è stata una rivelazione: ritmi e sonorità antiche, strumenti come l’arpa e la cornamusa, s’innestano perfettamente in un contesto epico tolkeniano o arturiano.
La musica è una narrazione che ha la sua massima espressione nel ritmo: la musica mentre si scrive non offre solo ispirazione, interviene prepotentemente nel linguaggio, nelle trame, aiuta a elaborare il ritmo del racconto. La musica che si ascolta scrivendo è un aspetto molto personale di ciascuno; non perché sia un fatto riservato, ma per una questione di sintonia tra il processo creativo e il ritmo della musica. Io ascolto addirittura musica diversa per storie diverse. Jacques Korrigan a Brocéliande che ha ambiti e quindi ritmi diversi e articolati, da quello del giallo al quello del fantastico passando per altri (l’avventura, lo spionaggio il procedurale poliziesco), ha richiesto una vasta discografia, dalla musica tradizionale bretone (buona parte del romanzo è ambientato in Bretagna) a musica moderna come quella di Noa. Nell’elaborazione del finale del romanzo, che è stata piuttosto difficile da comporre, il ritmo giusto me l’ha regalato una canzone di un giovane musicista comparso casualmente tra i suggerimenti di facebook a Manuela, Bran Vihan (in bretone significa Piccolo Corvo). Abbiamo parlato brevemente via web e l’ho ringraziato di averci ispirato il finale del libro: era molto orgoglioso di aver “interferito” nel processo creativo di altri. Adesso ci seguiamo reciprocamente nelle nostre diverse attività.

3) Archeologia, un altro campo di cui ti occupi, Andrea. Secondo te, quanto ha da raccontare ai giorni nostri il passato? E, soprattutto, cosa può raccontarci?
Ad uno scrittore, il passato dona le sue storie. L’unico ingrediente realmente comune a tutti coloro che scrivono è l’interesse per ascoltare le storie degli altri, non solo per passione ma anche per interesse professionale: comprendere tecniche, modelli, ambientazioni, prospettive. Oggi la narrativa trova una vasta diffusione nei telefilm e una delle tecniche più accattivanti è quella di costruire spin-off e crossover. Uno spin-off è una narrazione che parte da un personaggio secondario di una storia e che corre parallela o segue la narrazione principale, mentre il crossover getta un ponte tra due storie diverse, mettendo personaggi di una storia in un’altra. Se ci si pensa bene l’Odissea è uno spin-off dell’Iliade (Omero utilizzò anche tecniche moderne, come il ricorso ai flash-back), mentre Dante strutturò l’intera Commedia sul crossover, personaggi e storie di ogni tempo in una sorta di rave narrativo mai uguagliato nella forza espressiva e nella creatività. Guardando il passato ci si accorge che ogni contesto è terribilmente sofisticato, articolato, fin dalla preistoria. La semplicità del passato è un mito, ogni epoca ha la sua complessità, ovviamente in ambiti e modi diversi dalla nostra. Questo ci aiuta nel costruire ambientazioni plausibili, persino nei racconti fantastici o fantascientifici: una società umana è sempre complessa e piena di contraddizioni. Nel secondo romanzo di Jacques Korrigan si parlerà delle caverne preistoriche dei Pirenei e della Dordogna: si tratta di luoghi famosi per le pitture rupestri, come Lascaux e Les Trois-Frères, dove tra 40.000 e 15.000 anni fa, in piena epoca glaciale, gli uomini documentarono la loro incredibile inclinazione artistica. Ma c’è di più: alcune raffigurazioni vennero esportate, ricreate identiche anche a 300 Km di distanza. Nel pieno della lotta darwiniana per strappare cibo e riparo ad un’Europa gelida, senza allevamento e agricoltura, esistevano artisti girovaghi che si portavano appresso i loro bozzetti!

4) Manuela, tu invece sei prevalentemente una pittrice e una violinista, come mai hai deciso di cimentarti nella scrittura? Quando e com’è nata questa tua grande passione?
Ho sempre scritto e questa attività non è in contrapposizione con le mie passioni artistiche e musicali, anzi le completa in un insieme espressivo che fa parte di me, è talmente profondo che mi è difficile separarlo dal resto della mia personalità. Soprattutto, non mi interessa analizzarlo.
Il fatto nuovo non è scrivere, né scrivere a quattro mani visto che io e Andrea abbiamo collaborato a molti progetti e che ho lavorato sull’editing di altre sue storie. Il fatto nuovo è realizzare un progetto - e un progetto ambizioso come Jacques Korrigan a Brocéliande! - superando, abbandonando la tentazione di tenere per me quello che scrivo.
Abbiamo passato molto tempo analizzando i diversi modelli narrativi del cinema, della televisione, dei diversi generi letterari, cercando di scrivere un romanzo che fosse leggero, raffinato e moderno, che si potesse leggere a più livelli. E’ stato impegnativo ma molto divertente, e questo è l’aspetto più importante di tutta l’esperienza.

5) “Jacques Korrigan a Brocéliande”, un libro scritto a quattro mani. Che esperienza è stata scrivere questo libro a quattro mani? C’è un aneddoto curioso che vi è capitato durante la stesura del vostro romanzo? E come mai avete scelto di intitolarlo così?
Il titolo è dovuto al nome di uno dei protagonisti, il cui ruolo è centrale nella serie: Jean-Jacques Mevel soprannominato “Korrigan”. Trattandosi di una serie, utilizzare il nome del “protagonista” identifica subito il romanzo. Abbiamo così “Jacques Korrigan a Brocéliande” e avremo prossimamente “Jacques Korrigan e la Pietra di Artù”.
Scrivere a quattro mani è sempre difficile, se non ci si dividono i compiti in modo da avere una narrazione uniforme. Noi decidiamo insieme la trama, diamo forma ai personaggi, quindi il testo in primissima stesura viene prodotto da uno (Andrea), mentre l’altra (Manuela) effettua i primi aggiustamenti “pesanti” sulla trama. Quindi si ridiscute e si apportano ulteriori ampliamenti, tagli, modifiche. Poi abbiamo diversi passaggi di revisioni per controllare i dettagli, il linguaggio, il ritmo, la coerenza interna al volume e con la trama della serie.
Durante l’ideazione e la stesura, vivendo assieme, parliamo di continuo di personaggi, sviluppi, intrecci. Così, in fila al supermercato o alla posta, alla fermata dell’autobus ci sono interminabili sessioni creative su argomenti apparentemente incomprensibili, a cui i passanti assistono con un po’ di curiosità e forse un pizzico di sconcerto.

6) “Jacques Korrigan a Brocéliande” è un romanzo a metà strada tra l’avventura, lo spionaggio, il giallo e il poliziesco. Com’è nata l’idea di scriverlo e soprattutto di creare una serie dedicata alla figura di questo investigatore? Spiegate al lettore di quanti e quali volumi si comporrà l’opera, dando, se potete, delle brevi anticipazioni...
Jacques Korrigan non è propriamente un investigatore, ma un ricercatore che si trova in una squadra di investigazione sul paranormale e che, essendo esperto nella mitologia e in diverse discipline umanistiche e scientifiche (è un personaggio “rinascimentale” nel suo interesse per tutti gli aspetti della realtà), ha un ruolo importante nel disvelare i misteri.
Utilizzando come pretesto narrativo le ricerche naziste degli anni 30, quelle del gruppo Ahnenerbe creato ha Himmler nel 1935 che ha ispirato il filone di Indiana Jones e di Hellboy al cinema e diversi romanzi fantastici, ci siamo ritrovati con tanto di quel materiale da dar vita a una lunga serie. I nazisti erano stati in tutto il mondo nel tentativo di dare una parvenza di solidità alla mitologica razza ariana, dal Tibet al Sud America e un po’ dappertutto in Europa; avevano delle idee talmente fantasiose da foraggiare generazioni di romanzieri.
Nella nostra storia - e qui entra in gioco la fantasia - le ricerche del gruppo di Himmler non sono mai state abbandonate, ma sono proseguite in segreto durante la guerra fredda a opera di entrambi i blocchi, fino al periodo dell’undici settembre, che ha segnato la ripresa ufficiale delle ricerche da parte della CIA. Il gruppo di investigazione protagonista della nostra serie si innesta dopo il cambio di amministrazione americana, in piena era Obama e quindi con premesse totalmente differenti. Tempi, organizzazioni, approcci differenti moltiplicano gli spunti narrativi e il nostro problema attuale non è dove trovare le idee ma come evitare di metterne troppe tutte assieme.

Il nostro progetto si compone di almeno sei romanzi (più un certo numero di racconti e spin-off). Al momento stiamo lavorando sul secondo, ma abbiamo definito parte della trama del terzo e abbiamo già qualche idea per il quarto. E’ meglio precisare che ogni romanzo si può leggere separatamente dagli altri: si tratta di una serie di episodi, non di una singola storia divisa in innumerevoli volumi.
Per quanto riguarda le anticipazioni, uno dei romanzi si svolgerà in Italia, ma ancora non abbiamo deciso dove. Gli studiosi di Himmler cercarono invano la tomba di Alarico, il re dei visigoti morto nel 410 d.C., nella zona del fiume Busento (nei pressi di Cosenza), e questo potrebbe fornirci uno spunto di partenza, ma d’altra parte le storie di folletti sono diffuse in tutta Italia e questo potrebbe attirare la squadra di Jacques Korrigan in qualsiasi posto.

7) Avete fatto delle ricerche per dare maggiore veridicità al vostro personaggio, oppure l’opera è di completa fantasia? Se avete fatto delle ricerche, come le avete fatte (in Biblioteca o su Internet)?
Per le ricerche geografiche abbiamo approfittato di internet. E’ molto utile avere la possibilità di visitare virtualmente i luoghi, di guardare che tempo faceva a Rennes il 20 giugno 2011 o com’era la luna la notte seguente, persino di guardare dal finestrino di un’auto il tragitto tra una città e l’altra! Alcuni dei luoghi del romanzo ci erano molto familiari, per cui la ricerca non era davvero necessaria ma dato che era estremamente divertente (scrivere è un impegno divertente, questa è la verità) l’abbiamo fatta lo stesso.
La trama è estremamente articolata, si svolge in tre periodi storici e tocca (ci piace dire con poca modestia “sfiora con delicatezza”) tematiche differenti - etnologiche, scientifiche, geopolitiche, storiche, mitologiche - ma abbiamo librerie ben fornite a casa e, per il resto, amici e famigliari specialisti in campi diversi a cui rubare un po’ di tempo. Lo sviluppo e la conclusione del romanzo hanno implicato parecchia fantasia, ma abbiamo cercato di mantenere delle solide basi storiche nelle premesse.
Con i personaggi ci siamo divertiti ancora di più. Sono una ventina, quindi la gran parte della trama è terreno di conquista per i rapporti, le contrapposizioni, gli sviluppi interpersonali dei dialoghi. Anche con l’aiuto di una giovane illustratrice di grande talento, abbiamo lavorato da una prospettiva per noi inedita, quella della rappresentazione di dettagli che avremmo naturalmente considerato poco rilevanti. Il modo di vestire, come si portano i capelli, il modo di ridere. Da lì, ci siamo raffigurati le espressioni, i tic, il modo di muoversi dei diversi personaggi. E’ stato particolarmente importante perché il nostro non è un romanzo introspettivo. L’unico sistema per capire cosa stia pensando un personaggio è ascoltare quello che dice e magari guardare i suoi gesti e le sue espressioni. Abbiamo scelto i nomi dei personaggi con una certa cura, lavorando sia sul significato che sulla sonorità e persino sulla diffusione dei cognomi nelle zone d’origine (cosa facile per europei e nord americani, un po’ meno per i personaggi originari dell’Africa e dell’Asia).

8) Cosa vi affascina del mondo investigativo? Le indagini? Il ragionamento che sta dietro alle indagini? Oppure la figura di per sé dell’investigatore?
L’investigazione è un altro modo di vedere la classica quest, la ricerca che compone il motore della storia fantastica. Non c’è molta differenza, se non nei modelli procedurali e nei ritmi, tra la caccia al Graal e la soluzione di un giallo. Da questo punto di vista, noi ci siamo complicati la vita, perché nella serie di Jacques Korrigan sono presenti entrambi gli ambiti e quindi entrambi i ritmi narrativi. Abbiamo guardato con attenzione i molti aspetti dell’investigazione nella narrativa: la procedura, la squadra, le piste sbagliate, gli indizi accidentali, costruendo il nostro modello. Che ovviamente non anticipo per non rovinare la sorpresa ai lettori. Per Jacques Korrigan abbiamo scelto l’impostazione della squadra piuttosto che il modello personaggio/spalla: più Compagnia dell’Anello che Holmes & Watson, in sostanza.

9) Vorreste citare un passo, una frase significativa del vostro libro, spiegando la ragione della vostra scelta ai lettori...
“Mi sarebbe piaciuto tornare in Bretagna con te, dove è cominciato tutto questo. Ma in realtà dove ci troviamo non è importante, la magia non è nei posti, è nelle persone.”
E’ una frase che riassume il carattere umanistico della squadra e dell’organizzazione di cui fa parte, ma anche dell’impianto complessivo del nostro romanzo.

10) A quale pubblico pensate si rivolga il vostro romanzo? Chi vorreste raggiungere con la vostra scrittura?
Abbiamo tentato di realizzare un romanzo “leggero”, destinato a tutti. Ma leggero non significa poco curato. Il nostro obiettivo è divertire ed ognuno dei generi differenti a cui ci riferiamo ha un modo diverso di divertire: nel giallo il lettore cerca di risolvere il caso, nell’avventura c’è la suspence, nella fantasy la meraviglia, nelle trame spionistiche l’intrigo da sciogliere. Aggiungendo un pizzico di umorismo per accompagnare il tutto con un sorriso, qualche parte sentimentale e un accenno o due ai drammi del nostro tempo, il nostro progetto si è rivelato davvero ambizioso proprio perché non ha un pubblico di riferimento. Forse si può dire, senza essere etichettati come immodesti, che i riscontri nei primi lettori sono positivi.
Ci siamo anche sforzati, contaminando la narrativa scritta con alcune tecniche e alcuni archetipi di quella cinematografica e televisiva, di suscitare la curiosità dei non-lettori e dei lettori occasionali. Ci interessa molto il pubblico giovane, perché reputiamo un dramma che nel nostro paese si legga così poco e pensiamo che una rinascita della letteratura possa venire proprio dai ragazzi, a cui però bisogna andare incontro, innovando linguaggi e strutture, lasciando loro spazi di discussione ed ascoltando con attenzione quello che hanno da dire. Ma senza impoverire le trame, senza operare troppe semplificazioni, senza fermarsi alle loro abitudini, che sono comunque limitate da un insieme accuratamente governato dagli adulti: le mode, la televisione, le case discografiche.
Noi siamo riusciti ad emozionare dei lettori giovani e questo è di per sé un successo veramente molto gratificante e uno stimolo a continuare.

11) Un consiglio per chi vuole “affacciarsi” in questo affascinante mondo della narrazione... cosa vi sentiresti di consigliargli?
Dare consigli agli altri è una responsabilità molto pesante: narrare è qualcosa di terribilmente personale, è giusto e sano che ognuno elabori i propri strumenti e i propri modelli. L’unico consiglio che ci sentiamo di dare è quello di ficcare sempre il naso dappertutto, guardare sempre il mondo dalla prospettiva del narratore, cercare di comprendere le tecniche degli altri, insomma prendere sempre appunti, anche solo mentalmente. Osservare le persone, i loro gesti, le espressioni facciali alla ricerca dei propri personaggi. Ecco, magari senza stalkerarle.

12) C’è un sogno nel cassetto? Qualcosa che non avete realizzato, ma sperate presto si realizzi?
Un posto isolato e accogliente per scrivere, magari un faro nel Maine o in Nuova Scozia. E’ un sogno in un cassetto molto difficile da aprire.

13) Progetti per il futuro. Qualche anticipazione...
La serie di Jacques Korrigan è molto impegnativa per due persone che devono fare molte altre cose nel quotidiano. Lavorare, per esempio. Il tentativo di produrre un romanzo all’anno, di autopromuoverlo, di mantenere un contatto con i lettori attraverso il sito web e i social network è già molto ambizioso. Certamente, se in futuro potremmo dedicare più tempo a scrivere, ad esempio trovando un editore che prenda in mano la promozione e la diffusione dei nostri romanzi, potremmo tirare fuori dai cassetti molte altre storie, ma è meglio restare con i piedi per terra: certe cose richiedono tempo e pazienza.

14) Volete aggiungere qualcosa, prima di concludere l’intervista?
Abbiamo parlato del romanzo senza anticiparne troppo la trama, soprattutto senza dire nulla sulla natura della sua parte fantastica. Ci siamo limitati a spiegare un po’ le premesse - che sono appositamente ingarbugliate, visto che il romanzo è costruito sulla soluzione del mistero. Fornire altri dettagli sciuperebbe la sorpresa. Possiamo soltanto ricordare che ilmiolibro.it fornisce la lettura gratuita delle prime 49 pagine (ci trovate facilmente cercando “Jacques Korrigan” o anche solo “Korrigan”), due capitoli interi e parte del terzo. Tutta questa parte, per fortuna (non sapevamo che il sito avrebbe reso disponibili così tante pagine), non contiene ancora soluzioni e risposte, per cui si può leggere senza rovinarsi la suspence. Tuttavia, se fate parte di quei lettori che non vogliono propria nessuna anticipazione, fermatevi a pagina 30, cioè alla fine del primo capitolo.

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Potete leggere l'intervista anche qui: http://terrysfantasy.blogspot.it/2013/01/u...-marinucci.html
 
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