Analisi Parziale

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uovos
view post Posted on 4/5/2012, 01:20




Analisi Parziale.

Non so se chiamarla prefazione, introduzione o qualcos' altro, ma questa parte iniziale servirà al lettore per capire meglio quello che con questo scritto vuole essere espresso. Voglio rappresentare quello che mi passa per la mente in modo parziale, immagino quello questo racconto come una sinusoide che si estende fino al punto 5 di ordinata, ma che nel punto 3 è attraversata da una retta parallela all'asse della ascissa per tutta la durata della sinusoide, lasciando fuori dal racconto tutto ciò che sta dal punto 3 al punto 5 di ordinata; perché in modo parziale? Semplicemente perché non voglio raccontarmi per intero. Anzi non so bene cosa voglio fare. Non mi voglio raccontare. Voglio scrivere. Mi sembra però che sia questo un caso in cui conoscere meglio chi scrive aiuti la comprensione del testo. Devo dire che anche non essendo mai stato brillante al liceo (scientifico) ho tratto dai "suoi" insegnamenti diverse applicazioni nella vita pratica, credo soprattutto dalla fisica. Non ho idea di quanto sarà lungo questo scritto, ma sono abbastanza sicuro che chi lo leggerà avrà modo di conoscermi molto meglio. Non sono mai stato un granché nello scrivere temi, saggi brevi o quant'altro, infatti, sicuramente troverete diverse imperfezioni linguistiche, ma non mi interessa perché scrivo quello che mi dice la testa, questo anche per fare in modo di comunicare al meglio quello che intendo "mostrare"; non ho bisogno di regole grammaticali per scrivere dei miei ragionamenti, dal momento che ciò che principalmente voglio fare è trasmettere sensazioni. Sono giunto all'idea di scrivere tutto ciò poiché sto attraversando un periodo in cui sto assolutamente valorizzando la funzione del cervello in quanto fonte prima di risoluzione di moltissimi problemi; in particolare credo di seguire i passi di un' antropologo, nel senso che fa una ricerca che rassomiglio alla mia. Qui finisce ciò che non sapevo come definire.
Credo che ogni persona cambi ogni secondo che passa; ogni cosa che vediamo, sentiamo, sia a livello uditivo che tattile, ci cambia, e quello che siamo in questo momento è la somma di tutto questo.
Voglio provare ad analizzare la mia vita per avere davanti il percorso che mi ha portato a diventare quello che sono. Di certo non riesco a ricordare praticamente niente fino a non saprei definire che età, però uno dei primi ricordi credo sia di una mattina alla scuola materna, all'aperto, maniche corte e pantaloncini corti, sotto l'ombra di alcuni pini, che cercavo, praticamente invano, di scavare per riuscire a togliere una troppo grossa pietra, con l'idea che sotto ci fosse un tesoro; credo che anche qualcun'altro abbia condiviso questa mia esperienza ma non ricordo chi fosse. Quello che mi è rimasto più impresso però, sono le sensazioni che un ricordo lascia impresse insieme ad esso; anche se un ricordo è talmente vago e dimenticato che lo si ricorda come una fotografia, le sensazioni sono molto più vive di quell'immagine, definisco quindi un ricordo la somma di sensazioni e immagine. Un buon punto di inizio per effettuare una vera analisi sono le scuole medie. Suddividere i momenti della mia vita in coincidenza con gli anni scolastici mi piace; non sono mai stato bocciato quindi va proprio bene; anche se in tanti mi hanno ripetuto, negli ultimi tre anni di liceo, che stessi rischiando di essere bocciato, io, che comunque mi ripetevo in testa che avevano ragione, in fondo in fondo, o meglio, nel mio subconscio (per quanto sia possibile conoscere il proprio subconscio), sono sempre stato convinto che non mi avrebbero mai bocciato: e così è stato.
Delle scuole medie ho un ricordo complessivo, il più immediato, che mi da l'impressione di luce, di una lampadina, che emana quel colore tendente all'arancione (credo che le lampadine più vecchie facciano questa luce), che con le tapparelle della serranda chiuse, a creare quell'atmosfera di monotonia forzata; forse, ma proprio forse, quest'atmosfera è stata impressa nella mia mente da una delle prime scene del mio primo giorno alle medie, in cui un mio compagno è stato spinto da un altro finendo sull'armadio (uno di quegli armadi grigi, di alluminio), e piegandone una delle ante. Questo è uno di quei tipi di situazioni che ricordo perché mi hanno divertito, e che tutt'ora mi farebbe divertire; direi che il fatto che mi faccia divertire è dato esattamente (ma non solamente) dalla conformazione del mio DNA. Questo momento può anche però essere descrizione di quegli anni che ho passato dalla prima alla terza media, ovvero in rappresentanza di risate e molte molte cazzate; anzi, diciamo anche in rappresentanza delle superiori. Mi rendo conto di quanto sono cambiato pensando alle reazioni e alle risposte che davo anni fa, ora avrei reagito sicuramente in modo diverso, e intendo dire a qualsiasi cosa; forse potresti pensare che è una banalità ma secondo me non lo è. Anche se i ricordi sono molto più nitidi e vivi non riesco a ricordare cosa pensavo o quali erano le mie idee, perlomeno non in modo approfondito; magari è perché ancora non erano nate idee nella mia mente, anzi molto probabilmente; verrebbe da interpretare queste parole come segno di immaturità, che in parte è normale data l'età, ma non è così. Non sono mai stato immaturo.

Quello che una persona è, a livello psicosociale, è dato da un’idea generale, che si viene a formare grazie all’esperienza e al proprio DNA. Una domanda che mi sono chiesto prima di iniziare questo scritto, e che mi chiedo tutt'ora, è se qualcuno troverà della genialità, non troverà assolutamente niente di speciale, oppure penserà che l'autore sia un complessato. Si, sono queste le tre reazioni che mi aspetto da un lettore. A dire la verità sono più propenso alla prima e alla terza possibilità.
Ora mi sto rendendo conto che probabilmente più mi avvicinerò all'età in cui mi trovo, più sarà dettagliato e interessante, questo racconto. Voglio inoltre ricordare che ogni frase è composta in quell'ordine logico perché è un modo per comunicare con più incisione. Cerco di sforzarmi ma non riesco a ricordare aneddoti interessanti, o perlomeno che valga la pena inserire tra le parole che chiariscono il titolo. Ora scrivo una cosa che centra poco però ho paura che in seguito questo pensiero mi sfugga. In realtà pensandoci una delle cose che mi fa ridere sono le disgrazie altrui. PAROLONI. Non fraintendiamo; intendo quelle disgrazie leggere, di poco conto, quali, per esempio, cadere da una sedia, sbattere la testa per sbaglio, ecc., tutto questo senza riscontri gravi, in cui una persona non si fa male, diciamo in stile paperissima; ma poi a chi è che non fa ridere? Se ne hanno fatto un programma evidentemente non sono il solo, però a me fanno ridere di brutto, soprattutto dal vivo. Questa "passione" per le cadute la ho condivisa soprattutto con un mio amico, tale dalle medie, con lui davvero <<grasse risate>> (cit.). Questa è la citazione di un'altra figura che ho conosciuto invece alle superiori, e anche con lui grasse risate. Ora mi viene indispensabile parlare anche di altre persone per raccontarmi. Questo perché quello che siamo in questo momento è dato anche: dalle altre persone, dalla propria esperienza, ma anche dal proprio DNA, perché è anche grazie ad esso che ci diverte una determinata cosa, invece di un’altra. Dire che io imparo qualcosa da tutti, ma proprio tutti, è più che vero. Uno dei miei tratti caratteriali principali è quello di ascoltare molto; per ascoltare io intendo sentire le parole di qualcuno e inconsciamente filtrarle immediatamente facendo di secondo in secondo un resoconto, sommando alle parole ciò che riesco a percepire grazie a tutti i 5 sensi. Lo faccio sempre. Anche con le persone che vedo solo per un istante. Idealizzare una persona con tutti i mezzi a disposizione. Una volta ho definito ad una persona tutto ciò che c'è scritto da 5 righe fa, facendolo sembrare come una di quelle cose che so fare bene, insomma vantandola, mi pare; ho scritto mi pare perché non ricordo se nella mia testa avevo in mente di farla sembrare un vanto oppure no. Anche di queste frasi non so dire se il lettore penserà di me genio (il termine genio è esagerato ma mi piace usarlo), o pazzo. Mi piace anche definire questo scritto "stream of consciousness", flusso di coscienza.
Liceo. Cinque anni. In questo caso il ricordo (ricordando la definizione di ricordo) principale, quello che per primo e nel primo istante, mi viene in mente, sono le pareti dell'edificio, quelle interne, che sono per la prima metà, partendo dal basso, dipinte di grigio, e per l'altra metà di bianco. Non mi è mai piaciuta l'idea del grigio sul muro, ma quello effettivamente ci stava bene. Ora devo andare a Milano.
Tornato. Bellissima Città. C'ero già stato ma mai così tanto a contatto con le persone che ci vivono, fare parte con loro della routine...è questo il metodo per conoscere al meglio un posto.
Penso anche che magari potrei annoiare, magari un lettore si annoierebbe e dopo un po’ smetterebbe di leggere, però devo dire che principalmente lo sto scrivendo per me stesso. Penso che sono proprio questi balzi da un' argomento all'altro, che possono annoiare chi legge queste parole, e mi rendo conto che ad un'altra persona che non sia io, potrebbe sembrare un testo confusionale e futile. Ora sono più propenso alla seconda opzione, per quanto riguarda la reazione a questa lettura, ovvero indifferenza. Ho cambiato idea perché sono cambiato io da quando ho scritto le parole precedenti. Spesso cambio idea su molte cose; o forse è meglio dire che mi faccio delle nuove idee, o meglio, la mia idea si aggiorna, grazie a nuove persone, nuovi posti, ma anche nuove inquadrature della quotidianità. Anche dalla monotonia si impara. Attenzione, ci sono idee e idee; quando dico che cambio spesso idea parlo di quelle piccole idee intercambiabili che si trovano ai posti più bassi in un'ipotetica scala di importanza delle idee. I cinque anni del liceo sono comunque stati fondamentali per far si che io sia quello che sono. Cazzo però non è facile quello che voglio fare. Sembrava più facile, quando mi sono fatto un idea generale. Anche se non mi piace per niente farlo, perché va anche al di fuori dello "stile" di scrittura che ho adottato, riassumo in parole povere le superiori, perché non ho più voglia di parlarne, probabilmente questo è dato dal fatto che io per quanto abbia dei "bei ricordi" del liceo, sono contento di non esserci più: ansia, cazzate, poco studio (di cui ora veramente mi pento...forse), e...basta, fondamentalmente basta; cioè non proprio basta, però se mi mettessi a elencare tutte le parole che possono descrivere questi cinque anni di superiori, non finirei più; diciamo che quelle tre definizioni sono quelle che mi sono venute in mente per prime, quindi un motivo ci sarà, e poi perché credo che siano anche le più "importanti" in un'altra ipotetica scala. Con una scelta abbastanza ragionata ho deciso di andare a studiare lingue. Devo dire che mi piace. Mi piace come corso di studi, come facoltà. Però andare a studiare lingue ha "fortunatamente" implicato il mio trasferimento in un'altra città (dico un'altra perché non mi piace dire una, perché starebbe a significare che io abito in un paese...alla fine è vero, ma considerando che il paese dove abito è considerato città, mi sento autorizzato a chiamarla come tale), una città più grande. Nuova gente, nuovi posti. Cambiare aria. È proprio quello che cercavo. Non ho mai amato la città in cui ho abitato finora. Ne la città ma neanche la gente; ovviamente ci sono le eccezioni, e non sono poche, però la persona media è quella che è. Ora abito con due miei amici, anch'essi della mia età e studenti universitari. Anche uno di loro ha apprezzato questo "cambio di aria", l'altro, non voglio dire che non l'abbia apprezzato, però non vi sto a spiegare il motivo della "sua mia inespressione" (questa frase è forse un po' difficile da capire, ma con "sua" intendo proprio la sua inespressione riguardo a questo tema, e "mia" l'ho utilizzato perché comunque sono io che sto scrivendo per lui). Per quanto riguarda lo studio: si è vero che c'è molto di più da studiare, però se si considera che la scelta dell'università si fa in un'età in cui si è più consapevoli delle proprie scelte, si può dire che solitamente si sceglie un indirizzo che in qualche modo piace, che appassiona. Ora. Avevo in progetto di scrivere un po' della mia vita, però sento che non è di quello che devo, voglio scrivere. Prima di iniziare mi è sembrato che potessi scrivere molto di più. Ma ora non so più cosa scrivere riguardo quel tema. Quando prendo un filo, quando la testa "mette in moto", scrivo direttamente quello che penso. Non so se uno scrittore lavori così. Immagino due categorie di scrittori: quelli che scrivono direttamente e freneticamente, e quelli che scrivono lentamente, con cura e soffermandosi più volte. Io non appartengo a nessuna delle due tipologie, perché non sono uno scrittore.
 
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Kingsbridge
view post Posted on 4/5/2012, 07:54




Impressionante..sembra di sentiri parlare...ma sbaglio o non ti sei presentato prima? Leggo che hai all'attivo solo un messaggio XD
 
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falug
view post Posted on 4/5/2012, 09:34




Ho incominciato a leggere e l"ho letto tutto. Mi é nata la curiosità di vedere dove andavi a parare. Se riuscirai a creare sempre questi curiosità e tensione nel testo successivo, allora sarai "geniale". Altrimenti noioso e banale.
 
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uovos
view post Posted on 5/5/2012, 13:11




Salve ragazzi...questo è un testo che ho scritto più o meno "tutto d'un fiato". Mi è balenata in testa l'idea di scrverlo un giorno casuale per un motivo che non so definire; volevo esprimere. Comunque sono un ragazzo al primo anno di lingue e mi sto appassionando alla letteratura...Ciao!!
 
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3 replies since 4/5/2012, 01:20   52 views
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