Roberto Sonaglia |
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| Mi è piaciuta l'allegoria - se di allegoria si tratta - bambola/bambina interiore che anche da 'grandi' la narratrice si porta dentro. Quella Signorina, come hano sottolineato anche Samy e Giò, finisce per rappresentare il tratto d'unione col passato, non solo il passato personale, ma anche quello genetico. Come gli anelli di famiglia, o più profondamente, gli insegnamenti che ci hanno fatto in qualche modo crescere. In questo senso, nel finale, la Signorina diventa Figlia e Padre allo stesso tempo, chiudendo il cerchio. Il che è una consapevolezza profonda. Poi, oltre che supervisionare gli scritti, dovrà accompagnare la narratrice fra le pieghe della vita, ma quello forse è materia per un altro racconto, no?
Nota 'tecnica': in teoria questo scritto più che un racconto è un brano di scrittura non narrativa, quasi un diario. Ma non l'ho spostato nella Sezione Non Narrativa perché, in fin dei conti, una storia in senso stretto qui dentro c'è, e lo stile è piuttosto letterario che diaristico.
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