La Signorina

« Older   Newer »
  Share  
Helter Skelter
view post Posted on 1/6/2010, 18:27 by: Helter Skelter




Gli armadi sono le casseforti dell’oblio.
Ci si ritrova a depositare oggetti su oggetti che trovano lì la propria abituale dimora, a
causa della scarsità della memoria umana, travolta dalla caotica quotidianità.
Il mostruoso esemplare di armadio in puro legno di ciliegio diviene dunque la prigione di ricordi cui si concede occasionalmente un’amnistia, come quando, un giorno, si ricerca disperatamente
quell’ordine inesistente nella vita e nelle cose e le ante dell’armadio vengono riaperte.
Il gigante di ciliegio vomita addosso i suoi abitanti che, come reperti archeologici nelle mani di un collezionista,assumono incommensurabile valore.
E oggi, per l’appunto, ho deciso di concedere questa amnistia ai miei ricordi rinchiusi nell’armadio
sperando che questa titanica impresa potesse restituirmi quella beata serenità di cui ho dimenticato le fattezze.
Tra la valanga di abiti infantili e adolescenziali, ho scorto un piccolo volto di porcellana, dagli occhi fissi e azzurri. Come un archeologo in procinto di aprire un prezioso sarcofago, ho allungato lentamente la mano verso il volto e, dopo aver scostato gli innumerevoli abiti che lo coprivano, ho stretto tra le mani il più significativo ricordo della mia infausta infanzia, la mia bambola, colei che chiamavo “La Signorina”.
Aveva il vestito di raso rosso molto sgualcito, i riccioli biondi spettinati, le palpebre incastrate nella fessura delle orbite, tanto da dare a quell’angelico volto uno sguardo fisso e allucinato.
Tuttavia, il corpicino è integro e ho notato con piacere che indossava ancora i guanti di organza e le scarpine nere di velluto.
Istintivamente l’ho stretta al petto ed è come se la bambola si fosse trasformata in una macchina del tempo. Sono ritornata ai miei cinque anni, quando mio padre tornò dall’ennesimo viaggio con un bel pacco dorato guarnito di un nastro azzurro.
-Piccola, guarda il tuo papà cosa ti ha regalato!-
Ricordo come il mio cuore bambino batteva forte e come le rosee e tenere manine tremavano, impacciate.
Non appena riuscii ad aprire il pacco, proruppi in un grido di gioia.
-Una bambola!-
Da quel momento in poi, io e La Signorina fummo inseparabili. La portavo ovunque, ero costantemente avvinghiata a quel corpicino di porcellana. Trascorrevo ore ed ore a parlare con La Signorina della mia condizione di emarginazione totale a scuola, della mia carenza di amici.
La osservavo nella sua immutabile perfezione e invidiavo la sua mutezza, la sua condizione di bambola amata ammirata.
Era con me La Signorina, quando sapemmo che mio padre era morto, quando l’atto del parlare divenne per me una fatica estenuante,quando le notti ero sveglia in allucinanti considerazioni sul raggiungere mio padre in cielo.
La Signorina era il mio tramite con il mondo reale, l’unica che non sputasse velenose sentenze sui miei comportamenti, l’unico, tra gli esseri inanimati e non,a saper tutto di me.
Solo osservare il volto piccino e l’ordine dei suoi biondi capelli di seta mi dava l’impressione di essere a casa e non parlo dell’abitazione in stile barocco che occupavamo.
Per me “casa” era la calma finitezza della mia stanza in cui mi sentivo calda e protetta
come un feto nel grembo materno.
La casa non era quel luogo in cui trascorrevo gran parte del giorno nel silenzio circospetto dei domestici, l’assenza di mia madre e le enormi scale di marmo.
Un giorno, all’età di dodici anni, aprì l’armadio di ciliegio e diedi addio alla Signorina. Credevo di essere ormai un’adulta e di non poter più contare su di lei e sulla sua confortante mutezza.
Così abbandonai La Signorina, pur non socializzando con gli altri.
Restavo in disparte, leggendo o studiando.
Non usavo qualsivoglia parola nei confronti del mio prossimo, non ne avevo bisogno. Vagavo nei meandri nascosti della fantasia, preferendo il mio mondo ideale e appagante alla sordida e caotica realtà che mi circondava.
Molto spesso, ero tentata dall’aprire l’armadio e di riabbracciare La Signorina. Ma non ho mai adempiuto a tale desiderio. Osservavo le due ante, dicendomi che lei non avrebbe potuto restituire la mia infanzia né avrebbe potuto risanare quell’assurda indifferenza che io avevo della vita.
Sono dunque cresciuta con estenuanti speranze nei confronti del futuro e un prolisso universo cartaceo senza alcun senso reale.
I miei sogni infantili mi hanno condotto alla via dell’inchiostro e tutti i miei desideri inespressi sono stati incanalati in questa direzione.
Dopo questo doloroso flashback, ho scostato La Signorina dal mio petto, e l’ho osservata ancora una volta. Cosa farne? Seppellirla nuovamente tra gli abiti smessi, vecchi e sdruciti, gettarla nella pattumiera?
No. Non si può gettare il passato nell’immondizia e far finta che sia tutto obliato. Il presente è una commistione di futuro e passato, e quest’ultimo è l’unico di cui ho la piena conoscenza.
Ho preso La Signorina e l’ho posata sulla mia fidata scrivania. E ora, mentre tramando alla carta queste parole, ella mia guarda, consapevole che il suo volto mi sarà di conforto, per sempre.


 
Top
6 replies since 1/6/2010, 18:27   69 views
  Share